Innovativo studio fissa la cronologia di Gerusalemme dell’età del Ferro con la micro-archeologia. La parola a Elisabetta Boaretto dell’Istituto Weizmann

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di Redazione
Una definitiva cronologia archeologia e storica della Gerusalemme del regno di Giuda, nella sua età del Ferro, tra l’VIII e il V secolo a.C., è stata stilata da una ricerca del Weizmann Institute of Science in collaborazione con una squadra di archeologi del sito archeologico della Città di David a Gerusalemme, l’Autorità israeliana per le Antichità e l’Università di Tel Aviv. L’innovativo studio è stato basato e condotto grazie alla datazione del radiocarbonio e alla micro-archeologia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences (USA – PNAS).

Gerusalemme è stata abitata ininterrottamente per migliaia di anni, fungendo sia da centro religioso che da capitale e centro di potere per diversi regni, ma nonostante il vasto numero di testi storici sussistono ancora numerose lacune sulla sua cronologia, sul suo “calendario di eventi”. Dopo 10 anni di lavori, il team di ricercatori e archeologi ha oggi fornito evidenze concrete relative all’età del Ferro, dimostrando la presenza di insediamenti umani nell’antica capitale già dal XII secolo a.C. Più nel dettaglio, la città visse un’espansione verso ovest fin dal IX secolo a.C., un periodo cruciale che ha visto la costruzione di importanti edifici antichi. È stato inoltre determinato che questa fase di espansione fu seguita da un grande sconvolgimento urbanistico, attribuibile a un terremoto del 760 a.C. e da un successivo sviluppo che si protrasse dal VIII al VI secolo a.C. fino alla distruzione di Nabucodonosor del 586 a.C. Inoltre, mentre altre ricerche precedenti avevano attribuito la riqualificazione post-terremoto al re Ezechia, la nuova ricerca dimostra che probabilmente avvenne durante il regno di re Uzzia.

“Gerusalemme è una città viva, che fu costantemente ricostruita, ma le prove archeologiche sono sparse – ha spiegato Elisabetta Boaretto, direttrice della Weizmann’s Scientific Archeology Unit in una conferenza organizzata Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo di Milano -. Gerusalemme non è mai stata datata in maniera ampia e precisa: ci si basava sempre sulla Bibbia oppure sullo studio di resti di ceramica e si costruivano queste cronologie con pochissimi dati, così ci siamo innanzitutto messi assieme per stabilire una cronologia corretta e ampliando questa cronologia abbiamo poi approfondito questioni relative al carbonio 14, che non tornavano nonostante lo scavo fosse stato fatto ordinatamente”. “Noi abbiamo applicato la micro-archeologia” ha poi specificato la professoressa Boaretto.

Elisabetta Boaretto

Il radiocarbonio 14 e la micro-archeologia per scavare nella storia di Gerusalemme

Lo studio della Gerusalemme dell’età del Ferro si è sempre rivelato molto impegnativo. Fra i problemi principali c’è un fenomeno noto come Plateau di Hallstatt, che è legato a una particolare interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre nel periodo in questione e che interferisce con l’uso della nota datazione al radiocarbonio 14. Questo fenomeno fa sì che per l’età del Ferro, la datazione radioattiva, invece di indicare l’età specifica di un oggetto, generi un grafico con un’area piatta per l’intervallo tra l’VIII e il V secolo a.C. dell’ultima parte dell’età del Ferro. Per questo studiosi di Gerusalemme si sono sempre basati in prevalenza sui testi biblici e storici e sullo studio delle ceramiche, piuttosto che usare la datazione al radiocarbonio. Ma i ricercatori del Weizmann l’anno invece utilizzata associandola alla micro-archeologia, un campo relativamente nuovo nell’ambito delle scienze archeologiche, da loro sviluppato. Questo approccio si concentra sull’esame attento dei pezzi di prove che si sono accumulate nei siti, utilizzando strumenti scientifici con un livello di cura e attenzione quasi forense.

