Le parole sono pietre: la maldicenza nella cultura ebraica

Insider-Associazioni

di Paolo Castellano

Da sinistra Roberto Zadik, Rav Rodal e Rav Lazar
Da sinistra Roberto Zadik, Rav Rodal e Rav Lazar

Il 21 dicembre presso la sinagoga Beth Shlomo si è svolto l’incontro intitolato “Le parole sono pietre. Dalla maldicenza, al pettegolezzo, alla satira. Fra ebraismo, informazione, diritto e vita quotidiana” organizzato dall’Associazione Amici di Israele. Il dibattito è stato sapientemente condotto dal giornalista Roberto Zadik che ha moderato gli interventi di due autorevoli rabbini come Rav Lazar e Rav Rodal.

Era presente anche l’assessore alla Cultura della Comunità Davide Romano che ha introdotto così la discussione sulla maldicenza nel mondo di oggi: «Le mie riflessioni sul tema della maldicenza provengono in gran parte dalla lettura del libro Le leggi della maldicenza di Chafetz Chaym (Morashà editore) in cui si analizza la gravità del parlar male. In questo volume sono contenute regole molto precise che possono essere applicate nei discorsi di tutti i giorni.

Inoltre se pensiamo ai canali d’informazione, possiamo notare che attualmente si parla molto della “post-verità”. Questo termine indica una bugia, una distorsione comunicativa che porta l’interlocutore ad interpretare i fatti e a raccontarli in base ad una propria convinzione personale.

È una vera e propria truffa delle parole che trova terreno fertile su internet: nell’ultima campagna elettorale americana sono nati molti siti di informazione che diffondevano notizie false con l’obiettivo di far soldi con le visualizzazioni attirando attraverso l’inganno l’attenzione degli elettori americani. Queste distorsioni sono molto pericolose perché inquinano la democrazia».

Dopo l’introduzione di Davide Romano ha preso la parola Rav Rodal che con frizzanti parole ha espresso la sua opinione sull’argomento della serata: «Una volta c’era più educazione, più senso di giustizia ed eravamo abituati a farci un esame di coscienza mentre oggi siamo distratti da altri valori che ci rendono vuoti. Nella vita di un uomo non ci sono solo i soldi, molti dedicano la loro esistenza a inseguire il denaro, ma anche altri scopi come il costruire una famiglia».

Rav Rodal ha affermato che la Torah non ammette la maldicenza neppure nei confronti di un sordomuto. Chi offende e parla male di qualcun altro ha solo voglia di danneggiare il prossimo perché dentro di sé non possiede nessun valore.

Rav Rodal ha inoltre spiegato che quando un ebreo parla male di un altro contravviene a uno dei dieci comandamenti: «Nel sesto comandamento Ashem ha vietato di uccidere. Quando malediciamo qualcuno noi lo vogliamo danneggiare e diventiamo così il suo nemico. Lo stesso Davide nel salmo 42, 11 si lamentava dei propri avversari evocando la maldicenza».

Nell’ultima parte del suo intervento, Rav Rodal ha spiegato che, contrariamente alla diffamazione, la critica a fin di bene è ammessa.

L’ultimo contributo è stato elaborato da Rav Lazar che ha aggiunto ulteriori riferimenti presenti nella cultura ebraica: «La Torah per un ebreo rappresenta un insegnamento che indica come vivere su questo pianeta. Nel testo sacro l’uomo viene definito come “colui che parla” e si distingue dal mondo minerale, vegetale, animale proprio per la parola. L’uomo ha dentro di sé uno spirito di parole: grazie al linguaggio gli esseri umani hanno nelle loro mani la natura».

Rav Lazar inoltre ha rievocato l’episodio biblico della Genesi in cui il serpente ha parlato male di Ashem causando sofferenza nei confronti di Adamo ed Eva che hanno sperimentato le conseguenze della maldicenza.

«Le parole non costano nulla ma “la vita e la morte è sulla lingua” diceva re Salomone.

Noi abbiamo ereditato la maldicenza  dal serpente, abbiamo appreso da lui le conseguenze del parlar male e il danno che possono fare le parole. Quando parliamo dobbiamo fare attenzione a ciò che esce dalla nostra bocca».

Rav Lazar ha anche analizzato il valore della parola al tempo dell’innovazione tecnologica: «Oggigiorno con il progresso tecnologico ha preso piede la cultura dell’apparenza ma nell’apparenza non c’è sostanza. La sostanza l’abbiamo nei rapporti umani. La società dovrebbe dunque sviluppare un’educazione alla vita che nelle scuole manca.

Quando abbiamo mangiato dall’albero della sapienza, il male e il bene si sono mischiati. L’atomo, come la parola, può illuminare le città ma anche distruggerle se inserito in una bomba.

Le cause delle guerre sono anche i giornali. Il giornalismo non si occupa delle buone notizie ma solo di quelle negative di forte impatto emozionale e francamente negli ultimi tempi leggo degli articoli che sono delle pure invenzioni»

Infine Rav Lazar ha chiuso il suo intervento affermando che la scelta tra giusto e sbagliato, come disse Maimonide, avviene attraverso l’esercizio del libero arbitrio e dunque sta all’uomo far del bene o far del male con le parole perché, citando il titolo di un’opera di Carlo Levi, Le parole sono pietre.