di Ilaria Ester Ramazzotti
Era nata nel 1918 a New York, nel Bronx, da genitori immigrati ebrei russi, Fannie Ginsberg e Sol Replansky. Sempre a New York Naomi Replansky è morta lo scorso 7 gennaio all’età di 104 anni. Poetessa e lavoratrice prolifica, aveva iniziato a scrivere versi fin dall’adolescenza. Le sue righe più note mettono sotto la lente la vita della classe operaia, le turbolenze e vicissitudini del secolo Novecento.
La poesia non era la sua unica professione, aveva lavorato in catena di montaggio come tornitrice, in ufficio e come una delle prime programmatrici di computer. Il suo primo libro di poesie, Ring Song, è stato pubblicato nel 1952 e nominato per il premio statunitense National Book Award. Il suo successivo libro, Twenty One Poems Old and New, uscito trent’anni dopo, venne pubblicato nel 1988. In seguito, ha dato alle stampe The Dangerous World: New and Selected Poems 1934–1994 e quasi due decenni dopo Collected Poems.
Fra le principali voci che hanno influenzato il suo scrivere, a volte ritenuto poco consono ai canoni riconosciuti, si contano William Blake, Shakespeare, George Herbert, Emily Dickinson e la poesia giapponese. Replansky ha scritto molte poesie sul lavoro, la povertà, il razzismo e la Shoah. Al magazine americano Bridges aveva svelato di essere “una liberale e una socialista con la “S” minuscola, scettica nei confronti delle ideologie, ma socialmente impegnata”. “La poesia per me è un modo per dominare il mondo. Forti emozioni mi arrivano sotto forma di poesia”, aveva sottolineato.
Nonostante non fosse così conosciuta come altri letterati, era apprezzata da altri poeti e scrittori americani. Secondo il poeta statunitense Phillip Levine, Replansky era “una poetessa intensamente politica, sconvolta dalla crudeltà, dall’avidità e dalla corruzione dei padroni di nazioni e corporazioni, sconvolta e infuriata”. “Naomi Replansky deve essere annoverata tra i poeti americani più brillanti – ha affermato il poeta vincitore del Premio Pulitzer George Oppen all’inizio degli anni Ottanta, riportato dal New York Times -. Il fatto che non abbia ricevuto elogi adeguati è uno dei maggiori misteri del mondo della poesia”.
Nel corso della sua carriera ha tradotto una serie di opere teatrali e poesie di autori tedeschi e yiddish. Sentiva forte la sua identità ebraica, seppur fosse cresciuta in una famiglia laica. “Hitler mi ha reso ebrea – dichiarava Naomi Replansky -. Prima mi consideravo internazionalista e forse maggiormente coinvolta nelle cause dei neri più che in quelle ebraiche”. Si era sempre detta felice della fondazione e dell’esistenza dello Stato d’Israele.
Alcuni versetti della composizione An Inheritance, di Naomi Replansky
Five dollars, four dollars, three dollars, two,
One, and none, and what do we do?”
This is the worry that never got said
But ran so often in my mother’s head
And showed so plain in my father’s frown
That to us kids it drifted down.
It drifted down like soot, like snow,
In the dream-tossed Bronx, in the long ago.