di Ester Moscati
Il volto di Lucia Annibali, dolorosamente ricostruito dopo lo sfregio dell’acido, è diventato ormai un simbolo, italiano, di quella violenza che è trasversale in tutti i sensi: geografico, sociale, economico, culturale. È il caso oggi mediaticamente più esposto, ma solo uno fra i tanti episodi gravi, gravissimi che rappresentano quella battaglia dell’uomo contro la donna che sempre più spesso, purtroppo, arriva fino all’omicidio “di genere”, al “femminicidio”, orrenda parola per un orrendo crimine.
“La grave preoccupazione per l’aumento degli omicidi e della violenza contro le donne – in quanto donne – è il motore che ha spinto l’ADEI WIZO a votare all’unanimità, durante l’Assemblea generale delle associate, una mozione che impegnava la dirigenza a promuovere e organizzare questo incontro” dice Ester Silvana Israel, presidente nazionale dell’Adei Wizo, aprendo i lavori del convegno “Prevenire e combattere la violenza sulle donne. Percorsi a confronto”, che si è tenuto il 7 maggio, alla Casa dei Diritti di Milano. Il Convegno, organizzato e promosso da ADEI WIZO nazionale in collaborazione con il Blog La 27ora del Corriere della Sera e SVS Donna Aiuta Donna Onlus, è stato presieduto da Luisa Pronzato, giornalista del Corriere della Sera, e ha visto la partecipazione di Alessandra Kustermann, primario e responsabile del Soccorso violenza sessuale e domestica della Clinica Mangiagalli di Milano; Elisabetta Bacca, neuropsichiatra infantile, che ha parlato di “Stereotipi di genere nella fase preadolescenziale”; Daniela Dawan, avvocato penalista, che si è soffermata sul tema “Dallo stalking alla ratifica della convenzione di Istanbul”; Marco De Nunzio, vice Questore aggiunto della Polizia di Stato su “Strategie di contrasto alla violenza di genere”. Laura Ballio, caporedattore presso Corriere della Sera/Sette e La 27ora, ha raccontato la sua visita alle “Case rifugio Wizo: un laboratorio multiculturale”. Paolo Giulini, responsabile presidio criminologico territoriale del Comune di Milano su “Trattamento intensificato dei sex offenders”. Gabrielle Fellus, Istruttrice Krav Maga e del Seminario di difesa per donne Stay Away, ha parlato di “Trasformare la mente ed il corpo in poche ore”.
“Da sempre attiva per la promozione dello status della donna in ogni settore della vita, la nostra associazione ha deciso di unire la propria voce a tutte le altre che si fanno sentire per dire un no definitivo alla violenza contro le donne – continua la presidente Silvana Israel -. La violenza contro le donne, così come tutti gli altri tipi di violenza, è prima di tutto una palese violazione dei diritti umani. Sin dalla sua fondazione nel 1920, la WIZO, che è una delle più grandi organizzazioni femminili a livello mondiale, opera per il miglioramento della condizione femminile in ogni aspetto della vita. È presente come ONG nell’ambito degli organismi internazionali e in questo contesto è molto attiva contro la violenza sulle donne.
Oggi in Israele la WIZO rappresenta il più importante movimento femminile, partner del ministero del Lavoro e degli Affari sociali. Gestisce centri di supporto per madri single, uffici di assistenza legale, centri di prevenzione e trattamento della violenza in famiglia e case rifugio per donne vittime di violenza domestica e per i loro figli.
La violenza colpisce tutti i segmenti della popolazione indipendentemente dal loro status sociale. Colpisce ricchi e poveri, istruiti e non istruiti. Esiste tra ebrei, arabi, drusi e beduini.
Dietro le statistiche vi è un baratro di profondo dolore, storie strazianti, vite di donne e bambini che vengono spezzate; chi sopravvive è segnato per tutta la vita da profonde cicatrici fisiche ed emotive”.
