I leader dell’industria televisiva israeliana chiedono a Netflix di investire di più nelle serie locali

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
Fauda, Shtisel, Teheran sono solo alcune delle serie pluripremiate che hanno dato un nome alla TV israeliana nel mondo, ma oggi in molti temono che, se le piattaforme streaming non investiranno presto nel mercato locale, la produzione potrebbe arenarsi.

Alla fine di gennaio diversi dirigenti di Netflix, tra cui il Vicepresidente dei Contenuti per Europa e Medio Oriente Larry Tanz, si sono recati in Israele per incontrare i leader del settore locale.

In questa occasione, una coalizione di creativi televisivi israeliani ha presentato ai funzionari della celebre piattaforma streaming una lettera in cui spiegavano i propri dubbi e perplessità sul futuro delle produzioni originali.

Tra i firmatari vi sono personaggi rinomati dell’industria dell’intrattenimento come Lior Tamam, CEO della Screenwriters Guild, e Eliran Elya, presidente della Directors Guild.

Di seguito riportiamo il contenuto della lettera tradotta dall’inglese.

L’industria israeliana locale si sta riducendo di decine di milioni di shekel all’anno. Presto non ci sarà più nulla da acquistare e trasmettere, e nemmeno seconde stagioni su cui investire. Siamo un’industria culturale nel bel mezzo di una grave crisi e Netflix, nonostante le sue buone intenzioni, nonostante non sia il principale responsabile e nonostante i suoi investimenti nel mercato israeliane, è parte del problema.

Netflix in Israele

Ad oggi la piattaforma Netflix ha più di 1,5 milioni di clienti in Israele, l’equivalente degli abbonati delle tv via cavo e satellitari Hot e Yes messi insieme.

A differenza però dei canali israeliani che per legge devono reinvestire l’8% dei propri ricavi in produzioni originali locali, le piattaforme internazionali di streaming non sono obbligate a fare ciò, in assenza di una vera regolamentazione in materia.

Oggi i creativi israeliani chiedono un modello che assomigli di più a quello applicato in Europa dove, secondo le dichiarazioni rilasciate da Tanz a The Hollywood Reporter, Netflix ha appena investito 6,5 miliardi di euro in serie tv e film in lingua originale.

Durante la sua intervista Tanz ha spiegato che, nonostante la piattaforma non stia investendo nella produzione israeliana, sta continuando ad acquistare i suoi programmi e a contribuire allo sviluppo dei talenti locali grazie alla collaborazione con la Sam Spiegel Film School. Inoltre, il Vicepresidente ha voluto ricordare che nel 2024 Netflix ha lanciato sulla sua piattaforma Bros, la sua prima produzione interamente in lingua ebraica.

Tuttavia, secondo i leader dell’industria televisiva israeliana, questo non è sufficiente.

“È un’equazione semplice” ha affermato lo sceneggiatore Daniel Lappin durante la sua intervista rilasciata al Times of Israel. “Le entrate di Hot e Yes si stanno riducendo a causa di Netflix e produrranno meno contenuti originali. Questo vuol dire che la piattaforma si sta prendendo una porzione del mercato israeliano, riducendo i contenuti originali e andandosene come se niente fosse. È intollerabile!”

Secondo Ester Namdar, sceneggiatrice del film Beauty Queen of Jerusalem prodotto da Yes e acquistato da Netflix, ad essere maggiormente penalizzati sono gli scrittori israeliani che potrebbero benissimo lavorare altrove ma scelgono invece di restare nel proprio Paese per scrivere dialoghi in ebraico.

“Se vuoi fare una fiction televisiva israeliana, hai bisogno di un’emittente locale come Hot o Yes che la finanzi e la produca”, ha spiegato Namdar al Times of Israel. “Se non avessimo Yes per fare Beauty Queen o l’emittente pubblica Kan 11 per fare Teheran, allora non si farebbero”.

“Il lavoro creativo israeliano sta dunque andando a rotoli” ha concluso Tamam. “Se non troviamo presto una soluzione non ci sarà nessun altro a fare la TV israeliana. Non siamo come il mercato americano che non ha bisogno di una regolamentazione perché è così grande e ha investimenti. Sì, noi siamo grandiosi, ma per fare un lavoro creativo nell’industria locale servono investitori”.

Il Ministro delle Comunicazioni di Israele Shlomo Karhi ha introdotto più di 18 mesi fa un disegno di legge sulle trasmissioni che richiederebbe ai fornitori di contenuti internazionali di investire tra il 2 e il 4% delle proprie entrate locali in contenuti israeliani, a seconda delle dimensioni delle loro operazioni. Questa nuova legge oggi è in fase di revisione da parte dei ministeri della Giustizia e delle Comunicazioni anche se i dirigenti di Netflix sono contrari alla sua approvazione.