De Benedetti: “La verità per legge è totalitarismo”

Taccuino

di Franco De Benedetti

E’ stata approvata in sede redigente nella commissione Giustizia del Senato la proposta di legge che rende reato il negazionismo dei genocidi. E’ la formula adottata in Israele, Portogallo e Spagna. Invece in Austria, Francia, Germania e Belgio reato è quello riferito specificamente alla Shoah. Norme antinegazioniste sono state adottate da Nuova Zelanda, Svezia, Australia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lituania, Polonia e Romania; le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione degli Stati Uniti che condanna qualsiasi diniego dell’Olocausto e sollecita tutti i membri a respingerlo. 
In Italia i soliti talebani hanno pensato di esser meglio degli altri: non solo tutti i genocidi, ma anche i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità, così aprendo un vaso di Pandora di contenziosi ovunque per il mondo, e perdendo per strada l’unicità assoluta della Shoah (i senatori Giovanardi e Buemi hanno votato contro). E pensare che erano partiti dall’idea di approvare la norma in commissione in sede redigente per il 16 ottobre, anniversario del rastrellamento e della deportazione degli ebrei di Roma.

Il negazionismo è una forma di antisemitismo, l’ultima nello sterminato catalogo degli argomenti a cui gli sterminatori hanno attinto per 2.000 anni. Sempre l’antisemitismo ha negato se stesso, ha sostenuto di basarsi su fatti “veri”, su caratteristiche “scientificamente” provate. La libertà che l’antisemitismo ha negato agli ebrei, il negazionismo la pretende per sé: la pretesa libertà della ricostruzione storica. Per questo è particolarmente odioso e vile. Quando si vuole configurare il negazionismo come reato, sorgono problemi logici e giuridici. Credo che in Italia la memoria della Shoah sia talmente scolpita nella memoria e nella coscienza dei cittadini, da consentire di parlarne liberamente.
Ben sapendo che, ciononostante, ci si mette in posizione di assoluta minoranza.
La legge definisce doveri e diritti, ciò che si può o non si può fare. Le sue categorie sono il lecito e l’illecito. La legge sanziona i comportamenti che alimentano l’odio razziale, chi usasse le tesi negazioniste a questo fine sarebbe già punibile. Ma lo sarebbe per l’atto, indipendentemente dal mezzo usato per compierlo. In giudizio vengono acquisiti i fatti e ne viene fissata l’interpretazione: ma la verità acclarata in giudizio riguarda la responsabilità delle persone.
L’apologia di reato (art. 414 c.p.) di cui, secondo la proposta in discussione, il negazionismo diventerebbe una fattispecie, viene interpretata nel senso di punire non la mera manifestazione del pensiero, ma solo un’azione che abbia la concreta capacità di provocare l’immediata esecuzione di delitti o, quanto meno, la probabilità che essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo. Già il vivificare la categoria dei reati di apologia è, secondo l’Unione delle camere penali, un’operazione di retroguardia, ancora più sbagliato sarebbe inserire un reato di opinione.
Lo stato non può decidere che cosa è accaduto e che cosa no: non può nel senso che non ha la possibilità di farlo.

E quindi che deve astenersi dal farlo. Sono gli stati autoritari che si pongono al di sopra del vero e del falso, e stabiliscono loro che cosa è vero e che cosa no. Lo stato totalitario possiede tutto, anche la parola. Lo stato totalitario si è preso la persona. Si è preso, nelle parole di Primo Levi, il suo essere uomo. Totalitario è il negazionista che vorrebbe prendersi, per sopprimerla, anche la memoria di quelle sofferenze: e totalitari sono gli stati che usano i loro argomenti, magari mescolandoli sacrilegamente con le fantasie dei perdigiorno per cui le Torri gemelle le avrebbe attaccate la Cia, e lo sbarco sulla Luna l’avrebbe sceneggiato la Nasa.

Non si vuole certo dire che siano “totalitari” gli stati che hanno introdotto norme contro il negazionismo o i senatori che in commissione hanno votato perché diventino legge anche in Italia. Ma è da stato totalitario arrogarsi il diritto di fissare la verità di un fatto storico: è quindi una sinistra contraddizione farlo per difendere la memoria delle vittime dello stato totalitario.

Stabilire per legge l’esistenza di un fatto è scolpirlo nella pietra, significa chiuderlo nella fissità del passato. La Shoah è. E’ nelle coscienze, non ha bisogno di parole, tanto meno di quelle di una legge.