di Giorgio Sacerdoti
È mancata Luisella Mortara Ottolenghi. Ha segnato un’epoca dell’ebraismo milanese e italiano. Una lunga e seria attività di studiosa e di organizzatrice in molte attività
Con la scomparsa di Luisella Ottolenghi Mortara (“la Luisella” per la vasta cerchia dei suoi amici ed estimatori) viene meno nell’ebraismo italiano e milanese una figura che ha segnato un’epoca. Quella del consolidamento nel nostro Paese di quelle istituzioni ebraiche che, costituite o rifondate dopo la guerra e le persecuzioni, dovettero trovare guide, sostenitori, fondi e organizzazione idonee a renderle permanenti e adeguate alle esigenze, che via via cambiavano, dell’ebraismo italiano. È stato questo il caso di Luisella e del CDEC, un binomio indissolubile da prima che lei ne assumesse formalmente la presidenza nel 1980, mantenendola fin quando la salute glielo ha permesso nel 2004.
Il Centro di documentazione ebraica contemporanea era stato costituito a Milano nel 1956 da parte dei giovani della FGEI sotto forma di una associazione con scarsi mezzi che andava avanti soprattutto grazie al volontariato, per raccogliere prove e materiali e tenere vivo il ricordo della Shoah. Pur così esile, il CDEC aveva acquistato (grazie alla sua prima segretaria e instancabile animatrice, Eloisa Ravenna, morta prematuramente) una reputazione di serietà negli ambienti storici fino a essere ufficialmente incaricato, dalle procure tedesche che indagavano sui responsabili dei crimini nazisti in Italia, di fare le ricerche storiche documentarie per loro conto.
Luisella raccolse il testimone. Attivando tutti i suoi numerosi contatti, entusiasmando al compito un gruppo selezionato di giovani ebree competenti ed impegnate, e infine – non ultimo – mettendo mano generosamente alle risorse famigliari, diede al CDEC certezza e continuità.
La sua guida, dolce ma ferma, indirizzava i dubbiosi, spronava i disorganizzati, motivava tutti. La sua direzione fu decisiva perché la ricerca sui deportati, che mirava a dare a tutti loro un nome e una data, da lungo tempo in cantiere, si concludesse rapidamente nelle salde mani di Liliana Picciotto (Il Libro della Memoria, 1991).
A Luisella Mortara si devono numerose altre iniziative e i relativi risultati, anche quando lei non appariva, così per l’istituzione del Giorno della Memoria da parte del Parlamento nel 2001, e per il generale riconoscimento al CDEC di essere diventata un’istituzione di eccellenza.
Per la sua opera al CDEC, la professoressa Luisella Mortara poteva fare affidamento su una lunga e seria attività di studiosa (i codici ebraici miniati del Rinascimento), di organizzatrice in molte attività (a fianco del marito Amedeo Mortara), e sulle sue vaste conoscenze nel mondo politico, specie quello più vicino e sensibile alle nostre istanze e a Israele. Fu sempre una fervida sostenitrice di una visione alta e laica della politica, ispirata alla tradizione del Risorgimento che era parte del suo patrimonio famigliare. Fu quindi vicinissima a Spadolini (con lei nella foto in alto) nel partito Repubblicano, ben prima che egli diventasse presidente del consiglio nel 1981-82, e ne fu ricambiata con grande amicizia.
Fu anche consigliera dell’Unione delle Comunità (nel 1974-78) ma il CDEC rimase sempre la sua creatura preferita, quasi un figlio accanto all’unica figlia Raffaella, che l’ha seguita in questo impegno ricoprendo in esso la posizione di vice presidente. Il Centro di documentazione, ricordiamolo, è una istituzione profondamente ebraica nella matrice, nelle preoccupazioni e negli obiettivi, ma è al tempo stesso parte integrale della società italiana, nella quale opera come ente culturale assolutamente laico, cooperando con le istituzioni culturali pubbliche e in dialogo costante con tutti i possibili referenti. Ne è testimonianza l’omaggio di tanti studiosi, ebrei e no, che le fu rivolto con i due volumi di studi in suo onore della Rassegna mensile di Israel nel 2003, dedicati all’Ebraismo italiano nel Novecento.
La grande famiglia del CDEC sente il colpo della sua mancanza, anche se Luisella non era più in grado di seguirlo da parecchi anni per ragioni di salute. Sono i suoi allievi, e soprattutto le sue allieve, che ancora ne costituiscono il nerbo e che lo portano avanti in un contesto in evoluzione, dove gli anni delle persecuzioni cessano di essere esperienze personalmente vissute, e nuovi compiti di studio e di ricerca, di pubblicazioni, ma anche di vigilanza sull’antisemitismo, attendono un istituto storico documentario unico come il CDEC.