Nel corso del convegno, una particolare attenzione è stata dedicata proprio al lavoro della WIZO in Israele: “Abbiamo pensato – dice ancora la presidente – che la particolare composizione multietnica dello Stato d’Israele rendesse interessante riferire in merito alle strategie adottate dalla WIZO nel condurre i propri centri di accoglienza e in particolare i rifugi per donne vittime di violenza. La varietà di culture e di sfumature culturali della società israeliana rendono più complesso il già difficile lavoro da svolgere, ma proprio a causa di queste difficoltà è richiesto un maggior sforzo creativo nella ricerca di soluzioni adeguate ad ogni persona ed alla sua identità”.
La WIZO in Israele, per esempio, ha reso operativa, da circa un anno, una linea telefonica di ascolto dedicata agli uomini che sono coinvolti nel ciclo della violenza. “Si tratta di una hotline unica, e per quanto ne sappiamo la prima del suo tipo nel mondo. Gli uomini che ad essa si rivolgono possono rimanere anonimi, raccontare di come sentano certi sentimenti violenti crescere dentro di sé; e tramite la parola e l’ascolto, imparare a contenerli e controllarli. La linea è gestita da personale professionale che lavora, fianco a fianco con gli uomini volontari ex violenti, che dopo la terapia sono riusciti a rompere il cerchio della violenza. È ora che uomini comincino a prendere atto che il problema esiste e non riguarda solo gli altri. Che esiste un mondo sommerso di violenza e che solo insieme si potrà avviare il necessario e profondo cambiamento nelle relazioni, per imparare a gestire i conflitti all’interno dei rapporti”.
La Wizo ha presentato alla Knesset una proposta di legge per l’istituzione di tribunali dedicati esclusivamente ad affrontare la violenza domestica, ispirandosi agli oltre 300 tribunali specializzati esistenti in vari Paesi tra i quali Stati Uniti, Inghilterra, Canada e Spagna. In breve, secondo questa proposta di legge, questi tribunali sarebbero basati sul concetto di “one judge for one family”, che in sostanza significa che ogni caso di violenza domestica dovrebbe essere seguito dallo stesso giudice per l’intera durata del percorso del processo legale. In questo modo, le donne non sarebbero costrette a ripetere e ripercorrere ogni volta la propria storia, a rivivere le proprie sofferenze.
“Cambiare la cultura che sta alla base della violenza è un lungo percorso – conclude Ester Silvana Israel – Crediamo che gli ostacoli da rimuovere siano l’indifferenza, la non partecipazione, il ‘chiamarsi fuori perché riguarda altri’. Noi donne ebree italiane, proprio in quanto ebree, sappiamo quanto sia pericolosa l’indifferenza per questo oggi siamo qui”.
Le case protette della WIZO in Israele.
Laura Ballio, come inviata del blog La 27ora del Corriere della Sera, ha raccontato la sua visita alle “Case rifugio Wizo: un laboratorio multiculturale”.
“Per uno stage di aggiornamento del Corriere, legato al progetto del blog La 27ora contro la violenza di genere, ho visitato la casa rifugio per donne maltrattate, gestita dalla WIZO, vicino a Gerusalemme. – ha detto – L’organizzazione mi ha dato il massimo supporto, presentandomi a personalità alla Knesset che lavorano sul tema e aprendomi le porte delle strutture”.
Che cosa ha riportato in Italia della sua esperienza israeliana? “Ci sono stati tre aspetti che mi hanno particolarmente colpita e dato spunti di riflessione validi anche per la situazione italiana. Il primo nasce proprio dalla visita alla casa protetta: il multiculturalismo. Ci sono donne di diverse etnie e origini: israeliane, che temevano moltissimo di essere riconosciute; eritree, russe; una giovane donna del Nepal con il suo bimbo di nove mesi. Alcune di loro avevano storie di immigrazione legale, giunte in Israele con l’Alyià. Altre invece erano immigrate clandestine, come ne abbiamo tante in Italia. Nella loro storia c’è spesso l’incontro con un ragazzo o un uomo che cerca nella donna debole – per la propria condizione sociale – quasi una ‘schiava’, una figura femminile sottomessa, con un ruolo subordinato, come le ragazze israeliane di solito non accettano di essere, essendo una società dove la donna è fortemente emancipata.
