Eden Golan, volto di forza e coraggio a Eurovision e il grande trionfo di Israele. Mentre intorno a lei va in scena l’odio

di Redazione
Merita una riflessione l’ultimo atto del 68esimo Eurovision Song Contest di sabato scorso a Malmö che ha tenuto il pubblico mondiale col fiato sospeso. Soprattutto per l’encomiabile performance di Eden Golan che, con la canzone “Hurricane”, ha suscitato forti emozioni nei suoi sostenitori ma anche tensioni a causa delle azioni degli odiatori e dei loro sostenitori sui social media e altrove. La canzone, molto bella e intensa, è stata rielaborata da una traccia precedente chiamata “October Rain” che si pensava fosse un riferimento agli attacchi di Hamas contro Israele.

Di fatto la serata di gara canora si è trasformata in un’arena. La competizione non si è infatti limitata alla musica così come avrebbe dovuto, ma è diventata un contesto politico. La giovane e talentuosa cantante israeliana è stata oggetto di una persecuzione così estrema che ha richiesto perfino un convoglio di scorta composto da più automobili solo per spostarsi dall’hotel al luogo dell’evento. Non solo: durante una conferenza stampa le è stato chiesto se avesse riflettuto sul fatto che la sua presenza avrebbe potuto comportare un rischio per altri partecipanti e per il pubblico, una provocazione fuori luogo a cui la ventenne ha risposto con un equilibrio e una compostezza ammirevoli per la giovane età.

Nonostante le proteste nel corso della serata finale nei suoi confronti, il pubblico di 15 Paesi su 25 ha assegnato a Israele il numero massimo di 12 punti, consentendogli di battere il record per il numero di punti assegnati dagli spettatori. In totale, lo Stato ebraico, che alla fine del voto della giuria era solo dodicesimo con 52 punti, ne ha raccolti altri 323 dei telespettatori che gli hanno permesso di salire al quinto posto nella competizione.

Un divario così significativo tra il giudizio delle cosiddette giurie nazionali “professionali” e il sostegno del pubblico non si era mai visto. Un colpo di scena che ha sollevato non pochi interrogativi sul motivo per cui si sia verificato un così netto contrasto sulla performance della ventenne Eden Golan, soprattutto considerando che rappresenta Israele.

Gli spettatori provenienti da Australia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, San Marino, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e il “resto del mondo” (Paesi senza partecipanti all’Eurovision) hanno premiato Israele 12 punti, mentre altri sette gli hanno assegnato 10 punti. Le giurie della maggior parte di questi Paesi non hanno assegnato alcun punto allo Stato ebraico.

Un boicottaggio durato mesi

Già nei mesi scorsi la partecipazione di Israele, come avevamo segnalato su questo stesso sito, è stata messa in discussione suscitando non poche tensioni e polemiche. Fino alle contestazioni degli odiatori di Israele che hanno accolto Eden durante la prova generale per la seconda semifinale di giovedì 9 maggio da fischi e grida di “Palestina libera”.  Ingiurie, insulti e cattiverie che la giovane cantante ha dovuto affrontare con autocontrollo e grande coraggio e senza scomporsi nei confronti di quella parte di mondo intollerante. Come se non bastasse, durante l’evento, fuori dall’arena si sono svolte manifestazioni pro-Palestina, con l’attivista svedese per il clima Greta Thunberg allontanata dalla polizia.

 

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Non ultimo, tra gli altri partecipanti, una fra tutte l’irlandese Bambie Thug, hanno addirittura pianto quando Israele è riuscito a raggiungere la finale, dimostrando apertamente la loro delusione e il loro dissenso. La Thug, in cerca di visibilità, ha accusato gli organizzatori dell’Eurovision di «non sostenerli» durante una lite con un’emittente israeliana e ringraziato i fan per il loro sostegno e dicendo che la loro vita è «cambiata per sempre». Affermazioni che hanno evidenziato come gli odiatori hanno trasformato la competizione musicale in una piattaforma per esprimere la loro rabbia contro Israele mettendo sotto attacco una giovane cantante ebrea di fronte agli occhi del mondo.