Sofferenza strumentalizzata: la manipolazione di Hamas e la coraggiosa condanna degli intellettuali arabi liberali

Personaggi e Storie

di Anna Coen
Negli ultimi giorni, dopo la diffusione delle sconvolgenti immagini dei tre ostaggi israeliani liberati da Hamas l’8 febbraio 2025 – Ohad Ben Ami, Or Levy ed Eli Sharabi – emaciati, con sguardi persi nel vuoto e denutriti, sui social ha iniziato a circolare anche la foto di Ibrahim Mohammad Khaleel al-Shaweesh, un uomo particolarmente emaciato che, a detta di alcuni canali e media (fra cui il seguitissimo Fanpage), sarebbe un palestinese rilasciato da Israele in condizioni di estrema debilitazione (facebook.com). Diversi articoli sostengono che l’uomo, originario di Beit Hanoun, sia stato imprigionato il 10 dicembre 2023 e poi rilasciato l’8 febbraio 2025 nell’ambito di un accordo di cessate il fuoco, dopo aver subito torture (presstv). A supporto di questa tesi, sono state diffuse altre immagini che mostrano il suo stato di salute fortemente compromesso (instagram.com).

Dall’altra parte, il sito italiaisraele.org, in un articolo a firma di Andrea B. Nardi, denuncia l’intera vicenda come una montatura orchestrata da Hamas, sostenendo che al-Shaweesh non sia mai stato arrestato e che la foto in questione ritragga, in realtà, un malato terminale di cancro. La notizia sarebbe dunque un fake creato ad hoc.
La tempestività della diffusione, la tipologia delle immagini e la simmetria con altre narrazioni dimostrano  infatti ancora una volta l’idea della strategia comunicativa di Hamas, abilmente orchestrata, con la consueta complicità di un collaborazionismo pacifista che da mesi amplifica il messaggio.

Le voci arabe contro la narrazione a senso unico

Confortano quindi, alla luce di tutto ciò, le dichiarazioni di alcuni giornalisti e scrittori arabi liberali che, di fronte allo shock per le condizioni dei tre ostaggi israeliani rilasciati l’8 febbraio 2025, hanno preso una posizione netta e chiara. Senza esitazioni, hanno condannato Hamas per aver lasciato morire di fame i prigionieri catturati durante il massacro del 7 ottobre 2023, paragonando il trattamento riservato loro a quello che i nazisti inflissero agli ebrei nei campi di concentramento.

La foto postata da Dalia Ziada

Molti hanno anche sottolineato l’ipocrisia di Hamas, che al momento del rilascio ha inscenato uno spettacolo cinico, mentre i suoi miliziani apparivano ben nutriti, in evidente contrasto con la narrazione di un popolo ridotto alla fame. Uno scrittore ha criticato la Croce Rossa, accusandola di chiudere gli occhi oggi, come fece negli anni ‘40 con i lager nazisti. Un altro ha predetto che Israele, prima o poi, si vendicherà non solo su Hamas, ma anche su Qatar e Turchia, accusati di aver sostenuto crimini di stampo nazista contro i cittadini israeliani.

Un rapporto dettagliato del Middle East Media Research Institute (MEMRI) ha raccolto queste reazioni (memri.org). Tra le voci più autorevoli spicca la giornalista egiziana Dalia Ziada, che ha pubblicato su X due immagini accostate: da un lato i tre ostaggi israeliani, scheletrici, ridotti all’osso; dall’altro, i sopravvissuti ai lager nel 1945. Una sola frase: «Mai più!». Un paragone forte, doloroso, ma impossibile da ignorare.

Dagli Emirati Arabi, Amjad Taha ha scritto in inglese parole che non lasciano spazio a interpretazioni: «Hamas ha trattato gli ostaggi esattamente come i nazisti trattavano gli ebrei, facendoli morire di fame e lasciandoli in uniforme, proprio come Hitler fece con i sopravvissuti all’Olocausto. I nostri cuori e le nostre preghiere sono con le famiglie che hanno assistito a questo orrore in Israele. Questo atto disumano compiuto a Gaza nel 2025 è oltre ogni condanna. Che Dio li benedica».

La foto postata da Amjad Taha

Ma non si tratta solo di parole. Il giornalista kuwaitiano Jassem Al-Juraid ha puntato il dito contro Hamas per la sorte di Eli Sharabi, ostaggio rilasciato in condizioni inenarrabili dopo che i terroristi avevano sterminato la sua famiglia e ucciso suo fratello. Safaa Subhi Al-Nu’aimi, giornalista iracheno, ha condiviso una foto di Sharabi, magrissimo dopo la prigionia, accanto a quella di una donna palestinese, alquanto in carne, e ha chiesto provocatoriamente: «Chi dei due sta davvero soffrendo la fame?».

E poi c’è la Croce Rossa, accusata di aver chiuso gli occhi, esattamente come fece durante l’Olocausto. Al-Nu’aimi non usa mezzi termini: «La Croce Rossa ha una storia vergognosa di collaborazione con il nazismo. Negli anni ‘40 pubblicò rapporti rassicuranti sulle condizioni degli ebrei nei campi di concentramento. Non sorprende che oggi chi aveva legami con Hitler abbia legami con Hamas».

Intanto, mentre Hamas racconta al mondo di un popolo allo stremo, il giornalista libanese Hussain Abdul Hussain ha pubblicato la foto di un folto gruppo di miliziani ben pasciuti, scrivendo con amara ironia: «Ecco come appaiono i cittadini di Gaza un giorno dopo il loro genocidio e la loro carestia».

Ma chi conosce la storia sa che certe immagini non vengono dimenticate. Sufian Al-Samarrai, direttore del Baghdad Post, ne è convinto: Israele si vendicherà. Ha condiviso un video del rilascio degli ostaggi e lo ha accostato a immagini dei sopravvissuti all’Olocausto. «Hamas, finanziato da Qatar, Turchia e Iran, ha dato da mangiare solo alle donne ebree in ostaggio, mentre gli uomini sono stati rilasciati ridotti a scheletri, come nei campi nazisti. Gli ebrei non dimenticheranno. E chi ha sostenuto questo orrore pagherà il prezzo».

Parole dure, che segnano una crepa in una narrazione fin troppo consolidata. Forse è solo una piccola frattura, forse queste voci resteranno isolate. Ma il fatto che stiano emergendo, e che a farle proprie siano intellettuali arabi, è un segnale che non si può ignorare. E viene da chiedersi: la tempestività, la scelta delle immagini, la simmetria perfetta delle narrazioni… ancora una volta, confermano la straordinaria strategia di comunicazione di Hamas. E la complicità di chi continua a sostenerla.