L’ineluttabile sequenza degli eventi

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La storia di un’emancipazione sofferta e tragica. Marcus studia in un buon college, a pochi passi da casa, è sereno, consapevole, responsabile. Ma la paura per la sua sorte rende il padre oppressivo fino alla paranoia. Non da una Jiddische mame, in questo caso, ma dalla follia paterna Marcus fugge, rifugiandosi in un campus del Midwest bigotto, razzista e anch’esso a suo modo folle, nell’assurdità delle regole, nella psicopatologia della vita quotidiana. E la follia è una condanna da cui Marcus non riesce ad emanciparsi.

Philip Roth, Indignazione, Einaudi, pp.136, euro 17,50.

Anime vagabonde in cerca di un sorriso

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“Solo per uno scherzo del destino questo libro lo scrivo in italiano: la verità è che sarei potuto nascere in almeno tre altri diversi paesi”. Così parla Gad Lerner, giornalista, scrittore, 55 anni, alludendo a tutte le altre vite possibili che, alla stregua di molti ebrei, avrebbe potuto vivere se solo la casualità avesse dipanato il filo della Storia in modo diverso. Altri luoghi, altri destini. Dalle pendici dei Carpazi ad Aleppo, da Boryslaw-Leopoli in Galizia, – città queste mutilate per sempre della loro rigogliosa civiltà ebraica-, fino alla luminosa Beirut di ieri e di oggi, Beirut “col suo splendore agonizzante, città fin troppo favoleggiata” ma incapace di redimersi da catene di lutti e lotte intestine. E infine Tel Aviv, Varsavia, la Milano degli anni ‘50. Quelle che Lerner racconta nel suo nuovo libro sono storie di ebrei in sospeso tra cosmopolitismo e miseria provinciale, anime in viaggio lungo i sentieri tortuosi d’Europa e Oriente, tra memorie malvagie o compassionevoli, quasi sempre struggenti.

Come un diamante

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Dalla provincia alla scintillante Parigi, per amore di Sacha. È urgente e fiammeggiante. Una memoria che germina in narrazione di immagini potenti, magari senza la consequenzialità ordinata di un romanzo classico, ma con l’intensità che solo le esperienze vissute in profondità possono avere. È una scoperta felice

Non smetteremo mai di danzare

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Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele, in un libro del giornalista Giulio Meotti.
Rievocare le vittime, raccontarle come se formassero una catena esistenziale indissolubile, per me era l’unico modo per non lasciarle andare via. Leggere questi racconti è un atto di solitudine volontaria contro l’abbandono di cui furono vittime queste migliaia di giovani e vecchi, bambini e infanti, donne e uomini.” Queste parole, scolpite nell’introduzione del suo nuovo libro, danno il segno di cosa abbia significato per Giulio Meotti scrivere il suo Non smetteremo di danzare: le storie mai raccontate dei martiri di Israele (edizioni Lindau)

Il pesciolino e lo squalo

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della Cultura Ebraica, il Museo Ebraico di Roma presenta “Quando il pesciolino e lo squalo s’incontrarono la prima volta”, di Gilad Shalit