di Paolo Salom
[Voci dal Lontano Occidente]È cominciato un nuovo anno. Ma nel lontano Occidente non se n’è accorto nessuno. Eppure la stagione è cambiata. Anche in Germania, dove spira un vento per nulla piacevole. E non perché sia particolarmente freddo. Avete presente il Paese che più di ogni altro dovrebbe agire per superare quel passato atroce che non ha eguali nel mondo? Oggi, dicono le statistiche, è anche la nazione dove gli episodi di antisemitismo crescono maggiormente.
Il dramma, per quanto ci riguarda, è che le autorità tedesche sembrano incapaci di affrontare la questione come sarebbe necessario: ovvero con una dose massiccia di informazione, chiarezza, atti concreti. Al contrario, dimostrando un cinismo fuori luogo, la politica utilizza quanto accade per fini propri, così aggravando la situazione. Prima dell’estate, per esempio, il ministro dell’Interno Horst Seehofer ha affermato che il 90 per cento dei casi di antisemitismo denunciati nel 2018 (1.800) era da attribuire a formazioni o gruppi di estrema destra. Il che è parzialmente vero, visti i tragici fatti accaduti lo scorso Yom Kippur a Halle.
Tuttavia… Nella vicina Francia, riporta la Jewish Telegraphic Agency, la metà degli episodi di odio anti-ebraico e la quasi totalità degli atti di violenza fisica contro ebrei sono perpetrati da immigrati (o loro figli) da Paesi arabo-musulmani. Percentuali analoghe (distinguendo propaganda e atti concreti) sono riportate da Gran Bretagna e Olanda. Ora, possibile che soltanto in Germania la situazione sia così differente? Sempre la Jns spiega in un interessante articolo come un sondaggio, effettuato tra centinaia di ebrei tedeschi che avevano sperimentato personalmente un episodio di antisemitismo, riporti che il 41 per cento di loro aveva descritto gli aggressori come “musulmani estremisti”, il 16 per cento “esponenti della sinistra estrema” e solo il 20 per cento “esponenti della destra estrema”. In realtà, spiace dirlo, la stragrande maggioranza dei reati scaturiti da odio e discriminazione anti-ebraica nascono nel seno delle comunità di immigrati, per lo più recenti, da Paesi arabi dove la propaganda anti-Israele (e, per estensione simbolica, anti-ebraica) ha nutrito generazione dopo generazione.
Lo Yedioth da poco ha pubblicato un articolo che raccontava lo “strano caso” di Mahmoud, venditore palestinese di falafel al mercato di Prenzlauer Berg, quartiere elegante di Berlino, e del suo comportamento nei riguardi dei passanti ebrei. Il buon Mahmoud, infatti, da 18 anni in Germania, ha l’abitudine di sputare addosso a chi gli sembra ebreo o israeliano, insultarlo e spesso proferire queste parole: “È davvero una disgrazia che Hitler non vi abbia ucciso tutti”. E se qualcuno fa notare al suo datore di lavoro il comportamento dell’uomo, la risposta che ne ottiene è questa: “Mahmoud è davvero una persona ottima: solo che gli ebrei lo mandano fuori di testa”. E i passanti tedeschi, naturalmente, restano per lo più indifferenti, o pronti a discutere “le pessime politiche di Israele…”. Ecco qua: un esempio per il tutto. La Germania, tra i Paesi del lontano Occidente, dovrebbe essere la più determinata, la più inflessibile nel reprimere anche un singolo episodio che riporti a quel clima infausto che 80 anni fa nutrì la più efficiente macchina di morte della storia umana. Noi, per quanto ci riguarda, possiamo oggi dire che quel che è stato non sarà più. Non soltanto perché siamo pronti a denunciare con forza tutto questo. Ma anche perché, ora, al di là del mare, c’è Israele.