La sconvolgente doppia vita di un eminente medico e la sua famiglia di Gaza: ostaggi israeliani nascosti nella loro casa

di Redazione
Lunedì 17 giugno, il Wall Street Journal ha portato alla luce dettagli sconvolgenti riguardanti la detenzione di tre dei quattro ostaggi salvati con successo dall’IDF l’8 giugno da parte di famiglie di Gaza. I racconti dei vicini hanno contribuito a svelare una realtà inquietante, nascosta dietro la facciata di una vita quotidiana apparentemente normale.

Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv erano stati tenuti prigionieri da famiglie palestinesi insospettabili in una piccola stanza di un appartamento nel campo di Nuseirat. Accanto alla casa degli Al Jamal, anche la famiglia Abu Nar ha tenuto prigioniera la ventiseienne Noa Argamani, fino a quando l’edificio non è stato distrutto durante l’operazione di salvataggio dell’IDF, portando alla morte di diversi occupanti. Noa è passata alla cronaca per l’agghiacciante ripresa del suo rapimento al festival musicale Supernova il 7 ottobre, prima di essere segregata in una villa di lusso, dove le donne sequestrate «pulivano il cortile, lavavano i piatti e preparavano il cibo che non potevano mangiare».

La storia dei tre ostaggi prigionieri si dipana nella casa della famiglia Al Jamal, una famiglia rispettata e conosciuta nella comunità per la loro affiliazione con Hamas. Ahmed Al Jamal, un medico di 73 anni e Imam, conduceva una vita apparentemente irreprensibile, dividendo le sue giornate tra una clinica pubblica al mattino e una privata nel pomeriggio. Era noto per le sue bellissime recitazioni del Corano. Nessuno avrebbe immaginato che dietro questa routine apparentemente banale si celasse una verità tanto scioccante.

Ahmed, insieme a sua moglie e suo figlio Abdullah, un giornalista, teneva prigionieri gli ostaggi israeliani. I vicini, secondo le ultime ricostruzioni, hanno rivelato attoniti che, sebbene fossero consapevoli dei legami della famiglia Al Jamal con Hamas, non avrebbero mai sospettato che il loro appartamento fosse diventato una prigione segreta. È incredibile pensare come, in un quartiere densamente popolato dove è possibile sentire persino il rumore dei vicini che tossiscono, un tale segreto potesse essere mantenuto così a lungo.

Abdullah Al-Jamal in una fotografia postata su facebook nel 2020

Gli ostaggi hanno raccontato il loro calvario, descrivendo come fossero stati confinati in una stanza chiusa e sorvegliata al piano superiore, mentre la vita familiare di Abdullah proseguiva indisturbata al piano inferiore. L’interazione con i figli di Abdullah era ridotta al minimo, un evento raro che avveniva solo quando venivano ammessi brevemente in cucina. Abdullah, come precisa il Jewish Chronicle, era un collaboratore di The Palestine Chronicle, dove il suo ultimo articolo era stato pubblicato il 7 giugno. Aveva a anche una pagina del profilo sul sito web di Al Jazeera, dove è stato descritto come reporter spesso delle rivolte al confine di Gaza del 2018-2019, chiamate la “Grande Marcia del Ritorno” dei palestinesi.

L’audace operazione di salvataggio dell’IDF si è conclusa con pesanti attacchi aerei che hanno distrutto la residenza degli Al Jamal, causando la morte di Abdullah, di sua moglie Fatma e del padre Ahmed. I figli della coppia sono sopravvissuti, secondo quanto riportato dai residenti locali.

L’operazione dell’8 giugno è avvenuta nel mezzo di violenti scontri di strada tra soldati dell’IDF e militanti di Hamas, esacerbando ulteriormente la morte e la distruzione nel quartiere. «Se avessimo saputo che le persone rapite erano qui, ce ne saremmo andati», hanno detto molti abitanti al Wall Street Journal.

«A seguito dei controlli dell’IDF e dello Shin Bet, si può confermare che Abdullah al-Jamal era un agente dell’organizzazione terroristica Hamas, che teneva gli ostaggi Almog Meir, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv nella sua casa di famiglia a Nuseirat», hanno dichiarato i militari in una dichiarazione pubblicata su X. «La casa della famiglia di Abdullah teneva ostaggi insieme ai membri della famiglia. Questa è un’ulteriore prova che l’organizzazione terroristica Hamas utilizza la popolazione civile come scudo umano», aggiunge la nota.

Hamas è stato condannato per aver messo incautamente in pericolo i civili ospitando prigionieri in un quartiere densamente popolato a loro insaputa, mentre alcuni sospettano che coloro che vivevano nelle vicinanze potessero essere a conoscenza degli ostaggi tenuti nelle vicinanze.

Questa è una delle tante storie tragiche che stanno emergendo nel conflitto in Medio Oriente; la storia di un rispettato medico, noto per la sua dedizione alla cura dei pazienti, che si è rivelato un carceriere di ostaggi. La sua vita, apparentemente normale e dedicata al benessere degli altri, nascondeva un lato oscuro che nessuno avrebbe mai immaginato. Una vicenda che rivela come dietro le facciate più rispettabili, possono nascondersi le storie più terribili. E come la tranquillità apparente di un quartiere può essere un velo sottile che cela profonde e sconvolgenti verità.