di Paolo Salom
Il “presunto killer” di Copenaghen, ovvero Omar al Hussein, danese di origine araba, il giovane che ha ucciso due persone e ne ha ferite una decina in due attacchi separati sabato scorso, “era conosciuto dalla polizia per una serie di atti criminali, inclusi gravi atti di violenza, ed era anche conosciuto per essere legato ad una gang”. Parole di Helle Thorning-Schmidt, la premier danese. Vogliamo provare a interpretare questa dichiarazione? Nel lontano Occidente dire “atti criminali” e “gang” significa mettere la sordina all’unica spiegazione sensata a proposito della sparatoria davanti al caffè dove era presente l’artista-vignettista svedese Lars Vilks (che nel 2007 disegnò Maometto nella forma di un cane e da allora vive sotto scorta) e di fronte a una sinagoga (dove era in corso una festa per un Bat Mizvah).
Ovvero: lasciamo stare terrorismo, Isis anti-semitismo e quant’altro: ci troviamo di fronte a un criminale pregiudicato (vero) con una storia di violenze alle spalle (verissimo) e non a un qualche pericoloso islamista indottrinato all’odio ideologico. In attesa di future indagini che chiariranno il quadro, è tuttavia possibile affermare con relativa certezza che i due attacchi non sono il risultato di una semplice esplosione di follia o di una “Arancia meccanica” in salsa nordica. Omar al Hussein ha compiuto un atto-fotocopia di Parigi: come i fratelli Kouachi e Ahmedy Coulibaly, ha colpito un luogo dove si celebrava la “libertà di espressione” e dove era presente un uomo “condannato a morte” dall’internazionale islamista; e poi, ma guarda che sorpresa, se l’è presa anche con gli ebrei (che peraltro avevano sollecitato la protezione da parte delle autorità. Risposta: “State tranquilli”).
Dobbiamo alla prontezza dei poliziotti danesi (e al sacrificio di un volontario della sicurezza danese-israeliano) se il bilancio di vittime non è risultato più pesante. Se il giovane terrorista fosse riuscito nell’intento di superare le misure di sicurezza avrebbe certamente compiuto una strage, anzi, una doppia strage.
Pericolo scampato, dunque? A parte che morti e feriti non sono purtroppo mancati, il punto è che nel lontano Occidente si continua a far finta che tutto quanto sta accadendo intorno a noi sia qualcos’altro. In buona o (più spesso) cattiva fede, si cerca di giustificare atti di odioso terrorismo islamista con spiegazioni sociologiche o, più semplicemente, affondando ben bene la testa sotto la sabbia. Netanyahu (criticatissimo) ha invitato gli ebrei d’Europa a fare un’aliyah collettiva. Pierluigi Battista, sul Corriere, scrive che l’Europa sta tradendo i suoi ebrei. Senza voler vedere nero, sarà bene cominciare a interpretare la realtà con i giusti parametri. Noi possiamo.