di Dolfi Diwald
Solo nei primi quattro anni della mia presidenza, furono circa 100 le coppie che si conobbero frequentando il Centro e creando poi una famiglia ebraica.
Mi rivolgo a tutti coloro che per motivi di età o perché non vivevano a Milano o per altri motivi non sono al corrente di quanto in passato la nostra Comunità ha fatto per contrastare il fenomeno, ormai da quasi vent’anni inarrestabile, dell’assimilazione. In particolar modo mi rivolgo ai Consiglieri neo eletti.
Negli anni ‘60 un grande punto di attrazione per i giovani era stato il Club 45 dove i giovani si potevano incontrare tutte le sere e dove si organizzavano incontri di carattere culturale e ricreativo.
Negli anni ‘70 nacque in Corso Venezia 16, presso il grandioso Palazzo Serbelloni, il “Nostro Club” frequentato e voluto in primis dal gruppo egiziano e persiano, dove nel magnifico salone ottocentesco, tutte le sere si organizzavano dei tornei di bridge, di backgammon e dove molti amavano giocare al gioco delle carte; naturalmente c’era un bellissimo bar dove era possibile anche trovare degli appetitosi aperitivi e bevande di ogni genere, un servizio di guardaroba e altre sale adibite a biblioteca o a incontri riservati. In questo salone spesso si organizzavano grandi e sontuose feste da ballo, conferenze con ospiti importanti; storica fu la partecipazione di Moshè Dayan. In seguito il piano superiore fu deciso venisse dedicato esclusivamente ai giovani e qui cercai naturalmente di organizzare tutti quegli eventi che potessero attirare i giovani, con una sala dedicata al ping pong e tante altre iniziative disponibili tutte le sere; con me c’erano allora i fratelli Del Mare, Giuliana Ravenna e altri.
Negli anni ‘70 qualcuno propose al Consiglio della Comunità di aprire un locale in centro solo per giovani, gestito dai giovani, ma anche allora la Comunità, trovandosi in difficoltà finanziarie rispose che non era possibile. Durante una serata di consiglio ormai storica, un Consigliere, alzandosi in piedi, disse in milanese: «“Ghe pensi mi” a pagare l’affitto di questo locale, trovatelo». Questo signore si chiamava Davide Hodara, z’l.
Nacque così, il 3 marzo del 1974, nel cuore di Milano, in via Sant’Antonio, tra la Statale e via Larga, il “Centro sociale Maurizio Levi” in memoria di un giovane ebreo milanese partito volontario nella guerra del ‘73 di Kippur e morto a bordo del suo carro armato. Io ebbi l’onore di essere rieletto per i primi quattro anni Presidente e assieme al mio Consiglio esecutivo, affiancato da un Comitato coordinatore che comprendeva un rappresentante di ogni organizzazione ebraica, dal Bené Akiva all’Hashomer Hatzair, dal Cge al Maccabi, dal Gruppo sionistico a tutti i gruppi che desiderassero farne parte, il “Centro sociale Maurizio Levi” iniziò le attività. Oltre al Consiglio esecutivo e al Comitato coordinatore, prezioso fu il lavoro dell’allora direttore Alberto Corcos e della segretaria signora Wanda.
Il locale, al quale lavorammo per un anno, riunendoci quasi tutte le sere in una sala di via Guastalla, prima di essere aperto era una falegnameria grande 800 metri su due livelli; lo trasformammo in un posto bellissimo, con una grande sala, una sala più piccola, la sala giochi, dove venne messo il ping pong e il calcio balilla, una fornitissima biblioteca, un bar con sedie e tavoli dove poter gustare pitta e falafel preparati dal grande Carol. Tutte le domeniche, di sera, si tenevano le lezioni dei balli israeliani; il mercoledì era dedicato ai vari gruppi che ne facevano richiesta; il sabato sera era stata creata un postazione fissa per un disc jokey e si ballava. C’era poi un maxi schermo dove i nostri tifosi di calcio si incontravano per guardare insieme le partite, oppure dei film italiani o israeliani, o documentari e quant’altro.
Molti erano i genitori che organizzavano per i loro figli più piccoli delle festicciole la domenica pomeriggio, anche Bar Mitzvà e Bat Mitzvà, così come pure molti erano i giovani universitari e liceali che, alla ricerca di un posto silenzioso e confortevole, venivano al pomeriggio per studiare.
Indimenticabili poi i Seder di Pesach officiati da Rav Rodal ai quali partecipavano tantissimi giovani. Molte le serate con ospiti importanti del modo della cultura, del giornalismo, della politica… tra gli altri mi fa piacere ricordare gli incontri con Begin, Spadolini, e con tanti ospiti nel campo musicale, da Renato Zero agli Inti Illimani.
Solo nei primi quattro anni della mia presidenza, furono circa 100 le coppie che si conobbero frequentando il Centro e creando poi una famiglia ebraica.
Un’altra iniziativa che è servita ad aggregare una trentina di giovani è stata la nascita, negli anni ‘80, della Compagnia italiana di Teatro Yiddish. Chiamai una trentina di giovani della nostra Comunità per mettere in scena commedie della cultura Yiddish; naturalmente quasi tutti mi diedero del matto, poi invece per un anno tutte le settimane ci si riuniva per le prove al “Nostro Club” sotto la guida di un regista professionista, tra gli altri anche di Gioele Dix. Andammo in scena al Teatro Ciak, al Pier Lombardo e facemmo anche una serata in un teatro a Roma.
(grazie a Loretta Modigliani per le immagini del gruppo di teatro)