di Pietro Baragiola
Da sempre il “witz”, il motto di spirito, è stato usato dagli ebrei per esorcizzare l’orrore di persecuzioni e pogrom; una valvola di sfogo, un modo per dire “è orribile, ma ci siamo già passati, lo supereremo”. Un esempio? “Finalmente, dopo 50 anni, i miei fallimenti non sono i peggiori della storia” dice il fantasma di Golda Meir al primo ministro Netanyahu nel nuovo sketch di Eretz Nehederet, sulla rete israeliana Keshet
“A volte la commedia è l’unico modo per superare la tragedia”: così il comico americano Pete Davidson ha introdotto la 49esima edizione del Saturday Night Live. Durante il suo monologo, dedicato alle vittime delle stragi di Hamas, Davidson ha raccontato di quando, a soli sette anni, vide morire suo padre nell’attacco alle Torri Gemelle e come la comicità diede una svolta alla sua vita: “per tirarmi su di morale mia madre mi comprò quello che credeva essere un film della Disney ma che invece era Delirious, lo speciale su Eddie Murphy, e, grazie alla comicità, tornai a sorridere”. Oggi, sono numerosi gli artisti che, nelle ultime settimane, hanno cercato di distrarre il pubblico dai traumi del conflitto israelo-palestinese attraverso un’ironia unica e spesso tagliente.
L’empatia nella Stand-Up Comedy
Comici come l’israelo-tedesco Shahak Shapira hanno preferito utilizzare un approccio diverso: chiedere il permesso al pubblico prima di parlare del conflitto. Questa empatia è stata talmente apprezzata che lo sketch di Shapira, intitolato Baklavas From Gaza: Comic Relief for Israel and Palestine, è stato condiviso sui social sia in inglese sia in tedesco, raggiungendo 300 mila visualizzazioni. Tra le battute più esilaranti viene ricordata la satira contro il pubblico berlinese (“molti tedeschi staranno pensando ‘oh finalmente una guerra che non abbiamo causato noi’”) o il commento al tributo del musicista Bono dedicato alle vittime del Nature Party music festival (“Non perdonerò mai Hamas per avermi fatto ascoltare gli U2. Mai!”).
Gli sketch di Eretz Nehederet
“Finalmente, dopo 50 anni, i miei fallimenti non sono i peggiori della storia”, afferma il fantasma di Golda Meir al primo ministro Netanyahu nel nuovo sketch di Eretz Nehederet, il programma satirico della rete israeliana Keshet TV. Questo è solo uno dei segmenti esilaranti che lo show ha dedicato al conflitto israelo-palestinese. Il primo e più popolare di questi sketch, intitolato Welcome to Columbia Untisemity, ha preso di mira gli studenti dei campus americani che si sono rifiutati di condannare i crimini di Hamas, scatenando l’aumento degli attacchi antisemiti. “Sosteniamo tutti coloro che sono LGBTQH. Ovviamente la ‘H’ sta per ‘Hamas’ che è così trendy oggigiorno”, affermano i due attori nello sketch. Il video ha ottenuto 11,5 milioni di visualizzazioni in meno di 24 ore e ha ispirato lo scherzo telefonico (vero) della giornalista satirica israeliana Racheli Rottner che ha chiamato il comitato di ammissioni di Harvard chiedendo se un terrorista di Hamas potesse ricevere una borsa di studio per l’“attivismo politico”.
Bersaglio ricorrente di Eretz Nehederet è stata anche l’emittente britannica BBC che è entrata nell’occhio del ciclone mediatico per aver sostenuto ciecamente alcune dichiarazioni di Hamas. In uno di questi sketch, il finto reporter Harry Whiteguilt afferma in diretta dalla “colonia illegale di Tel Aviv” che Hamas è “l’organizzazione non terroristica più credibile al mondo”.
Il secondo segmento invece ha ironizzato sull’esitazione della BBC nel chiamare “terroristi” i seguaci di Hamas, simulando un’intervista con uno di loro e chiamandolo “combattente e violentatore per la libertà”. “Tutti i civili innocenti stanno fuggendo da Gaza e noi siamo rimasti senza scudi umani. È così ingiusto”, afferma il sosia di Sinwar nello sketch, spiegando che non riesce a dormire la notte a causa dei bambini israeliani rapiti, i quali con il loro pianto disturbano il suo sonno, insomma una vera tortura, un abuso da denunciare all’Onu, dichiara.
Lo humour della sofferenza
Un riso nervoso e impacciato, una risata di rabbia e di dolore, uno humour intriso di amarezza e di sbigottito stupore per come la sofferenza di ebrei e israeliani sia stata negata e minimizzata fin dall’inizio, fin dal secondo giorno della tragedia. Humour come “pozione magica” per trovare la forza di reagire e cercare di aprire gli occhi a chi non vuol vedere, ovvero l’occidente sonnambulo. E così ci si beffa dei politici e dei presidenti, delle televisioni, delle istituzioni e delle Ong. Sbellicarsi diventa lecito se l’orizzonte psico-emotivo è la rabbia, è la ferita, è il sentirsi offesi. In fondo l’umorismo è da sempre la “pomata” ebraica al dolore, il lenimento prezioso allo strazio. Risata come cura, battute come medicina, un antinfiammatorio che spegne, per una manciata di attimi, l’angoscia. La satira serve per sopravvivere, per restare lucidi, per spalancare gli occhi. Ma stavolta lo humour sembrerebbe partire da una domanda: quanto poco il mondo ha capito che cosa è stato il 7 ottobre? O meglio: quanto poco gli altri hanno compreso la sofferenza ebraica e israeliana di fronte a quanto è accaduto e sta accadendo? Poco o niente, appunto. Ancora il doppio standard, ancora l’idea millenaria che gli ebrei non abbiano diritto a nulla, tanto meno a difendersi o a avere uno Stato. E allora ecco perché molti sketch satirici sono stati girati direttamente in un caricaturale inglese britannico (uno di questi sketch, ad esempio, fa il verso a Harry Potter con un finto Albus Silente che interpella tre insegnanti di Hogwarts sul concetto di genocidio); e poi finte interviste a Sinwar laddove una giornalista compiacente collude civettuola con il capo di Hamas che sorseggia una tazza di tè.
La satira secondo Charlie Hebdo
“Una buona satira mette in luce ciò che non è evidente, in maniera chiara e onesta” ha dichiarato Gérard Biard, caporedattore del giornale satirico francese Charlie Hebdo. Nonostante l’attacco del 7 gennaio 2015 in cui persero la vita 12 giornalisti, i redattori della rivista non hanno mai smesso di creare vignette per ironizzare sui temi d’attualità tra cui anche la Guerra contro Hamas. Uno dei disegni recenti, creato dall’artista Foolz, mostra un terrorista islamico che guardandosi le mani coperte di sangue si lamenta della mancanza d’acqua che non scende dal rubinetto, impedendogli così di lavarsi le mani. “È così che si fa una buona satira, rimanendo fedeli ai valori di libertà di espressione e al diritto alla laicità” ha concluso Biard.