di Pietro Baragiola
Erano le 6:29 del mattino di sabato 7 ottobre quando il festival musicale Supernova, tenutosi a Re’im nel deserto del Negev, è stato preso d’assalto dai terroristi di Hamas che varcarono la Striscia di Gaza a bordo di parapendii motorizzati, aprendo il fuoco sulle comunità israeliane lungo il confine.
Delle 1200 vittime ben 364 erano partecipanti del festival che ogni anno viene organizzato per celebrare l’amore tra i popoli e verso la natura.
In memoria delle vite stroncate in questo tragico giorno (da molti definito lo “Shabbat nero”), il magnate israeliano Yoni Feingold ha inaugurato Nova 6.29, un’esposizione tenutasi a Tel Aviv con l’intento di far vivere ai propri visitatori la desolazione del festival Supernova al momento dell’attacco di Hamas.
Nonostante la mostra sia stata solo temporanea, dal 7 al 22 dicembre, ha spronato molti familiari delle vittime a chiedere a gran voce un museo permanente per ricordare gli eventi del 7 ottobre.
“Mio figlio Idan Dor è stato ucciso durante il festival Supernova. Aveva 25 anni e aveva appena iniziato la sua vita. Venire a vedere questa esposizione è stato per me il giorno più difficile da quando è morto perché ha reso tutto reale” ha affermato Daniela Dor-Levin. “Ma, per quanto doloroso, è fondamentale ricordare”.
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La mostra “Nova 6.29”
Tende e sedie pieghevoli rovesciate sotto fili di luci fiabesche, un set da backgammon sospeso a metà partita, veicoli carbonizzati e vestiti abbandonati in una vasta sala che sembra congelata nel tempo: ecco l’atmosfera che gli organizzatori del Nova 6.29 hanno voluto ricreare all’interno del centro congressi Expo Tel Aviv.
“L’esposizione è stata ideata con il compito di raccontare la storia delle 6:29, l’ora esatta in cui la luce si è trasformata in oscurità” ha spiegato Feingold durante la presentazione della mostra.
Nell’enorme sala dispositiva gli organizzatori hanno posizionato il palco principale del festival sul quale sono stati incisi i nomi dei membri dello staff uccisi dai terroristi. La musica trance è stata utilizzata da sottofondo per gli enormi schermi che mostrano i video dei DJ e degli altri partecipanti intenti a ridere e ballare poco prima dell’inizio della tragedia. Questi video, ricchi di gioia e goliardia, sono stati intervallati dalle schermate dei messaggi Whatsapp scambiati tra le vittime e le loro famiglie subito dopo le 6:29: richieste d’aiuto, inviate in preda al panico mentre tutti cercavano di fuggire e nascondersi dai terroristi.
Ad evidenziare il terrore provato dai partecipanti, in un angolo della mostra gli organizzatori hanno allineato le cabine dei bagni pubblici, crivellate dai proiettili dei terroristi che bersagliavano qualsiasi luogo che potesse fungere da rifugio.
La mostra ha aperto le porte al pubblico il 7 dicembre ma, prima dell’inaugurazione ufficiale, i parenti delle 364 vittime sono stati invitati per un’anteprima privata insieme al presidente d’Israele, Isaac Herzog.
“I frammenti di questo festival sono una testimonianza silenziosa di tutta l’enorme bellezza umana che è andata perduta” ha affermato Herzog, esortando le famiglie a tenere vivo il ricordo dei propri cari.
Tra i genitori che hanno partecipato all’anteprima c’erano Amit Zender, che indossava una maglietta con la foto della figlia Noa e le date “2000-2023”, e Nitzan Schlesinger, il cui padre Assaf è rimasto ucciso mentre soccorreva i partecipanti. “Anche se dolorosa, questa mostra ha offerto un’occasione unica per entrare in contatto con le altre famiglie che hanno vissuto la stessa tragedia e per sostenerci a vicenda” ha spiegato Schlesinger.
Camminando attraverso l’esposizione, i familiari hanno potuto anche osservare un grosso tavolo con la scritta “Lost and Found” con sopra esposti tutti gli effetti personali recuperati dal luogo della strage (scarpe, occhiali da vista e da sole, borse, sacchetti, articoli da toilette, chiavi di casa e della macchina) e trovare così, tra gli oggetti non reclamati, un ricordo dei propri cari.
“Il mio cuore soffre al pensiero dei proprietari che non reclameranno mai questi oggetti” ha affermato Idit Schachal il cui figlio Nadav è sopravvissuto al rave dopo essere fuggito per otto ore nel deserto del Negev.
Attraverso questa immensa tragedia gli organizzatori hanno voluto però diffondere anche un messaggio di speranza nel futuro. “Danzeremo di nuovo” è questa la scritta proiettata sull’ultimo schermo all’uscita della mostra, sotto le immagini dei volti delle vittime. Una frase che oggi è diventata anche il motto del team Nova nella sua lotta contro l’odio e il terrorismo.
Nonostante la mostra Nova 6.29 sia tutt’ora uno dei pochi memoriali fisici degli eventi del 7 ottobre, sono numerosi gli eventi che sono stati organizzati negli ultimi mesi a sostegno dei familiari delle vittime.
Le iniziative in memoria delle vittime
Dopo la strage del festival Supernova, il mondo della musica è stato uno dei primi a mobilitarsi in favore delle vittime del 7 ottobre.
Il 28 novembre il DJ israeliano RIMO e diversi suoi colleghi hanno suonato nel sito abbandonato dell’evento Supernova davanti ad oltre 400 cartelli con i volti delle persone rapite e uccise. Anche il celebre cantante degli U2, Bono, ha dedicato il suo ultimo concerto all’interno dello Sphere di Las Vegas ai “bellissimi giovani” la cui vita è stata spezzata dai terroristi di Hamas.
Con l’entrata in guerra di Israele, è ancora incerta la situazione dei 129 ostaggi ancora trattenuti a Gaza. Per questo motivo l’area antistante il Museo d’Arte di Tel Aviv, oggi ribattezzata “Piazza degli ostaggi”, è stata dedicata ad opere artistiche spontanee per raccogliere fondi volti alla liberazione dei civili rapiti.
Tra le esposizioni che hanno generato più scalpore sono da ricordare la lunga tavolata bianca di Shabbat con 129 posti liberi e il vasto accampamento di tende vuote in onore dei kibbutzim colpiti dalle stragi.
“La questione degli ostaggi ci costringe a ripensare ogni giorno in modo nuovo” ha dichiarato la direttrice del Museo d’Arte di Tel Aviv, Tania Coen-Uzzielli, spiegando come la piazza ora sia anche un forum delle famiglie dei rapiti e degli incontri “Bring Them Home Now”.
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Negli ultimi giorni si è parlato di indire una giornata nazionale in memoria delle vittime del 7 ottobre ma non ci sono state ancora conferme ufficiali.