di Ilaria Ester Ramazzotti
Ricorre oggi l’anniversario dell’inizio della rivolta del ghetto di Varsavia, che cominciò il 19 aprile 1943 e si concluse il 16 maggio successivo. L’insurrezione degli ebrei reclusi nel ghetto della capitale polacca contro le truppe tedesche, che nel 1939 avevano invaso la Polonia, è il più celebre episodio di resistenza ebraica della Seconda guerra mondiale. “Il 19 aprile 1943 i nazisti avevano deciso di annientare il ghetto di Varsavia. Pensavano che sarebbe stata un’operazione rapida, ma la resistenza ebraica si era organizzata, anche con le armi – scrive oggi Storica National Geographic -. Malgrado la schiacciante superiorità tedesca, gli abitanti del ghetto opposero un’eroica resistenza, che divenne un simbolo di dignità davanti alla completa disumanizzazione nazista”.
La rivolta fu guidata da Mordechaj Anielewicz e Marek Edelman contro le truppe del generale Jürgen Stroop. Dopo meno di un mese il bilancio sarebbe stato drammatico per i ribelli che, attraverso alcune imboscate, la lotta armata e la resistenza clandestina vollero comunque opporsi alla violenza nazista. Alla fine più di 13 mila persone furono assassinate dentro il ghetto, 7 mila prigionieri vennero successivamente uccisi nel lager di Treblinka e altre 42 mila persone furono deportate nei campi di Majdanek, Poniatowa, Trawniki, Budzyn e Krasnik. Il ghetto fu raso al suolo alla fine del maggio del 1943 e sostituito dal campo di concentramento di Warschau.
Il ghetto di Varsavia, creato il 16 ottobre 1940, fu il maggiore dei ghetti ebraici costruiti dai nazisti, che vi trasferirono più di 400 mila ebrei. Al suo interno, ogni mese migliaia di persone morivano a causa del sovraffollamento, del tifo e della mancanza di cibo. Si calcola che nel 1942 vi abitassero circa 500 mila persone, in uno spazio di 3,4 chilometri quadrati.
Il 20 gennaio 1942 la conferenza di Wannsee aveva disegnato le linee operative della famigerata decisione storicamente conosciuta come “soluzione finale della questione ebraica”. Per questo, dal luglio al settembre del 1942, più di 280 mila ebrei del ghetto di Varsavia vennero deportati nei lager, in particolare a Treblinka, per ordine diretto del Reichsführer delle SS Heinrich Himmler.
Nel gennaio del 1943 le autorità naziste tornarono nel ghetto per deportare altre migliaia di abitanti ma, il 18 del mese, alcuni membri della resistenza ebraica comandati da Mordechaj Anielewicz, capo della ŻOB, (in polacco Żydowska Organizacja Bojowa, Organizzazione ebraica di combattimento), si infiltrarono tra i deportati e iniziarono a sparare verso le SS. Fu il primo episodio della resistenza del ghetto, che precedette la successiva rivolta. La ŻOB era nata nel ’42 quale movimento della resistenza ebraica di Varsavia, anche per opporsi alle deportazioni dopo le voci giunte in città sull’esistenza di campi di sterminio. In seguito alla rivolta del 18 gennaio e ai combattimenti continuati nei giorni successivi, le deportazioni dal ghetto furono sospese per qualche tempo. Molti degli abitanti iniziarono a nascondersi in bunker appositamente costruiti. I nazisti tornarono infatti in più occasione nel ghetto.
Alle sei del mattino del 19 aprile 1943, vigilia di Pesach, all’arrivo delle truppe tedesche scoppiò la rivolta, ancora una volta diretta da Mordechaj Anielewicz e da Marek Edelman, che durò fino al 16 maggio dello stesso anno. Con la sopraffazione perpetrata delle SS comandate da Jürgen Stroop il ghetto fu completamente distrutto e la sinagoga di via Tlomacki rasa al suolo.