di Paolo Salom
Quanto rumore per nulla: potremmo parafrasare così lo “scandalo” internazionale riguardo il riconoscimento da parte americana di Gerusalemme quale capitale di Israele. Ma il dramma shakespeariano ci aiuta fino a un certo punto a comprendere le reazioni nel lontano Occidente di fronte all’affermazione dell’ovvio. Gerusalemme è la capitale di Israele sin dalla sua fondazione (3.000 anni or sono), nel 1948 Tel Aviv ha svolto le funzioni di capitale provvisoria soltanto perché era in corso una guerra sanguinosa per la sopravvivenza del (ri)nato Stato indipendente degli ebrei. Ma già nel 1949 il governo, fatta eccezione per il ministero della Difesa, aveva fatto le valigie per trasferirsi nell’unica città deputata a diventarne la sede.
Dunque? Passi che gli arabi palestinesi si siano “infuriati” (quale altro atteggiamento hanno saputo offrire agli israeliani da cento anni a questa parte?), passi che l’Organizzazione degli Stati islamici, riuniti dal nuovo sultano Erdogan, abbia difeso “Gerusalemme Est capitale della Palestina”. Ma il lontano Occidente? Che senso ha un’intransigenza che nega la realtà delle cose? Dove può portare?
A mio avviso da nessuna parte: radicalizza le posizioni già estreme e bellicose degli arabi palestinesi, oltre a annullare il residuo (minimo) di credibilità presso gli israeliani che sognano un accordo di pace sensato dagli Accordi di Oslo (1993). Al contrario, la mossa di Trump – peraltro una promessa elettorale – ha avuto il merito, oltre a riconoscere, come detto, l’ovvio e la realtà dei fatti, di mettere a nudo le reali intenzioni degli attori di questo assurdo balletto senza fine chiamato “processo di pace” i cui protagonisti arabi rifiutano di salire sul palcoscenico.
Dunque, dire che Gerusalemme è la capitale di Israele in che modo penalizzerebbe gli arabi palestinesi? Se invece di invocare “giorni di rabbia” (con inevitabili morti e feriti) si decidessero a sedersi seriamente al tavolo dei negoziati, forse qualcosa di buono ne potrebbe uscire. Compresa la sovranità su parti di Gerusalemme (se gli israeliani saranno d’accordo: e il loro accordo dipende soltanto dalla propensione alla violenza della controparte). La mia impressione è che, invece, la mossa di Trump abbia denudato il re. E soprattutto le speranze di “smontare” pezzo a pezzo Israele. Di qui la reazione incredula e violenta per una decisione “inaudita”.
Ora, passi per gli arabi palestinesi e i loro alleati, Iran in prima fila: ma il lontano Occidente non poteva risparmiarsi di mostrare, ancora una volta, il volto ostile dell’antisemitismo?
(Nella foto Beniamin Netanyahu con Federica Mogherini durante il teso incontro a Bruxelles. Fonte: tpi.it)