“La narrazione sta cambiando”: la startup Tech For Palestine tra sostegni e controversie

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
Fondata il 2 gennaio 2024 Tech For Palestine è una delle prime associazioni tecnologiche ad aver pubblicamente dichiarato il proprio sostegno alla Palestina, come dichiarato dal sito TechCrunch specializzato in startup emergenti.

Lanciata da un gruppo di oltre 40 investitori, ingegneri e operatori del settore tecnologico, questa nuova organizzazione mira a sostenere il popolo palestinese attraverso progetti interattivi, strumenti multimediali e dati open source.

L’idea di Tech For Palestine è ufficialmente nata quando il suo fondatore, Paul Biggar, ha pubblicato un post su X in cui criticava ‘la mancanza di sostegno da parte dell’industria tecnologica nei confronti dei palestinesi’.

Poche ore dopo la pubblicazione di questo commento, migliaia di persone hanno contattato Biggar per mostrare il proprio supporto, affermando di aver sempre esitato di parlare apertamente dei loro sentimenti propalestinesi per paura di ripercussioni sulla carriera.

“Tra questi c’erano anche decine di persone che avevano già avviato progetti per cambiare il settore tecnologico in modo che altri sostenitori propalestinesi potessero essere ascoltati” ha raccontato Biggar a TechCrunch. “Così ho iniziato a mettere in contatto queste persone tra loro e la nostra comunità è cresciuta rapidamente.”

Oggi Biggar spera di aumentare la consapevolezza della guerra a Gaza e lottare per un cessate il fuoco permanente, ma la sua organizzazione non si è fermata qui ed è stata accusata di riscrivere in maniera fuorviante la storia del conflitto israelo-palestinese.

Il rapporto di Ashley Rindsberg

In questi giorni una ricerca del giornalista investigativo Ashley Rindsberg ha rivelato che l’organizzazione Tech For Palestine avrebbe offerto sostegno a numerosi redattori del rinomato sito Wikipedia per rimodellare il modo in cui viene percepito il conflitto in Medio Oriente, contrastando apertamente le azioni di Israele.

“L’organizzazione ha collaborato insieme a questi redattori esperti per eseguire campagne di editing coordinate, lavorando in coppia o in trio per eludere l’individuazione diretta” ha spiegato Rindsberg, aggiungendo che Tech For Palestine avrebbe creato un canale diretto con questi editori in modo da reclutarli come futuri volontari delle sue iniziative.

Una di queste collaboratrici, nota con il nome utente “Ivana” accompagnato dal triangolo rosso anti-Israele, è stata nominata redattrice esperta di Wikipedia nonostante le sue dichiarazioni apertamente antisemite.

Ogni giorno milioni di persone ricevono informazioni su Wikipedia che sono state prodotte in realtà da una campagna antisemita mirata e condotta da 40 redattori propalestinesi” ha dichiarato Rindsberg nella sua intervista rilasciata al sito Algemeiner. “Questa campagna ha modificato non solo quello che sembra essere il volto del conflitto, ma l’intera giustificazione del diritto di esistenza e legittimità dello Stato Ebraico.”

Il rapporto di Rindsberg ha evidenziato ben 850.000 informazioni scorrette su quasi 10.000 articoli che parlano del conflitto. Queste modifiche vanno da rapidi ritocchi (l’eliminazione dei legami tra la storia ebraica e la terra d’Israele) a grandi alterazioni come l’omissione di qualsiasi riferimento alle atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre.

In questi giorni il rapporto di Rindsberg sta finalmente portando i suoi frutti: Ivana e molti altri redattori antisemiti sono stati convocati dal Comitato arbitrale di Wikipedia e rischiano un potenziale bando a vita dalla piattaforma.

La collaborazione tra Tech For Palestine e i redattori propalestinesi di Wikipedia si estenderebbe però al di là dei semplici articoli che parlano solo del conflitto e includerebbe anche profili di celebrità israeliane e palestinesi in modo da ampliare il più possibile le narrazioni simpatetiche propal e silenziare le critiche nei confronti di Hamas e Hezbollah.

 

Le iniziative di Tech For Palestine

Ciascun membro di Tech For Palestine porta con sé, ogni giorno, nuove iniziative per sostenere il popolo palestinese.

Idris Mokhtarzada, fondatore dell’app finanziaria Truebill, ha creato degli snippet HTML da diffondere su vari siti web in modo far apparire banner che i visitatori possono cliccare o meno per sostenere il cessate il fuoco in Medio Oriente.

Anche Arfah Farook, fondatrice della piattaforma Muslamic Makers, si è unita all’organizzazione dopo aver letto il post di Biggar e da allora ha condiviso risorse su come sostenere la Palestina, contribuendo a fornire aiuto a diverse startup palestinesi con programmi di mentorship e crediti formativi.

Oggi Biggar è fiducioso dell’impatto che i numerosi soci della sua piattaforma stanno avendo nel mondo della tecnologia, nonostante le accuse di antisemitismo continuino ad aumentare.

“La narrazione sta cambiando” ha concluso il fondatore di Tech For Palestine, incurante delle critiche.