di Ilaria Myr
“Sono venuto per dare molto ‘hizzuk’, molta forza agli ebrei milanesi e fare capire loro che come ha fatto mio figlio, dobbiamo dare la nostra anima per gli altri”. Sono le parole di Rav Benjamin Hattab, rabbino capo di Tunisi, direttore della scuola ebraica della capitale e padre di Yoav Hattab, il ragazzo ucciso all’Hyper Cachér, a cui è dedicato il film “Io sono Yoav”, trasmesso a Milano lunedì 18 gennaio in un evento organizzato dalla Comunità Ebraica.
Lo incontriamo mentre è a Milano, il giorno stesso della proiezione del film.
Che cosa pensa del fatto che in Italia sia stato girato un film sulla vita di suo figlio?
Inizialmente non ero molto contento, perché non voglio commercializzare sulla vita di Yoav. Poi ho capito che può dare un forte messaggio ai giovani, comunicando loro che devono essere forti e coraggiosi. Ne ho visto solo qualche scena quando stato passato su Rai3, ma non avevo la forza: vedere le immagini di mio figlio mi fa ancora male. Ma in Tunisia non voglio che venga trasmesso, farebbe del male a me e mia moglie. Avevo un rapporto speciale con lui: era il mio discepolo, ci volevamo molto bene. L’ultima volta che era a Tunisi mi ha abbracciato e mi ha detto “Papà, ti voglio tanto bene”.
Quando è successa la tragedia di Yoav, qual è stata la reazione della comunità islamica in Tunisia?
Molto calorosa. Tutti gli amici arabi sono venuti da noi e hanno pianto per Yoav, i ministri mi hanno telefonato. Quando ero a Parigi per il funerale, poi, l’ambasciatore di Tunisia era con me, mentre il presidente della Repubblica mi ha invitato al palazzo di Cartagine. Tutti gli amici arabi sono venuti alla sinagoga e hanno acceso delle candele in suo onore. Ho sentito molto amore intorno a me.
Come vivono oggi gli ebrei in Tunisia? Quante persone compongono le Comunità ebraiche?
A Tunisi ci sono circa 300 ebrei: fra questi molti fanno la preghiera quotidiana, mentre altri si vedono in sinagoga solo a Kippur. A Sousse ci sono circa 100 ebrei, e fra Djerba e Zarzis 1300-1400, tutti molto religiosi. Gli ebrei in Tunisia vivono molto bene, meglio che quelli in Europa. Stiamo molto bene, viaggiamo da una pese all’altro, abbiamo il rispetto degli arabi, della polizia e del governo. Abbiamo i nostri pieni diritti come tutti e anche più di tutti.
Qualche anno fa c’è però stato l’attentato alla sinagoga Di Ghriba a Djerba, in cui sono morte 5 persone. Non avete paura?
Quello a Djerba stato un attacco terroristico che voleva colpire il turismo tunisino, dtao che la sinagoga è meta turistica, non gli ebrei. No, non abbiamo paura: viviamo in pace con gli arabi da quando abbiamo aperto i nostri occhi. E quando c’è qualche problema, non è causa di arabi che vivono in Tunisia.
E di Isis, che nel 2015 ha colpito il Museo del Bardo a Tunisi?
No. Dopo l’attentato la polizia sta lavorando molto bene, proteggendo tutti i luoghi sensibili.
Cosa pensa dell’antisemitismo in Europa?
Sono convinto che la democrazia con i radicali non funzioni. Bisogna che la legge sia molto forte, e quando l’Europa è attaccata bisogna che contrattacchi. Le marce, le manifestazioni non hanno valore. Bisogna usare forza contro la forza.
I recenti e continui attacchi terroristici perpetrati da musulmani non hanno quindi impattato in nessun modo sull’opinione che lei ha dei musulmani?
Queste persone non sono musulmani: sono dei selvaggi, che non hanno alcun sentimento, che uccidono le persone per un niente. Questi non sono musulmani, i veri musulmani non uccidono. Io vivo tutti i giorni con dei musulmani, abbiamo molto rispetto gli uni per gli altri. Abbiamo vissuto la rivoluzione insieme, vengono spesso da me a chiedermi se ho bisogno di qualche cosa, se ci sono problemi, invitandomi andare da loro anche di notte. E anche quando durante la rivoluzione tutte le scuole di Stato erano chiuse, la scuola Chabad che dirigo era aperta, perché sapevo che gli arabi non fanno del male. Viviamo bene, sono contento di essere a Tunisi. In Europa ho paura, in Tunisia no.
Ha un messaggio da dare agli ebrei italiani?
ho un messaggio da dare a tutti: bisogna fare attenzione, ma non bisogna avere paura. Se tutti faremo uno sforzo, arriverà il momento in cui questo terrorismo sparirà. Dobbiamo pensare che vinceremo.