Il campo nazista di Sachsenhausen

Germania, ex SS nazista di cent’anni accusato di 3.518 omicidi

Personaggi e Storie

di Ilaria Ester Ramazzotti
Avrebbe prestato servizio dal 1942 al 1945 come guardia delle SS nel lager di Sachsenhausen (nella foto) e sarebbe stato complice di 3.518 uccisioni. Il suo nome non è stato reso pubblico dal tribunale, in linea con le leggi tedesche sulla privacy, ma si tratta di un centenario oggi accusato in Germania di complicità in quei 3.518 omicidi.

Il fatto è stato riportato questo mese dal Times of Israel, dopo essere salita alle cronache anche per via dell’età dell’imputato, che è comunque stato ritenuto idoneo a sostenere un processo. Lo ha reso noto Cyrill Klement, alla guida delle indagini per l’ufficio dei procuratori di Neuruppin. Il caso è stato affiato all’ufficio della città del Brandeburgo nel 2019 dai procuratori federali speciali di Ludwigsburg, incaricati di indagare su crimini di guerra del periodo nazista.

La notizia è uscita dopo che la scorsa settimana i pubblici ministeri della città di Itzehoe, nel Nord della Germania, hanno accusato di omicidio una donna di 95 anni che durante la guerra lavorava come segretaria del comandante delle SS del lager di Stutthof.

Entrambi i casi giudiziari si basano su recenti disposizioni legali tedesche secondo le quali chiunque abbia collaborato con i militari nazisti può essere legalmente perseguito per complicità negli omicidi perpetrati. In precedenza, i tribunali tedeschi richiedevano ai pubblici ministeri di sostenere le loro accuse portando le prove della complicità in ogni specifico omicidio. Un compito quasi impossibile dato che i prigionieri nei campi nazisti non conoscevano i nomi dei loro carnefici, oltre alla scarsità di testimoni e al trascorrere del tempo.

Efraim Zuroff, a capo dei “cacciatori di nazisti” al Simon Wiesenthal Center, ha dichiarato che i due nuovi casi giudiziari devono servire da “promemoria contro i pericoli dell’antisemitismo, del razzismo e della xenofobia” e che “l’età avanzata degli imputati non è una scusa per ignorarli e consentire loro di vivere nella pace e nella tranquillità che hanno negato alle loro vittime”.