di Redazione
È morta sabato, all’età di 85 anni, Yael Dayan, ex parlamentare, femminista e attivista pacifista nonché vicesindaco di Tel Aviv, responsabile dei servizi sociali. Nata in una storica famiglia israeliana, ha avuto una carriera di successo anche come autrice e giornalista prima di dedicarsi alla politica sia a livello nazionale che locale. Poliglotta, oltre all’ebraico parlava inglese, spagnolo, francese e greco. Yael è morta prima del marito, Dov Sion, di cui si è presa cura durante la sua lunga battaglia contro il Parkinson, e le sono sopravvissuti due figli, Rachel e Dan, e quattro nipoti.
Considerata la portabandiera della sinistra nel partito laburista, Dayan ha promosso i diritti umani durante il suo mandato alla Knesset. È diventata una delle voci più importanti del Paese, difendendo i diritti delle donne, promuovendo la legislazione contro le molestie sessuali, sostenendo i diritti degli omosessuali e lavorando per un accordo di pace con i palestinesi. Nel 1992 è stata la presidente fondatrice del comitato della Knesset sullo status delle donne e l’uguaglianza di genere.
Yael è nata nel 1939 a Nahalal, un piccolo moshav agricolo nel mandato britannico della Palestina, fondata da suo nonno Shmuel. Era la maggiore di tre figli, con due fratelli minori, Udi e Assi. Durante il servizio militare obbligatorio, ha prestato servizio nell’Unità del portavoce delle Forze di Difesa Israeliane.
Yael era la figlia di Moshe Dayan, il celebre statista e di sua moglie Ruth, nonché nipote del presidente Ezer Weizman. Assomigliava molto a suo padre, noto in tutto il mondo per la benda sull’occhio sinistro perso in Siria durante la Seconda Guerra Mondiale, dal quale aveva ereditato anche il carattere forte e combattivo. Secondo quanto riferisce il Jerusalem Post, la sua famiglia e i suoi amici la chiamavano «Yula» ed era considerata una «bambina prodigio». Ha saltato diverse classi della scuola elementare, diplomandosi a 12 anni e terminando la scuola superiore a 16 anni e mezzo. Prima del servizio militare, ha studiato per un anno all’università. Quando si arruolò nell’IDF nel 1956, suo padre era il Capo di stato maggiore. Ha completato un corso per ufficiali, comandato reclute, lavorato con i nuovi immigrati e prestato servizio nell’unità del portavoce dell’IDF.
La passione per la scrittura
Fin da giovane, Yael ha dimostrato un talento precoce per la scrittura, componendo poesie e brevi saggi pubblicati su vari giornali. Tuttavia, è stato il suo primo romanzo, New Faces in the Mirror, pubblicato a 20 anni, a portarla sotto i riflettori. Scritto originariamente in inglese, il libro le valse numerosi riconoscimenti internazionali per la sua rappresentazione intensa e onesta di una giovane soldatessa israeliana. Il New York Times ha elogiato il romanzo per la sua «onestà e intensità compulsiva» e per la «straordinaria padronanza di una lingua straniera».
L’anno seguente, pubblicò il suo secondo romanzo, Envy the Frightened, che affronta temi di responsabilità militare e aspettative paterne. Yael ha continuato a scrivere narrativa e saggistica in inglese e in ebraico nei decenni successivi, contribuendo anche con articoli ai quotidiani.
Una giovane donna mondana ma sempre impegnata
Sempre secondo il Jerusalem Post, negli anni ’60, Yael Dayan era una figura mondana nell’Israele chiuso di quel periodo. Viaggiava frequentemente in Francia, Grecia, Stati Uniti e persino in India, molto prima che queste destinazioni diventassero comuni tra gli israeliani. In patria, viveva a Ein Hod, dove proseguiva i suoi studi accademici. La donna fece il suo ingresso in politica durante le elezioni per la sesta Knesset nel 1965, partecipando ai comizi elettorali di Rafi, il partito fondato da David Ben-Gurion dopo la scissione dal Mapai. Suo padre, Moshe Dayan, era uno dei principali sostenitori di Ben-Gurion. Poco prima della Guerra dei Sei Giorni, Yael tornò dalla Grecia, avvertita dal padre dell’imminente conflitto. Si presentò alla sua unità di riserva nell’Unità del portavoce dell’IDF e fu assegnata alla Divisione 38 di Ariel Sharon una settimana prima dell’inizio delle ostilità. Durante i combattimenti, rimase vicina al quartier generale di Sharon.
Come portavoce dell’DF, i suoi rapporti dal fronte venivano trasmessi a vari giornali, distinguendosi per la loro prospettiva unica. Oltre a descrivere le battaglie e la gioia della vittoria, Yael cercava di catturare i sentimenti dei soldati stanchi, combattuti e tristi. Si assicurò di umanizzare sia i soldati israeliani che i prigionieri nemici, mostrando come anche loro pagassero un caro prezzo per la guerra.
