di Nathan Greppi
La pandemia non ha fermato le attività di JSpot, sito e gruppo di incontri per single ebrei in cerca dell’anima gemella, inaugurato nell’aprile 2020 e ai cui eventi partecipano membri di diverse comunità. Una sorta di “shidduch virtuale” per chi non ha mai avuto una relazione stabile, o per chi vuole rialzarsi dopo un divorzio, a dimostrare che non è mai troppo tardi per trovare l’amore della propria vita.
Ma come è cambiato l’amore ai tempi della pandemia? “Negli ultimi mesi abbiamo pensato di sopperire all’isolamento dei single facendo trasmissioni settimanali su Zoom, condotte da Micaela Pavoncello per la regia mia e di Amos Guetta – spiega a Bet Magazine il fondatore di JSpot, Dario Hayun. – Li facciamo tutti i mercoledì, ogni volta con un tema diverso, ad esempio sull’approccio da usare per provarci con qualcuno. In genere organizziamo anche dei giochi a premi in cui i vincitori ricevono bottiglie di vino, che ci vengono offerte da servizi di catering. Poi ci sono le serate dopo ogni Shabbat, in cui facciamo ritrovare vari single che dialogano tra loro.
Abbiamo fatto anche una diretta in cui parlavamo della serie televisiva Shtisel il 25 marzo, quando è uscita su Netflix la terza stagione”.
Per quanto riguarda le fasce di età e la provenienza geografica dei partecipanti, Hayun spiega che “al momento vanno soprattutto dai 40 ai 60 anni; speriamo di allargarci anche ai giovani, che però dovrebbero avere la pazienza di stare nel gruppo finché non trovano un altro single della loro età. All’inizio eravamo circa 50, ora siamo una ventina. Le comunità da cui vengono per la maggior parte sono Roma, Milano, Firenze e Bologna, alle quali spesso si aggiunge qualcuno collegato da Israele”. E sebbene sia molto più difficile far incontrare le persone in tempi di isolamento sociale, anche da situazioni come quella che stiamo tutti vivendo si è cercato di trarre lezioni importanti: “Ne abbiamo approfittato per insegnare ai nostri partecipanti come mettersi in posa di fronte alla webcam in modo da fare bella figura”.
Hayun ha concluso spiegando di non aver attinto più di tanto a esperienze simili all’estero, anche per ragioni economiche: “Ho visto che purtroppo queste cose funzionano soprattutto se a pagamento, mentre io cerco di farlo gratis. Il mio desiderio è di allargare il ghetto, non di renderlo ancora più chiuso. Non abbiamo mai fatto pagare quote ai partecipanti, solo alcuni ci hanno fatto delle offerte che in parte abbiamo devoluto alla deputazione ebraica. Anche il dominio del sito lo pago con i soldi del mio lavoro”.