quello che si svolgerà a Milano dal 13 al 20 giugno è molto di più di un summit economico-politico. Unexpected Israel-l’Israele del futuro, è una vera rivoluzione comunicativa e di immagine. Molto di più di una kermesse tra businessman, aziende, operatori economici, israeliani e italiani. Molto di più di una parata di bei nomi della letteratura, dell’economia, dell’industria, del cinema, della musica. Poca facciata stavolta e tanta, tantissima sostanza; il trionfo dell’invenzione, della creatività, dell’ingegno nella piccola e media industria, della scoperta applicata ai processi produttivi. La vittoria di Archimede Pitagorico capace di fare business con le proprie invenzioni. E di trasformarsi in un piccolo Paperon de’ Paperoni. Ovvero, l’exploit del piccolo ingegnere di genio in grado di scaravoltare un intero sistema con un’invenzione tanto anonima quanto rivoluzionaria (tipo la chiavetta USB o il Wi-Fi o la sedia a rotelle Re-Walk, solo per fare tre esempi universalmente noti, concepiti in Israele). Ecco perché a fare la parte del leone stavolta saranno lo scambio delle idee e dei commerci, la compra-vendita di sistemi informatici e di nuove microtecnologie applicate all’agricoltura, alla medicina, al riciclo dell’acqua. Si tratterà allora di manufatti come quelli prodotti dalla Plasan, azienda specializzata in tecnologia militare e di sicurezza che ha trasformato quella del Kibbutz Sasa, in Galilea, in una success story miliardaria, facendone il kibbutz più ricco di Israele. Ma anche una rivoluzione comunicativa, dicevo. È risaputo infatti quanto gli israeliani siano stati finora negati nel comunicare la propria immagine, incuranti se non sprezzanti del modo in cui venivano percepiti “da fuori”. Ora, è noto che se muti il racconto che fai di te stesso, cambi anche la percezione che l’altro avrà di te. E oggi, il solo fatto di mettere in mostra la propria modernità, le sfide del futuro o i successi scientifici e tecnologici, ci indica quanto la volontà di uscire dalla psicologia dell’isolamento orgoglioso sia forte. Per ribaltare, finalmente, clichè e stereotipi.
Fiona Diwan