come diceva il buon vecchio Carlo Marx con una frase dal sapore vintage ma ancora elegantissima, “se non ti occupi di politica, prima o poi la politica si occuperà di te”. Quindi tanto vale alzare lo sguardo, cercare di venirne a capo e andare alle urne a votare.
Stiamo parlando delle elezioni dell’Ucei, l’Unione delle Comunità ebraiche, elezioni che sono il 7 novembre e che dovranno stabilire i delegati che da Milano partiranno alla volta di Roma per il Congresso del 5-8 dicembre prossimo (vedi pag. 32). Un Congresso importante, su cui si gioca il futuro dell’ebraismo italiano il quale, a sua volta, dipende anche -ma non solo-, dai finanziamenti che provengono dai denari raccolti con l’8 per mille. In ballo ci sono sostanziali modifiche allo Statuto e forse le linee guida dell’azione politica Ucei nei prossimi quattro anni. Un’azione che, a mio avviso, dovrebbe puntare a che lo Stato italiano prendesse in carico alcune istituzioni ebraiche. In Francia i rabbini e gli insegnanti delle scuole ebraiche sono a libro paga dello Stato francese. In Italia invece i quasi 2000 alunni delle scuole ebraiche di Roma, Milano, Torino, Trieste pesano totalmente sulla schiena delle Comunità. Andare a batter cassa dalla Gelmini non sarebbe quindi una cattiva idea, meglio se con una task force capitanata dal presidente Ucei e dai presidenti delle rispettive Comunità. E che dire dei termini generali dell’Intesa, che andrebbero perlomeno aggiornati? Non solo a partire dalle sovvenzioni alle scuole come garanzia essenziale, in un paese democratico, dell’identità di una minoranza; ma anche per la copertura dei costi dei cimiteri o ancora per promuovere, con una grande campagna pubblicitaria, la raccolta dell’8 per mille a nostro favore. Per convincere quegli italiani eredi di Don Camillo -che mai vorranno dare soldi alla Chiesa-, a darli invece a noi.
Fiona Diwan
In Copertina: L’Italia ebraica al voto.