bisogna saper guardare nel buio con insolenza, scriveva la scrittrice francese Marguerite Yourcenar, non temere la tenebra ma accettarla guardandola negli occhi. Solo così potremo trovare la luce, la teshuvà. Una verità che vale, specie in questi giorni di Rosh haShanà e feste solenni, sia per la nostra interiore soggettività sia per le circostanze del destino in cui a volte succede di inciampare.
A volte il buio dell’oblio rischia anche di inghiottire il destino di certe esistenze e, come il fulgore di stelle estinte -direbbe Andreè Schwarz Bart-, la loro luce arriva a noi dopo millenni di tempo e molto dopo la loro morte. Accade nel caso dei destini di piccoli eroi della Storia minore, uomini misconosciuti che hanno fatto il Bene, dei Giusti come Harry Ettlinger, un giovane ebreo di 18 anni che in fuga dalla Germania nazista, vi ritorna pochi anni dopo come soldato dell’esercito americano per salvare i grandi capolavori d’arte posseduti dagli ebrei che il saccheggio nazista sta rastrellando, tra cui il celeberrimo Rembrandt di Karlsruhe che lui, da bambino, aveva tenuto tra le mani. Harry Ettlinger è la luce di una stella estinta, un destino salvato dal buio della Storia, come quella degli altri Monuments Men di cui il ragazzo Ettlinger faceva parte: un manipolo di studiosi, un’unità sgangherata ma speciale dell’esercito Usa, composta di ricercatori, artisti, archivisti, bibliotecari, storici dell’arte e topi di biblioteca -inglesi, francesi, americani-, che frugheranno l’Europa in lungo e in largo, chilometro dopo chilometro, per ridare al mondo -e spesso anche ai legittimi proprietari scampati alla guerra-, i capolavori d’arte rubati dalle razzie tedesche.
La loro avventura è oggi finalmente venuta alla luce grazie al libro Monuments Men dello storico Robert Edsel (Sperling), «uomini per lo più di mezza età, normalissimi, con moglie e famiglia, che pure hanno salvato il mondo così come lo conosciamo, recuperandone i capolavori d’arte, localizzando le opere in pericolo e trasferendole al sicuro, talvolta in modo rocambolesco. Una missione per salvare i simboli della civiltà occidentale», (presto nelle sale la versione cinematografica di George Clooney).
Ho voluto citare questo interessante libro e questa storia perché siamo a Rosh haShanà, un nuovo anno per un nuovo inizio, e mi piace evocare una specie di reverie della luce contenuta in questa vicenda che, dopotutto, è anche la parabola di un nuovo inizio. «Si deve/dal basso/illuminare/la polvere/e ogni metallo/risplenderà/come un mondo/intero», scrive in una poesia lo scrittore Miro Silvera, (Dio nei dettagli, Aletti editore). Una piccola luce sa essere a volte così potente da bastare a illuminare l’universo, dicono i qabbalisti. E quindi, che questo anno sia per tutti noi un anno di luce. Shanà Tovà a tutti,
Fiona Diwan