Liliana siamo noi: il podcast che racconta i mille giorni della Senatrice a Vita con i carabinieri della scorta

Personaggi e Storie

di David Zebuloni

Chiunque abbia sentito Liliana Segre raccontare gli anni bui della persecuzione, sa perfettamente che la parola da lei più utilizzata durante la testimonianza è: perché? Talvolta, ripetuta fino allo sfinimento. Perché? Perché? Perché? Liliana si domanda e ci domanda perché sia stato inflitto tanto dolore ad una bambina innocente. Perché la medesima bambina sia stata espulsa da scuola, rinchiusa nel carcere di San Vittore, trasportata sui vagoni bestiame verso ignota destinazione, costretta a lasciare la mano di sua padre, ridotta alla prigionia, al lavoro forzato, alla fame, al freddo, all’umiliazione. Perché? Perché? Perché?

Ancora oggi, coloro che lei definisce i suoi nipoti ideali, si pongono la stessa domanda. Perché conferire tanto dolore ad una nonna tanto innocente? Perché minacciarla di morte sui social? Perché trasmettere tanto odio a chi ha fatto dell’amore la sua missione di vita? Perché? Perché? Perché? Dal 2019 ad oggi, Liliana vive sotto scorta. All’età di novantadue anni, la bambina sopravvissuta ad Auschwitz si trova di nuovo in pericolo, protetta dai carabinieri che la accompagnano in ogni suo spostamento. Un’ingiustizia storica e un oltraggio personale che la Senatrice a Vita affronta senza paura e senza odio: lo stesso spirito che l’ha resa testimone e simbolo di pace in Italia e nel mondo.

Nasce così un rapporto di famigliarità e amicizia tra Liliana e la scorta, tra la nonna e i devoti carabinieri diventati anche loro suoi nipoti ideali. Un rapporto speciale che genera a sua volta un podcast speciale edito Rai Radio1, che prende il nome Liliana siamo noi e racconta i mille giorni trascorsi da quel 7 novembre 2019 in cui è stata assegnata la tutela alla Senatrice a Vita minacciata. Un incontro struggente, tenero e avvincente narrato non da Liliana, bensì da Marco, Antonio, Riccardo e Giovanni: i membri della sua scorta. Una voce inedita, la loro, rispetto a quella tanto nota della testimone. La voce di chi ha capito che la sicurezza della sopravvissuta ad Auschwitz non è fine a se stessa, ma simbolo di una battaglia all’odio che non può essere dimenticata. Proteggere Liliana Segre, infatti, significa proteggere la democrazia e la libertà.

Già nel primo episodio del podcast, Marco Palmieri, il primo dei quattro carabinieri che sono stati assegnati alla Senatrice a Vita, spiega: “La cosa che mi colpisce è che Liliana è stata perseguitata in nome della legge. Oggi, la stessa legge la protegge. In qualche modo, noi siamo il risarcimento che deve avere Liliana per quello che ha sofferto. Noi incarniamo lo Stato, e lo Stato adesso apre a Liliana lo sportello per entrare in macchina. È una procedura, sì, ma è anche un modo per dirle che ci dispiace. Che non succederà mai più”. Ho avuto la fortuna di conoscere Marco a casa di Liliana nel non troppo lontano 2019, e da subito mi ha colpito la sua grande sensibilità nei confronti della testimone. Lo sguardo vigile, dolce ma fermo, sempre pronto a cogliere ogni suo movimento. Un rapporto, quello di Marco e Liliana, fatto di complicità e premura reciproca, di grande professionalità e di altrettanto grande affetto. Un’immagine, quella del carabiniere che scorta la sopravvissuta, che dovrebbe far inorridire, sconcertare, indignare, e che invece rassicura, colma e riconcilia. D’altronde finché c’è Marco, Liliana è al sicuro. E finché c’è Liliana, c’è speranza.