Di Vanessa Alazrachi
Da quando, circa 5 anni fa, ho preso la delega per occuparmi del servizio sociale della comunità ebraica, mi sono resa conto di quanto la sua attività sia praticamente sconosciuta ai più. Io stessa, prima di occuparmene in prima persona, non avevo la più pallida idea di cosa fosse e quanto aiutasse i membri della comunità. Per questo motivo, oggi, sento l’esigenza di “pubblicizzare” questo servizio: da un lato per dare alle persone che tanto si dedicano il giusto e pubblico riconoscimento e dall’altro per lanciare un appello a tutti i nostri iscritti per dare una mano, un contributo che può essere dato nella forma che meglio si confà al donatore stesso (impegno personale, supporto professionale, sostegno economico che sia).
Il nostro servizio sociale, costituito da due brave e solari professioniste, Elena Gemelli e Ramesh Khordian, coordinate da un’esperta responsabile, Dalia Fano, si occupa di ascoltare il disagio e accogliere le più svariate e molteplici richieste di aiuto da parte di persone in difficoltà della nostra comunità.
Molti si rivolgono a noi per chiedere un supporto economico perché sempre più persone, ma soprattutto nuclei familiari (quindi anche con figli piccoli da crescere), fanno fatica a mantenersi autonomamente a causa della crisi economica che oramai da qualche anno attanaglia il nostro Paese.
Secondo noi la tzedakà migliore è quella che restituisca la dignità e l’autonomia alla persona richiedente, e seguendo questa linea guida, cerchiamo sempre di inquadrare il bisogno in una cornice più ampia del mero assistenzialismo.
A livello pratico questo significa accogliere la domanda dell’assistito, farne un’analisi attraverso le competenze professionali delle persone che gestiscono il servizio (spesso ci avvaliamo anche della collaborazione di una psicologa o del supporto di altri professionisti specialisti) e restituire una risposta che è anche progetto, con l’obiettivo di stimolare le risorse interne delle persone (motivazione, sicurezza di sé, e così via) e attivare le risorse esterne (rete familiare, amicale e territoriale) di cui a volte il soggetto è ignaro.
È un lavoro impegnativo ma anche molto soddisfacente per le persone che vi si adoperano.
Nello svolgimento dell’attività dobbiamo assicurare il miglioramento professionale continuo e la ricerca di sinergie e innovazione nelle metodologie. Spunti di forte arricchimento ci sono venuti dalla partecipazione ad una Conferenza Mondiale Ebraica sul Walfare (Amsterdam, 11-14 dicembre 2016) organizzata dall’European e dall’American Jewish Distribution Commitee, il cui tema principale era il potere del volontariato come forma di resilienza: la capacità dunque di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà o sofferenze emotive individuali con una rete di solidarietà fatta da volontari.
Durante i lavori della conferenza, è emersa la centralità del volontariato e dell’aiuto al prossimo in difficoltà quale strumento alternativo determinante, perché spesso non ci sono i mezzi economici per attivare i servizi nella misura e nell’intensità necessarie per far reagire al disagio (resilienza). Un volontariato solidale ed efficiente può essere alla base del sistema di sostegno e riattivazione delle risorse personali.
Quello che succede nel resto del mondo ebraico si applica anche alla nostra comunità milanese: anche noi abbiamo bisogno di allargare la nostra rete di risorse di aiuto, per ampliare e rendere più efficaci gli interventi e le risposte alle richieste, espresse o silenti, di aiuto.
Il volontariato esiste già nella nostra comunità ed è eccellente. Conosciamo tutti la preziosa opera svolta dal Volontariato Sharon Biazzi e da Beteavon e sappiamo che ci sono molte altre iniziative. Il nostro appello coinvolge tutti, al di là dell’istituzione o dal cerchio di appartenza: servono più risorse, dobbiamo diventare più capillari.
È da un po’ di tempo che al Servizio Sociale nutriamo un sogno: quello di una solidarietà senza confini.
Nella nostra realtà, molte sono le persone che, per lodevole spinta personale o all’interno di gruppi e associazioni, fanno del bene al prossimo; il desiderio e il sogno che ci muove è allora quello di far confluire la ricchezza di tutte queste esperienze sotto una grande Khuppà nuziale, in nome di un bene comune, la nostra Comunità, che con resilienza appunto, trova in sé le risorse per trasformarsi e crescere.
Il target primario è quello degli anziani soli, che hanno bisogno di compagnia, aiuto pratico o stimoli alla socializzazione, ma ci sono anche adulti e giovani che dobbiamo aiutare a uscire da circoli viziosi di passività o negatività.
È dimostrato che qualsiasi siano le motivazioni caratteriali, politiche o religiose che ci spingano all’attività del volontariato, più la si compie e maggiori sono le soddisfazioni personali ed emotive che possono derivarne. Quindi, in definitiva, la nostra risposta alla crisi è trasformarla in un’opportunità di crescita e per farlo abbiamo bisogno di tutti voi. Non abbiate timore o remore alcuna, iniziate col contattarci e insieme troveremo il modo migliore e più in sintonia con voi stessi per essere d’aiuto. L’importante è iniziare!
Rabbi Nachman di Breslav (pensatore, saggio e Tzaddik, pronipote del Baal Shem Tov) disse: “Con gioia puoi dare vita al tuo prossimo, quando vai da una persona con un volto sorridente è come se la facessi rivivere e questo è qualcosa di veramente grande”.
Nella foto: Il team del Servizio Sociale con l’Assessore Vanessa Alazraki e la Vicepresidente con delega al Welfare Antonella Musatti
Contatti: Ramesh Khordian
Elena Gemelli 02 483110 229 / 261
IBAN:
IT 26S 033 5901 60010 00000 75296