LETTURE (QUASI) EBRAICHE

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come grande testimone della Shoà, grande scrittore impegnato a spiegare instancabilmente le forme della persecuzione antisemita e a battersi per i diritti umani, Premio Nobel per la Pace. O il Wiesel che ricorda la civiltà ebraica orientale, il mondo dello stehtl e la paradossale saggezza del chassidismo. Ma vi è anche un Wiesel pensatore, che usa la sua educazione talmudica tradizionale per affrontare problemi legati al testo della Torah e dunque all’essenza dell’ebraismo.

LETTURE (QUASI) EBRAICHE

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ai procedimenti della filosofia occidentale il pensiero ebraico ha qualcosa di scandaloso, per molte ragioni. Innanzitutto per il suo attaccamento alla tradizione del racconto, non solo alla narrazione della Torà ma anche al midrash, senza rinunciare anche ai suoi aspetti in apparenza più ingenui e favolosi, anzi facendone occasione di riflessione e spiegazione. In secondo luogo per l’uso spregiudicato del significante, non solo attraverso pratiche ermeneutiche codificate come la Ghimatria e il Notarikon, ma anche con l’uso di etimologie, somiglianze, assonanze come strumenti di interpretazione.

ELISIR DI LUNGA VITA IN RIVA ALL’ARNO

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quasi nel solco della tradizione chassidica, sembra aver indotto il comitato direttivo nazionale dell’AME (Associazione Medica Ebraica) ad organizzare a Firenze, a cura dell’attivissimo collega Carlo Beniamino Santarlasci, un convegno dal titolo stuzzichevole di “Elisir di lunga vita” nel bel mezzo del mese di novembre ed in una domenica prevedibilmente plumbea, come puntualmente è stata, che avrebbe altrimenti indirizzato ad una mesta visita ai Sepolcri di foscoliana memoria. Ovviamente, come è nella tradizione ebraica, diversi elementi “nascosti nelle pieghe del testo” al di là della prima impressione superficiale, hanno dimostrato che questa scelta è stata appropriata e stimolante.

Letture (quasi) ebraiche

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l’editoria italiana ha pubblicato molti libri di argomento ebraico: non solo le case editrici specializzate, come l’ottima collana di Giuntina, ma anche le case editrici generali; non solo romanzi israeliani e ricostruzioni storiche e libri sul conflitto medio-orientale, ma anche opere che cercano di offrire alla cultura europea qualche frutto indiretto di quel grande tesoro che è il pensiero ebraico, difficilmente raggiungibile di prima mano a chi non possa basarsi una formazione talmudica, che oggi pochi ebrei possono vantare.

Le pestilenze e il mondo ebraico. Un convegno per comprendere

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epidemiche – sono flagelli naturali con i quali gli ebrei, e non solo loro, si sono dovuti confrontare più volte nella storia. Già agli albori della loro esistenza come popolo essi avevano fatto conoscenza, per l’unica volta da spettatori, con le malattie epidemiche quali furono alcune delle piaghe d’Egitto; più tardi nel corso della permanenza nel deserto, sarà il popolo ebraico stesso ad essere colpito dall’ira del Signore in forma di pestilenza

VI Premio letterario Adei-Wizo a Milano

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vorrebbe vivere più vite, potersi destreggiare contemporaneamente tra vite parallele, comunicare da una all’altra, viverle intensamente. Filippo Tuena si dice stupito di vedersi premiato, lui scrittore non ebreo di Shoah, proprio da un’organizzazione ebraica e ritiene questo un grande onore. Shifra Horn rievoca diversi momenti di vita quotidiana israeliana, punteggiati dalla musica dell’Inno alla gioia, diventato poi titolo del suo romanzo. Filippo Tuena si dice stupito di vedersi premiato. Shifra Horn rievoca diversi momenti di vita quotidiana israeliana, punteggiati dalla musica dell’Inno alla gioia

Passione e tragedia. La storia degli ebrei russi

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di Riccardo Calimani, da poco arrivato in libreria, prosegue la ricerca dell’autore sul mondo ebraico europeo dell’Ottocento e del Novecento. Infatti può essere considerato, per certi versi, un seguito ed un approfondimento del precedente I destini e le avventure dell’intellettuale ebreo. Solo in parte, ovviamente, poiché qui si delinea la storia di tutta la minoranza ebraica nell’impero russo prima, nell’URSS poi. È la storia dello sviluppo di una autocoscienza linguistica, politica e infine nazionale, che porterà allo sviluppo della grande letteratura jiddish e ad un apporto incredibile a quella russa

L’amore mio non può

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il nuovo romanzo di Lia Levi sarà presentato a Roma in occasione delle celebrazioni del 16 ottobre.
racconta una vicenda che parte dal 1938, con il licenziamento, a seguito delle leggi razziali, di Andrea, il marito della protagonista, che un anno dopo attuerà un clamoroso suicidio. Elisa, la vedova, dovrà lottare da sola per provvedere alla sua bambina. Dopo provvisori lavori “in nero” e una drammatica esperienza nell’ufficio del suo datore di lavoro, attraverserà un’altra e per motivi diversi umiliante esperienza lavorativa, come domestica nella casa di una ricchissima famiglia ebrea, dove però alla fine, in quel 16 ottobre 1943, giorno della grande retata degli ebrei romani, proprio quella umiliante esperienza diventerà la ragione della sua salvezza. Di questo libro vi offriamo in anticipazione due brani.

La canzone dimenticata

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tenera e struggente, ecco l’impressione di fondo che rimane dopo la lettura di questi brevi, intensissimi racconti. Scritti da uno degli ultimi autori che ancora oggi, ai nostri giorni, continua a scrivere (e direi a pensare, in senso pregnante) in yiddish. La sua scelta, di perpetuare attraverso la lingua il mondo scomparso della yiddishkeit, quando avrebbe potuto usare il russo, il tedesco, o il romeno, non è stata nostalgia (come dice W. Goldkorn nella sua introduzione), o perlomeno non è stata solo nostalgia, ma “è un modo per resistere”

Torino Spiritualità

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seconda edizione della più importante manifestazione italiana dedicata al pensiero e all’esperienza religiosa; particolarmente significativa non solo per il numero e l’autorevolezza dei conferenzieri coinvolti, ma anche per l’ispirazione verso il dialogo delle religioni e la reciproca accettazione. L’ebraismo, che era già stato partecipante attivo in misura notevole alla prima edizione, quest’anno è stato presente solo a parte della manifestazione

Un messia in calzamaglia

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Il supereroe americano dalla forza sovrumana, con la sua divisa blu e rossa e l’inconfondibile S inscritta nel triangolo, con la sua allergia alla kryptonite è di nuovo fra noi, dopo un’assenza di quasi vent’anni.
Dall’ultima edizione, Superman IV del 1987, la figura, o meglio, la professione dei supereroi ha subito notevoli trasformazioni. Più seri come Batman, meno soggetti agli imperativi categorici della morale come gli X-Men, più sensibili come Spiderman, essi vivono e agiscono in un mondo da cui è scomparso ogni ideale di giustizia e di verità.