di Pietro Baragiola
Giovedì 12 ottobre la filiale israeliana del colosso alimentare McDonald’s ha dichiarato sul suo profilo Instagram di aver donato oltre 100.000 pasti gratuiti (per un valore di 5 milioni di NIS o 1,2 milioni di dollari) all’IDF, agli ospedali locali e ai civili israeliani afflitti dagli attacchi di Hamas.
Con 220 sedi sparse su tutto il Paese, McDonald’s Israele si è impegnato a costruire cinque nuove strutture che verranno utilizzate da qui in avanti esclusivamente per fornire 4000 pasti giornalieri alla popolazione israeliana e 12.000 ai soldati delle unità speciali. Inoltre, la filiale è disposta ad offrire uno sconto del 50% a tutte le forze di sicurezza e di soccorso israeliane che, nei prossimi giorni, effettueranno ordini presso i suoi ristoranti.
Nonostante questi gesti siano stati considerati lodevoli dall’opinione pubblica, molti paesi pro-palestinesi hanno condannato la presa di posizione della nota catena di fast-food, assalendo le sue strutture in giro per il mondo e portando molte delle sue filiali a schierarsi l’una contro l’altra.
Gli attacchi a McDonald’s
Come risposta diretta alle dichiarazioni di McDonald’s Israele, decine di manifestanti pro-palestinesi si sono radunati fuori dalla filiale di Sidone, in Libano (la patria di Hezbollah), per protestare il sostegno del colosso alimentare nei confronti dell’esercito israeliano.
Il video, diffuso il 13 ottobre sulla piattaforma X, mostra i dimostranti con in spalla la bandiera palestinese mentre sfondano le vetrine della filiale libanese, scatenando il terrore dei clienti e degli inservienti asserragliati al suo interno. Fortunatamente, le forze di polizia sono arrivate subito sulla scena per disperdere gli agitatori e calmare la situazione ma, nei giorni successivi, le proteste sono proseguite, estendendosi su tutto il territorio mussulmano.
In Pakistan l’hashtag #BoycottMcDonalds è diventato virale su diverse piattaforme social tanto che il partito politico Pakistan Tehreek-e-Insaf (Il Movimento per la Giustizia del Pakistan) lo ha postato sul suo account X, chiedendosi se i pakistani intenderanno ancora andare da McDonald’s alla luce degli ultimi eventi. Anche la Islami Jamiat-e-Talaba (IJT), la più grande organizzazione studentesca del Pakistan, ha espresso il proprio disappunto, incitando i suoi membri ad evitare la nota catena di fast-food. “Dobbiamo imparare a dirigere meglio il nostro sostegno. Dite di no alle compagnie come McDonald’s che forniscono cibo gratis all’apartheid della milizia israeliana.”
Dopo l’attacco a Sidone, McDonald’s Libano ha dichiarato di non ritenersi responsabile delle decisioni delle filiali di altri paesi: “la nostra sede non è coinvolta in alcun modo nelle azioni prese nei mercati al di fuori del suo territorio. Siamo leali alla nostra nazione e al suo popolo, verso cui nutriamo il massimo rispetto”.
Questa dichiarazione ha motivato le altre filiali mediorientali a prendere pubblicamente le distanze dalle azioni di McDonald’s Israele, promettendo sostegni umanitari ai civili della Striscia di Gaza.
Le donazioni pro-palestinesi
Contando più di 40.000 locali in tutto il mondo, McDonald’s è oggi uno dei marchi più riconosciuti nell’industria alimentare. Nonostante sia spesso associato con l’America, molti non sanno che la maggior parte delle sue filiali sono gestite da proprietari locali in completa autonomia e ciascuna ha una discrezionalità indipendente nel decidere le proprie donazioni.
“Nessuna decisione unilaterale presa da una singola filiale può essere considerata come una posizione politica dell’intera compagnia. Quello di McDonald’s Israele è stato un gesto privato, senza l’approvazione della società internazionale o di qualsiasi altra filiale, specialmente del mondo arabo” hanno dichiarato i rappresentanti di McDonald’s Kuwait. Controllata dalla Maousherji Catering Company, questa filiale ha espresso il suo supporto per la Palestina affermando la propria identità araba e offrendo 250.000 dollari in aiuti umanitari.
Anche McDonald’s Emirati Arabi si è dissociato da McDonald’s Israele, impegnandosi a versare 1 milione di Dirham (272.000 dollari) alla Mezzaluna Rossa degli Emirati per il sostegno della Striscia di Gaza. Questa donazione è stata presto seguita dalla filiale dell’Oman che ha espresso il suo supporto per i “fratelli e sorelle di Gaza” offrendo 100.000 dollari in aiuti umanitari e dalla Turchia che promesso la cifra record di 1 milione di dollari.
“In totale, le filiali del Medio Oriente hanno donato più di 3 milioni di dollari a Gaza negli ultimi giorni” ha riferito la rete televisiva Al Jazeera. “Ciononostante, questi gesti non hanno fermato le campagne di boicottaggio rivolte contro l’intera catena, specialmente in Egitto dove vengono portate avanti da influencers e star del web.”
Questa situazione ha portato Amr Adib, noto presentatore televisivo egiziano, a lanciare un appello al suo pubblico chiedendo di interrompere immediatamente il boicottaggio delle filiali locali perché forniscono lavoro a centinaia di egiziani. “Che motivo c’è di chiudere McDonald’s e danneggiare così tanti connazionali?”
Per sedare gli animi, molti utenti hanno diffuso online notizie secondo le quali persino McDonald’s Israele avrebbe fatto donazioni al popolo palestinese. La filiale israeliana però ha velocemente rintracciato e bloccato queste dichiarazioni, accusandone la falsità e minacciando i responsabili di serie conseguenze legali e risarcimenti per un totale di 625.000 dollari.
In questi giorni McDonald’s Israele, sotto la guida di Omri Padan della Alonyal Limited, rimane solida nel suo supporto alla popolazione israeliana nonostante abbia reso il suo account Instagram privato per bloccare ulteriori minacce.