“Si tratta di comprendere a fondo la connessione tra i materiali da datare e gli strati con tracce di occupazione umana o materiale da costruzione – ha spiegato Elisabetta Boaretto -: ed è così che abbiamo potuto applicare il metodo della micro-archeologia”. Recandosi nei siti di scavo di Gerusalemme insieme alla dottoressa Johanna Regev, parte della Weizmann’s Scientific Archeology Unit, la professoressa ha potuto effettuare più di 100 misurazioni del radiocarbonio su materiale organico, con una prevalenza di semi carbonizzati. “Dobbiamo essere in grado non solo di raccogliere dal sito materiale come semi, ossa o carbone, ma di identificare il contesto, come, ad esempio, il luogo in cui i semi sono stati bruciati – ha aggiunto-. Raggiungiamo questo obiettivo con i metodi che abbiamo sviluppato nel corso degli anni, utilizzando gli strumenti analitici che abbiamo al Weizmann e che portiamo con noi anche sul campo. In questo modo possiamo andare oltre l’analisi archeologica standard di un sito. Conosciamo come si è formato il sito, quindi quando raccogliamo semi o campioni di malta a esso relativi, possiamo essere sicuri se fossero o non fossero lì quando il sito è stato costruito. E ciò significa che partendo da ciò possiamo datare il sito stesso”.

Successivamente, i ricercatori hanno separato il materiale originale dai contaminanti e hanno effettuato misurazioni multiple del radiocarbonio presso il Weizmann’s Dangoor Research Accelerator Mass Spectrometry (D-REAMS) Laboratory per ottenere il massimo livello di accuratezza e precisione nella datazione. Uno studio reso possibile da un esperimento organizzato dal professor Lior Regev.

Il superamento del problema del Plateau di Hallstatt è stato reso possibile anche grazie all’aiuto di 100 anelli di alberi: la datazione degli anelli degli alberi, nota anche come dendrocronologia, si basa sul fatto che fino alla sua morte un albero cresce di un anello ogni anno. Più anelli ha un albero, più è vecchio. Combinando questo tipo di dato con il metodo del radiocarbonio, i ricercatori sono stati in grado di ottenere una determinazione più precisa e dettagliata della concentrazione di radiocarbonio nell’atmosfera durante il periodo di interesse, processo che ha contribuito anche a determinarne una sicura cronologia.

Ha contribuito a fornire ulteriori informazioni sul comportamento del radiocarbonio nell’atmosfera la conoscenza di due eventi storici avvenuti in date ben stabilite – la distruzione di Gerusalemme da parte dei babilonesi nel 586 a.C. e il terremoto dell’VIII secolo a.C., con le successive opere di ricostruzione. I ricercatori hanno notato differenze tra il radiocarbonio nel materiale della regione rispetto alla concentrazione misurata negli anelli degli alberi europei e americani nello stesso periodo. Queste differenze (quando, cioè, i dati del radiocarbonio non corrispondono a come pensiamo dovrebbero essere, grazie agli anelli degli alberi) sono chiamare “offset” e comprenderle può essere di fondamentale importanza per gli scienziati che studiano il clima e l’atmosfera, così come per le cronologie archeologiche.

I metodi sviluppati nello studio potrebbero avere un impatto che va oltre la cronologia Gerusalemme, poiché i problemi legati all’uso della datazione al radiocarbonio nei siti dell’età del ferro sono globalmente diffusi. L’approccio micro-archeologico sviluppato dal team potrà quindi essere utilizzato in molti altri siti.

 

Il gruppo di ricerca

Lo studio è stato condotto dalla professoressa Elisabetta Boaretto e dalla dottoressa Johanna Regev, che hanno lavorato con la dottoressa Lior Regev ed Eugenia Mintz, anch’esse parte della Weizmann’s Scientific Archeology Unit. La ricerca è stata condotta in collaborazione con gli archeologi dottor Joe Uziel della Israel Antiquities Authority, il professor Yuval Gadot dell’Università di Tel Aviv e i loro colleghi. Tra gli autori dello studio figurano anche Helena Roth, il dottor Nitsan Shalom e il dottor Nahshon Szanton dell’Università di Tel Aviv; Ortal Chalaf e il dottor Yiftah Shalev della Israel Antiquities Authority; Efrat Bocher dell’Università Bar-Ilan; la professoressa Charlotte L. Pearson dell’Università dell’Arizona; e David M. Brown della Queen’s University di Belfast.

La professoressa Elisabetta Boaretto è titolare della Dangoor Chair of Achaeological Science ed è a capo del Dangoor Research Accelerator Mass Spectrometry Laboratory e dell’Helen and Martin Kimmel Center for Archaeological Science