Caro lettore, cara lettrice,
quando leggiamo un libro, quello che ricordiamo è la musica di uno scrittore, il suo tono interiore che si espande in una forma letteraria unicamente sua. Se, dopo qualche tempo, ritorniamo a prenderlo in mano, ciò che ritroviamo non sono le parole esatte – che non ricordiamo -, quanto lo stupore, l’immedesimazione, l’atmosfera, il riverbero dell’intelligenza o del modo peculiare in cui emozioni o conoscenze sono state trasmesse. Come scriveva Franz Kafka, un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi… Ciò accade per i romanzi, per la poesia e per la narrativa in generale. Può avvenire anche per un saggio? A volte sì, specie se si tratta di quelli di Amos Elon, intellettuale eclettico e fuori dal coro, nato a Vienna nel 1926 e emigrato in Israele nel 1933, storico e giornalista, un israeliano innamorato dell’Italia, Paese dove morì nel 2009. Incontrai Amos Elon nel 2001, in Toscana, viveva in un casale nella campagna vicino a Pistoia. Oggi come ieri, nel rileggerlo, mi colpiscono il suo rigore storico e la capacità di racconto, la prosa avvincente e profonda, capace di parlare all’anima e all’intelletto. E di restituire la tragica ed eccezionale vicenda della simbiosi ebraico-tedesca, l’abbraccio fatale tra Germania e ebraismo; ma anche l’amore per la sua città, Gerusalemme, città crudele e troppo idealizzata, dalla ybris sconfinata, una natura doppia già presente nel nome ebraico Yerushal-aim.
Elon era nato in Austria: nei suoi libri, le origini tedesche diventano un trampolino interiore per librarsi sulla Storia, la vicenda personale si fa filo occulto di un racconto storico sempre appassionante e doloroso. Ben più che non “passeggiate storiche” (come le chiama lui stesso), i suoi libri hanno la forza di una narrazione emotiva, pur essendo dei saggi storici. Elon è stato autore di due opere la cui rilettura oggi si fa urgente: Gerusalemme, città di Specchi e Requiem Tedesco, storia degli ebrei in Germania (entrambi Rizzoli). Basterebbere rileggere quei due saggi (e chiederne la ristampa urgente), per poter usufruire di strumenti adeguati nel rispondere a chi pensasse di negare la Shoah o, ancora, il legame degli ebrei con Gerusalemme. Leggere le parole di un anticlericale, radical e razionalista come Elon, oggi significa voler conoscere non solo la storia di Gerusalemme per poter controbattere l’Intifada in guanti bianchi che l’Unesco e l’Onu combattono contro Israele, ma anche per catturarne il cuore policentrico, multiplo e insieme profondamente ebraico della città, decennio dopo decennio, secolo dopo secolo, dominazione dopo dominazione. Gerusalemme città di specchi paralleli “disposti in modo che le immagini tendano all’infinito”, catarifrangente delle passioni umane, «universo simbolico-letterario, abisso luminoso dove ci si perde… Per andare oltre il crepuscolo dei fantasmi, per coglierne la dimensione plurale e umanissima». Il futuro del passato va cercato qui, dice Elon, giornalista radical che, curiosamente, anni fa, la pensava come Trump, oggi.
Fiona Diwan