70 titoli scelti per voi. Dalla torbida New York di I.B. Singer all’epopea dei pionieri del primo Israele. Saggi, romanzi, memoir, favole, viaggi, testimonianze… Dalla storia della città più mistica
e mistificata al mondo, Gerusalemme, al pensiero ebraico di ieri e di oggi. Estate, tempo di lettura. Perché chi legge spicca il volo
Caro lettore, cara lettrice,
il 31 luglio cade l’anniversario della nascita di Primo Levi, e stiamo già assistendo alle maratone di lettura e ai reading celebrativi come quello avvenuto alla Public Library di New York, durato otto ore non stop, in cui numerosi scrittori si sono alternati sui brani da Se questo è un uomo. O ancora la lettura avvenuta giorni fa a Milano, al Memoriale della Shoah, con stralci da I sommersi e i salvati. Una riscoperta letteraria di Primo Levi e dell’evidenza lampante che la sua testimonianza non sarebbe stata tale senza la bellezza della scrittura, senza la sobria eleganza di una prosa limpidissima e mai estetizzante, retaggio di un patrimonio etico ancestrale. La forma è tutto nella scrittura, la forma è il contenuto, lo sappiamo da sempre. Senza lo stile nulla resta in arte, in letteratura (e forse anche nella vita). L’unica forma d’arte è la testimonianza, ciò che facciamo emergere dal buio, il disvelamento, il racconto della verità estratta dalla pattumiera della storia, dal pozzo oscuro della vita, dal sacco nero della raccolta indifferenziata degli eventi. Testimoniare la verità, sempre, per quanto orrenda, disagevole, indigeribile, inascoltabile. Valeva per Primo Levi e vale anche per un altro scrittore, Vassily Grossman, guarda caso entrambi studiosi di chimica, capaci di auscultare la materia umana e scomporla nelle sue particelle elementari, anche le più immonde. Tra i più grandi del XX secolo russo (di cui esce oggi una monumentale biografia di Alexandra Popoff, Vassily Grossman and the Soviet Century), Grossman è un altro “chimico-testimone” che al seguito dell’Armata Rossa durante la Seconda Guerra Mondiale ne documenta l’avanzata e gli orrori incontrati sul cammino (L’inferno di Treblinka, Adelphi). Per l’autore di Vita e destino l’orizzonte della vita collimava con quello della verità, l’inchiostro della scrittura con quello del sangue innocente. Dalla Berdichev ucraina con il suo ebraismo illuminista, colto e assimilato, fino a Mosca e all’umanesimo universalista del socialismo, quella di Grossman – come per Primo Levi -, è una traiettoria guidata da una bussola etica e spirituale. Grossman non abdica mai a un senso sacrale e misterioso del vivere, a un interrogarsi sul Male: un sentimento “religioso” che, nel paese dell’Ateismo di stato, pagherà a caro prezzo, allorquando il potentissimo Michail Suslov ordinerà il sequestro delle sue opere, sottraendogli il lavoro di una vita per oscurarlo negli archivi della Lubianka e del Kgb. Per questo la sua opera ha visto la luce nel 1980, molto dopo la sua morte, nel 1964.
Ci sono tempi più lineari e favorevoli, in cui “propizio è avere ove recarsi”, scrive oggi lo scrittore francese Emmanuel Carrère; momenti in cui si intuisce con chiarezza la direzione da seguire, sicuri della scelta che si sta facendo, forti della strada tracciata. Ci sono invece altri momenti in cui tutto pare incerto, in cui ci si porta dietro amorfi struggimenti, informi desideri, brevi barlumi immaginari di altre vite che avremmo potuto vivere, nostalgie senza patria. Di questo humus fecondo, di questo terriccio umido, con i suoi intimi smottamenti, si nutre e cresce il desiderio di lettura, una ricerca di senso, una fame dell’anima che, come la lumaca nel guscio, alla ricerca di cibo, fa spuntare la testolina dalla corazza dell’Io, dall’armatura del “dover essere”. Riusciamo così a dischiudere altri orizzonti, ad attivare il presente tramite il passato grazie a quei ricordi involontari che emergono con la lettura e che, sollecitando il tessuto emozionale, percorrono l’esperienza del testo. Perché anche per noi, come per Primo Levi, accade che la vita possa diventare velenosa, che ci sia qualcosa di intossicante nell’aria, mattine in cui “l’alba ci colse come un tradimento” e vorremmo scongiurare la verità del risveglio. Viene allora naturale cercare un rifugio. Per questo leggiamo. Per questo motivo l’estate è il tempo dei libri, della lentezza, dell’incontro con le vite degli altri.
Fiona Diwan