lo scrittore S. Y. Agnon ne aveva fatto il titolo di un suo libro: Quando il torto diventerà diritto. L’adagio viene da lontano, e risale ai tempi talmudici, una frase che allude al momento in cui la verità verrà pervertita e negata, la storia sovvertita, l’ordine dei fattori, modificato, che non darà più lo stesso risultato. È accaduto da poco a Roma, quando in occasione della manifestazione del 25 aprile, la Comunità ebraica si è vista paragonata a una comunità straniera, proprio lei, una delle comunità stanziali di ebrei notoriamente più antiche al mondo, presenti nell’Urbe dai tempi di Pompeo, Cesare e Crasso (e che per questo ha disertato il corteo ufficiale dell’ANPI, organizzando una contro-manifestazione). Accade a Milano, dove sempre per la stessa manifestazione della Liberazione, ha sfilato anche il BDS, il movimento anti-Israele e antisemita che la Consigliera comunale Sumaya Abdel Qader (Vice Presidente della commissione Pari opportunità e Diritti civili), ha sentito il bisogno di incontrare a pochi giorni dal 25 aprile. E colpisce la blanda reazione del Presidente Nazionale dell’ANPI, Carlo Smuraglia, campione di cerchiobottismo (contrariamente a Roberto Cenati, presidente dell’ANPI Milanese), quando si tratta di prendere le distanze dall’antisemitismo da un lato, ma di giustificare le scelte antisioniste dei suoi dall’altro, specie se sono espresse in forma di critiche feroci a Israele (come è accaduto per la proiezione del film Israele, il cancro, nella città di Biella). Ma che c’entra il BDS con il 25 aprile, hanno chiesto tutti? Che c’entrano i palestinesi con la Liberazione visto che furono alleati di Hitler grazie al Gran Muftì di Gerusalemme, e non liberarono proprio nessuno, anzi? Per quale aberrante senso di par condicio si paragona la Brigata Ebraica, che combattè a fianco degli Alleati e che sfondò la Linea Gotica, con i legionari palestinesi che affiancarono il Terzo Reich? Perché questa continua confusione tra vittime e carnefici, questa notte dove tutte le vacche sono nere?
Dentro il non-senso dilagante nella vita politica europea, vanno ascritte anche le elezioni francesi appena avvenute, uno dei momenti più importanti per la Comunità ebraica di Francia, la terza al mondo, 600 mila ebrei. La Francia spaccata in due, il fantasma della guerra civile che incombe, gli scantinati delle banlieu piene di armi e la polizia che in certi quartieri neppure mette piede, una comunità musulmana sempre più importante, un nazionalismo e un’estrema destra in crescita. Un andamento a spirale che potrebbe mettere a rischio 2000 anni di presenza ebraica in terra di Francia. Senza contare, inoltre, problemi come la stagnazione economica e il risentimento per un establishment politico percepito come incompetente e corrotto. Il mix è esplosivo e rischia di produrre una radicalizzazione dilagante e ingovernabile; la pace sociale per essere ripristinata – arginando terrorismo, islam radicale e salafita -, chiederà un prezzo. E gli ebrei, come sempre, sacrificabili. Quando il torto diventerà diritto, appunto.
Fiona Diwan