Barack Obama arriverà in Israele il 20 marzo, per la terza visita da Presidente e la prima dopo la sua rielezione, certamente uno dei viaggi più rilevanti della sua agenda politica, fissato con inaspettata tempestività e immediatezza all’indomani della rielezione, a tal punto da aver stupito tutti indistintamente. E da aver spinto il Presidente Shimon Peres a conferirgli la Medal of Distinction, la massima onoreficenza dello Stato d’Israele: Obama sarà infatti il primo Presidente Usa a riceverla, in nome di quella unbreakable alliance, quell’alleanza indistruttibile, che unisce da sempre i due Paesi. Molte le questioni sul tappeto e tutte caldissime: la prima è la ripresa del negoziato con i palestinesi, ed è forse per questo che Netanyahu ha offerto su un piatto d’argento, come segno di alleanza e di comunione di intenti, l’annuncio che Tzipi Livni -molto amata alla Casa Bianca-, sarà il prossimo Ministro della Giustizia con delega speciale ai negoziati di pace. La seconda questione da dibattere è la linea da tenere verso l’Egitto di Morsi; la terza, saranno i vari scenari in Siria e l’eventuale creazione da parte di Israele di una buffer zone, una zona cuscinetto, che protegga le alture del Golan da attacchi salafiti e altre incursioni. Secondo molti osservatori israeliani, tra cui anche Ely Karmon, professore all’Istituto di antiterrorismo a Herzelya, il modello del dopo Assad sarà quello della Somalia, una disintegrazione che porterà alla creazione di cinque o sei enclave confessionali differenti con cui Israele, secondo il consueto pragmatismo, si dice disposta a dialogare. Con tutti, senza eccezione, ivi compresi i Fratelli musulmani che prenderanno il potere a Damasco se Assad cade (la dissoluzione della Siria potrebbe dar luogo a: uno stato curdo a nord; uno stato druso a sud; uno stato alawita a ovest; una enclave beduina a est; uno stato sunnita a Aleppo e Damasco). Lo scenario della frammentazione resta, per gli osservatori, il più verosimile ma tutto dipenderà da quale opposizione siriana sarà riconosciuta e legittimata da Obama; e qui ritorniamo alla visita a Gerusalemme e all’importanza di ciò che verrà deciso durante gli incontri di marzo.
Nel frattempo, Israele si prepara, con movimenti di truppe e ordinando lo spostamento di due batterie antimissili Iron Dome (sono cinque in tutto), verso i confini nord. Perchè per Israele, è dalla partita siriana che dipende, in definitiva, anche quella iraniana da sempre legata a doppio filo agli alawiti di Assad e alla Russia di Putin.
Fiona Diwan