La lettera a Papa Francesco scritta da Naveh Shoham, il bambino di 9 anni ex ostaggio di Hamas

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
“Sarebbe meglio se giocassimo insieme a calcio anziché spararci addosso.” Sono queste le parole del piccolo Naveh Shoham, il bambino di 9 anni ex ostaggio di Hamas liberato durante il cessate il fuoco di novembre.

Il padre di Naveh, Tal Shoham, è ancora prigioniero a Gaza, e il bambino ha deciso di scrivere una lettera al capo della Chiesa cattolica, Papa Francesco, per chiedergli aiuto nel motivare i leader mondiali a sostenere il rilascio degli ostaggi.

La lettera di Naveh

È dal 25 novembre, uno dei giorni del cessate il fuoco tra Hamas e Israele, che i membri liberati della famiglia Shoham pregano costantemente per la salute e il rilascio di Tal, tutti riuniti attorno ad un “tavolo della speranza” a lui dedicato con su diverse candele e una sua foto.

Ben consci del fatto che le preghiere da sole non basteranno a liberare il loro caro, gli adulti della famiglia hanno deciso di scrivere una lettera, raccontando la loro esperienza come testimoni diretti del 7 ottobre, e di inviarla a uno dei principali leader mondiali in modo da motivarli a risolvere il prima possibile la situazione degli ostaggi trattenuti a Gaza.

È stato il piccolo Naveh a decidere di mandare la lettera proprio a Papa Francesco, offrendosi anche volontario per scriverla di suo pugno in modo da attirare l’attenzione del pontefice.

Nella sua prima lettera al Papa, Naveh ha parlato della loro comune “passione per il calcio” e di come era solito andare a vedere le partite insieme a suo nonno Avshal: “ho scoperto su Internet che lei è un appassionato sostenitore del San Lorenzo de Almagro in Argentina. Allora potrà sicuramente comprendere la gioia che ho sempre provato andando con mio nonno allo stadio”.

Purtroppo, Avshal è stato tra le 1200 vittime che il 7 ottobre hanno perso la vita durante l’attacco di Hamas.

Scrivendo la sua esperienza di quel giorno terribile, Naveh ha raccontato al pontefice di come il suo mondo è stato completamente stravolto vedendo il suo amato nonno morire per mano dei terroristi, insieme alla zia, allo zio disabile e alla sua badante, mentre lui, a soli 9 anni, veniva catturato insieme alla sorellina Yahel, ai genitori Tal e Adi, alla zia Sharon e alla cugina Noam.

“Mio padre è ancora prigioniero a Gaza e il mio cuore è gonfio di tristezza. Mi manca immensamente e temo per la sua vita”, ha raccontato il bambino nella lettera. “Penso molto anche a mio nonno. Non c’è più, non lo abbraccerò, non giocherò più a calcio con lui e non andremo mai a vedere un’altra partita insieme”.

Nella lettera, tuttavia, Naveh ha descritto anche le sue speranze per il futuro ed ha condiviso con il Papa i suoi sogni per il dopoguerra, spiegando che, in onore del nonno, vuole tornare a vedere le partite di calcio allo stadio. “Il mio sogno è riuscire a comprare un biglietto in più per avere un posto vuoto accanto a me per mio nonno Avshal. In questo modo sarà con me anche senza essere presente. Sto già risparmiando sulla mia paghetta per permettermi il suo biglietto”.

Naveh ha concluso la sua lettera affermando che pensa spesso anche ai bambini di Gaza e vorrebbe che la guerra si fermasse in modo che, insieme, possano risolvere il conflitto facendo amicizia. “Quando ero prigioniero lì, ho chiesto più volte a mia madre se anche i bambini di Gaza giocassero a calcio e se pensava che potessi unirmi a loro, ma purtroppo non era possibile” ha raccontato il bambino. “Tuttavia, penso che sarebbe meglio se risolvessimo il tutto giocando insieme a calcio invece di spararci addosso”.

La risposta di Papa Francesco

Leggendo il messaggio di Naveh, Papa Francesco è rimasto così colpito dalle parole del bambino che ha deciso di rispondergli personalmente, scrivendo a sua volta una lettera.

“Sei ancora giovane ma le tue parole sono sagge. Vorrei che i grandi e i potenti di questo mondo la pensassero come te!” ha scritto il pontefice. “Spiritualmente sono lì con te, alla ‘tavola della speranza’ che tu e i tuoi famigliari avete allestito e pregherò Dio affinché conceda il riposo eterno a tuo nonno, Avshal, a tua zia, a tuo zio e alla sua badante. Prego con voi soprattutto per vostro padre, Tal, e spero sinceramente che possiate rivederlo e riabbracciarlo presto.”

Naveh la scorsa settimana ha raccontato al sito israeliano Ynet che non riusciva a credere al fatto che il pontefice avesse risposto alla sua lettera. “Quando è arrivata la sua risposta ero stupito ed emozionato. Non avrei mai pensato che avrebbe risposto, speravo solo di aiutare, anche solo con lo spirito, mio padre e gli altri ostaggi”.

Nonostante la grande emozione di Naveh, alcuni membri della famiglia Shoham sono rimasti delusi dall’intera situazione.

Domenica 23 giugno, il fratello di Tal e zio di Naveh, Mor Korngold, ha rilasciato un’intervista a Channel 12 News affermando che “nulla può giustificare il fatto che un bambino di nove anni debba essere costretto ad esprimere a parole il suo bisogno legittimo di avere un padre. Certo, è confortante che il pontefice abbia risposto a Naveh in modo ‘sensibile’, ma una semplice risposta e la sensibilità non sono più sufficienti!”.

Tal Shoham oggi è uno dei 116 ostaggi che sono ancora trattenuti a Gaza ma, secondo le informazioni diffuse dagli informatori dell’IDF, non sono tutti vivi.

“È necessario che i leader di tutto il mondo si uniscano nel sostenere un accordo che garantisca il rilascio degli ostaggi, prima che sia troppo tardi” ha concluso Korngold.