Matrimonio e figli
Nel 1967, mentre prestava servizio come reporter sul fronte del Sinai durante la Guerra dei Sei Giorni, Yael Dayan incontrò Dov Sion, un colonnello dell’IDF di 18 anni più grande. Pochi mesi dopo, i due si sposarono e dall’unione nacquero un figlio, Dan, e una figlia, Rachel. Nonostante in seguito sia diventata una figura pubblica e attivista, la donna inizialmente abbracciò i tradizionali ruoli familiari. Nel 1977 scrisse sul New York Times di essere «una casalinga orgogliosa» e di credere che il posto di una donna «non sia in prima linea» nel combattimento. Tuttavia, criticò aspramente il monopolio dei tribunali rabbinici sulle questioni matrimoniali e di divorzio, definendolo «anacronistico» e un ostacolo ai diritti fondamentali dei cittadini.
Nel 1971, i suoi genitori si separarono a causa delle numerose infedeltà del padre. Moshe Dayan, ex ministro della Difesa e degli Esteri, morì nel 1981. Nel 1985, Yael pubblicò il libro Mio padre, sua figlia, che suscitò scalpore per le sue rappresentazioni franche della vita familiare.
Yael non evitò di discutere delle numerose relazioni extraconiugali di suo padre, né di criticare la sua seconda moglie, Rachel, che ereditò la maggior parte del patrimonio di Moshe, causando polemiche familiari. Nonostante lo considerasse un eroe nazionale, Yael riconosceva i suoi difetti, scrivendo che negli ultimi anni «la mancanza di responsabilità lo rese irresponsabile e la sua impazienza si trasformò in arroganza». In un’intervista del 2015 affermò: «Sono cresciuta in una famiglia molto affettuosa e condivisa. Il fatto che mia madre e mio padre fossero spesso fuori casa non toglie nulla a tutto questo… ci hanno portato con loro. Da bambini eravamo nei campi e ci univamo alle visite degli ufficiali superiori».
L’ingresso in politica
Pochi anni dopo la morte del padre, Yael si candidò alla Knesset con il partito che precedette quello laburista nelle elezioni del 1984, ma non riuscì ad ottenere un seggio. Nel 1992, riuscì finalmente ad entrare alla Knesset, dove servì per tre mandati interi, fino al 2003. Durante il suo periodo in Parlamento, la donna si batté per i diritti delle donne, inclusa una storica legge del 1998 che rendeva illegali le molestie sessuali. «È una legge nata da una realtà difficile che purtroppo è ancora difficile – dichiarò in una video intervista al Knesset Museum nel 2022 – La gente non sapeva cosa fossero le molestie sessuali… C’era un’opposizione molto seria».
Le battaglie per le donne e i diritti LGBTQ
Guardando indietro, Yael affermò che la battaglia di cui era più orgogliosa era quella per porre fine alla violenza contro le donne: «È ancora una lotta, ma le cose che erano considerate normative – e che non lo sono – posso attribuirle al successo mio e dei miei colleghi nel dire che dobbiamo cambiare completamente rotta». Durante il suo mandato, spinse per un programma progressista, spesso incontrando una seria opposizione da parte dei legislatori più conservatori e religiosi. Nel 1993, durante un discorso alla Knesset per i diritti LGBTQ, suggerì che il re biblico David fosse gay, suscitando la furia di molti parlamentari. Fu anche il primo membro della Knesset a partecipare pubblicamente a un evento del gay pride in Israele e istituì un sottocomitato per affrontare le questioni di discriminazione contro la comunità.
Attivismo e pacifismo
Oltre alla sua attività legislativa, Dayan fu anche una convinta attivista pacifista, sostenendo la creazione di uno Stato palestinese. Nel 1993, incontrò segretamente il capo dell’OLP Yasser Arafat a Tunisi, provocando la rabbia del Primo ministro Yitzhak Rabin per non essere stato informato.
Israele mon amour
Nelle sue memorie del 2014, Dayan scrisse della trasformazione di Israele da «una patria amata, ammirata, vittoriosa e giusta, attraverso un’insopportabile regressione, alla pericolosa sfera dell’esistenza messianica etno-teocratica, che è così lontana dalla una società alla ricerca della pace e della giustizia». Dopo aver lasciato la Knesset nel 2003, Dayan si dedicò alla politica municipale, candidandosi a capo della lista Meretz locale per il Consiglio comunale di Tel Aviv. Servì per 10 anni nel consiglio, anche come vicesindaco sotto il sindaco Ron Huldai, prima di ritirarsi dalla vita politica nel 2013.
La malattia
Come riportato da The Times of Israel, Yael ha sofferto per molti anni di broncopneumopatia cronica ostruttiva, una malattia che negli ultimi tempi l’ha costretta a rimanere principalmente a casa, dipendente da ossigeno supplementare e da una sedia a rotelle. Nonostante ciò, Dayan ha continuato a far sentire la sua voce su questioni importanti e a partecipare a proteste quando possibile.
«Nella vecchiaia, c’è anche una resa dei conti per il futuro in ogni calcolo del passato. Ci sono cose che non sono ancora riuscita a gestire – ha dichiarato in un’intervista del 2015 a un’emittente pubblica israeliana, a 76 anni –. Ma posso continuare su questa strada, anche con la sedia a rotelle e con un tubo di ossigeno nel naso. Posso ancora essere presente, prendere un microfono e parlare».
(Foto: Amos Ben Gershom/GPO)