Della casa rifugio mi ha impressionato l’organizzazione impeccabile, il personale giovane ma estremamente preparato e competente. Conducono persino attività di pet-terapy per i bambini, grazie ad alcuni grossi conigli. Le stanze sono piccole ma ben attrezzate. La gestione è collettiva, ci sono i turni per le varie mansioni. Nei turni di cucina si sviluppa anche un momento di incontro tra le diverse culture, attraverso la preparazione dei cibi dei vari Paesi di origine; si crea così un primo scambio attraverso l’atto del “nutrire”, così femminile, così condiviso. Dice tanto anche il diverso modo di accudire i bambini. È un confronto molto interessante.
Le donne e i loro figli sono molto accuditi, protetti e sostenuti nei passaggi successivi, fuori dalla casa, quando possono vivere prima in appartamenti condivisi, poi anche da sole con i loro bambini, se vengono meno le esigenze di anonimato e protezione fisica. E poi c’è il supporto per il reinserimento nel lavoro.
Poi, anche lì si vivono le stesse problematiche che si vedono in tutto il mondo: c’è una bellissima donna eritrea, che vive da tre anni nella casa rifugio, con i suoi tre figli. L’ultimo ha un anno. Infatti, per un periodo, era uscita dalla casa e tornata a vivere dal suo uomo. Ma è ripreso il ciclo della violenza. Spesso, in tutto il mondo, c’è questa dinamica per cui le donne tornano dai loro aguzzini.
Il secondo spunto di riflessione riguarda il “diritto collaborativo”. Tramite la WIZO ho incontrato Irit Gazit, responsabile del direttivo questioni legali dell’associazione, che mi ha spiegato come in Israele si stia sviluppando questo settore giuridico per cui si cercano di affrontare le controversie tra genitori prima di arrivare di fronte a un giudice. È stato dimostrato infatti che la tensione del confronto giudiziario è spesso la molla della violenza. È quindi fondamentale affrontare e dirimere le controversie con una consulenza legale familiare prima di giungere al momento critico. E di farlo anche potendo usufruire del gratuito patrocinio, grazie a strutture pubbliche legate alle amministrazioni locali, per tutte quelle coppie che non si possono permettere un’assistenza a pagamento. Ho potuto constatare la situazione a Ramat Gan e a Bneì Berak. Nella cittadina religiosa, dove vivono 167.000 ultraortodossi, la WIZO ha collaborato alla realizzazione di una struttura per donne maltrattate, specifica per accogliere le madri e i bambini garantendo kashrut e rispetto per le mitzvot. Anche qui si diffonde il diritto collaborativo con gratuito patrocinio. Anche in Italia esiste il “diritto collaborativo” ma sono meno di 10 all’anno le cause che seguono questo percorso, mentre in Israele è ormai d’ordinaria amministrazione. Sarebbe davvero importante diffondere anche qui questa consapevolezza, attraverso strutture comunali.
Il terzo aspetto che mi ha colpito, e che secondo me andrebbe adottato anche in Italia, è quello del Tribunale della Famiglia, di cui mi ha parlato alla Knesset il Giudice Judy Kluger giudice dello Stato di New York, durante un incontro organizzato dalla WIZO per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il principio è quello di One Family – One Court; una corte cioè che racchiuda tutte le questioni di diritto di famiglia, dall’affido dei minori, alla potestà genitoriale, alle condizione della separazione, fino al penale. Questo perché le donne non debbano ripetere e rivivere di fronte -ogni volta- a un diverso giudice le problematiche della propria famiglia e la storia di violenze che l’ha segnata. È un obiettivo importante, che in Israele trova un limite nella separazione tra tribunali civili e religiosi e che in Italia potrebbe cozzare contro le diverse competenze: può sembrare difficile contemperare i vari aspetti, ma sarebbe davvero utile e molto “umano”. Trovo orribile che una donna debba ogni volta raccontare la propria dolorosa vicenda.
Nel complesso, la visita alle istituzioni WIZO in Israele è stata un’esperienza interessantissima, toccante e stimolante, per tutto ciò che l’esempio israeliano può insegnare. Anche a noi in Italia”.