Rivlin: “Non dobbiamo essere ebrei o arabi ma siamo tutti israeliani”

Personaggi e Storie

di Roberto Zadik

Reuven Rivlin, Andrew Cuomo,
Reiven Rivlin, presidente israeliano

Pur essendo un uomo del Likud, il presidente israeliano Reuven Rivlin, 76 anni il prossimo 9 settembre, ha una vena “pacifista” e aperta all’integrazione della popolazione araba nel tessuto sociale israeliano pur restando vigile sul delicato tema della sicurezza e nella lotta al terrorismo e alle violenza dilaganti. A confermarlo una notizia appena uscita sul sito israeliano di lingua spagnola “Iton Gadol” e uscita anche sul sito www.jewishpress.com.

Secondo le due testate online il presidente ha incontrato in questi giorni, durante una cena nella sua residenza ufficiale, i membri della Knesset e alcuni funzionari arabi israeliani sottolineando che “dobbiamo essere israeliani non ebrei o arabi”. Abbattendo qualsiasi differenza etnica e barriera ideologica, il Capo dello Stato ebraico ha espresso alcune importanti considerazioni, esortando la popolazione araba a “non pensare a se stessa come un’entità separata” e a non distinguere in nessun modo fra arabi ed ebrei.

Prima di mangiare, Rivlin ha poi indetto una riunione informativa in ebraico coi giornalisti che lavorano nei mezzi di comunicazione in lingua araba. Esprimendo la sua preoccupazione riguardo al terrorismo internazionale e in Medio Oriente, nel suo discorso, Rivlin ha fatto le condoglianze al popolo egiziano per i terribili attacchi terroristici nella zona del Sinai. Rivlin ha tenuto un discorso di ampio respiro con riferimenti culturali e religiosi, non limitandosi a Israele. Egli ha evidenziato che “sfortunatamente ci sono coloro che tentano di rovinare la sacralità del Ramadan che dovrebbe essere il mese della compassione, della pietà e della grazia e distorcerne il significato a favore del terrorismo. Tutti noi, figli di Abramo dobbiamo condannare queste atrocità commesse “nel nome di Dio” o nel nome dell’Islam. Dobbiamo condannarle con fermezza e a gran voce, non possiamo restare in silenzio davanti a questo”.

Parole forti in cui egli però ha deliberatamente omesso ogni riferimento all’assassinio di Malachi Rosenfeld facendo notare che “non sono state settimane facili per nessuno in questo Paese, specialmente per chi pensa che noi, arabi ed ebrei, abbiamo il dovere e la capacità di vivere assieme. In questo momento, davanti a quelli che cercano di soffiare sul fuoco, non possiamo assolutamente tacere”.

Parlando dell’Autorità nazionale palestinese, Rivlin ha detto che il regime di Abbas “ha la responsabilità di agire in maniera decisa contro gli attacchi terroristici che cercano quotidianamente di sabotare le nostre vite”. Rivlin ha messo in luce i punti di contatto fra arabi ed ebrei dicendo che “mentre i musulmani stanno rompendo il digiuno, oggi anche gli ebrei concludono il digiuno el 17 di Tammuz che è stato posticipato perché cadeva in concomitanza dello shabbat”.

In tema di progetti per il futuro, Rivlin ha anche specificato che sta lavorando con l’amministrazione Nethanyahu sui temi della “sofferenza e dolore della società araba israeliana” e “violenza nella comunità araba, carenza di alloggi e dell’occupazione.” “La cittadinanza israeliana ai residenti arabi dello Stato non è un gesto di buona volontà”, ha detto Rivlin specificando che “è la cittadinanza di ogni individuo e di una società che è parte di questa terra, questa terra è la loro patria e Israele è la loro casa”.

Non è la prima volta che Rivlin si da a questo genere di interventi perché in questi mesi egli aveva già mostrato la propria apertura verso la minoranza araba: su Mosaico, lo scorso febbraio era stata riportata la sua frase “la minoranza araba è invisibile per la maggioranza degli ebrei israeliani e questo enorme gap è cresciuto negli anni fra due società che vivono una accanto all’altra e sono cieche l’una verso l’altra”.