n° 6 - Giugno 2016

Yehoshua ai giovani: «Attenti a non perdere il senso morale»

2016
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n° 6 – Giugno 2016
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Caro lettore, cara lettrice,
lo scrittore Milan Kundera diceva che la lotta dell’uomo contro il Potere e la lotta della Memoria contro l’Oblio hanno un nemico comune: la memoria falsificata. Più il mondo cambia, scrive Kundera, più il passato è tenuto a cambiare con lui, tirato per la giacchetta e obbligato a piegarsi all’ideologia del momento, alle mode culturali e ideologiche o al vento che tira. Come se la nostra visione delle epoche passate fosse “comandata” dallo “spirito del tempo”, dal presente di colui che si volta all’indietro, e non invece dalla verità storica; portandoci a volte a svendere epoche e millenni al mercato dell’usato dell’attualità e dell’oggi. Una disinvoltura verso il passato che spesso altro non è che una forma di revisionismo storico. È ciò che è accaduto con l’ultima risoluzione votata dall’Unesco (vedi pag. 10), che ha stabilito che a Gerusalemme non esisterebbe in realtà nessun luogo sacro per l’ebraismo, nessun Tempio sul Monte del Tempio, nessun Kotel e nessun legame tra la città santa e l’ebraismo; anzi, che questi sarebbero luoghi sacri ai musulmani. «La risoluzione dell’Unesco su Gerusalemme rimodella la storia in funzione delle volontà che emergono oggi nel mondo arabo-musulmano», ha denunciato il filosofo francese Alain Finkielkraut. Favorevole alla creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele, il filosofo tuona contro un “passato riveduto e corretto”, una riscrittura della storia di Gerusalemme per compiacere i Paesi arabi mentre, parallelamente, c’è chi, in Francia, vorrebbe negare le radici cristiane dell’Europa in nome della diversità culturale e del nuovo verbo multiculturalista, anche qui per compiacere la nuova presenza islamica in Europa, la stessa che ha espresso un sindaco pakistano a Londra.
La negazione tra Gerusalemme e il patrimonio ebraico ha una storia lunga ed era già emersa ai tempi dei negoziati di Camp David tra Clinton, Arafat e Ehud Barak. Shlomo Ben Ami, politico, ex ministro, presente all’epoca a Camp David, narra nel saggio Palestina, la storia incompiuta (Corbaccio), di una incredibile discussione tra lui e il palestinese Saed Barakat avvenuta l’ultima notte di negoziato: Barakat sosteneva che non era mai esistito nessun Tempio e quella era una fandonia bella e buona, una barzelletta a cui nessuno credeva. Al che Ben Amì gli rispondeva che Gesù si era recato a Gerusalemme non certo per andare in moschea quanto per recarsi al Tempio. Insomma, da allora nulla sembra cambiato, se non il fatto che la reiterata negazione di legittimità storica della presenza ebraica, in una terra che nelle antiche mappe è detta Judea, alimenta e nutre gli estremismi di entrambe le parti, israeliana quanto palestinese. Una risoluzione simbolicamente molto grave, che radicalizza e indurisce le posizioni. E che ci suggerisce che, se neppure l’Altissimo può riavvolgere il nastro della storia, se nessuna teologia può contare su una Provvidenza retrospettiva, l’Unesco a quanto pare, invece, può.

 

Fiona Diwan