di Daniela Di Pace
Raccontare Maurice (nome ebraico Moshe Joshua Levi) Merkbes z.l. in poche righe non basterebbe.
Maurice era unico nel suo genere, scapigliato, disordinato a volte distratto, ma sempre presente e con una energia positiva una carica umana difficile da trovare. Sempre pronto a tendere la mano, ma, soprattutto sempre pronto ad avvicinare anche i più lontani, anche i meno credenti all’ebraismo, con rispetto delle idee e con caparbietà e simpatia.
Era conosciuto da tutti a Milano2, dove del Jolly Hotel Residence aveva fatto la sua casa per ben oltre 25 anni.
Il venerdì, passando sotto il suo balcone, si poteva sentire l’odore del choolent che preparava per lo Shabbat. E questa sua voglia di avvicinare e di unire la piccola Comunità di ebrei “Milanduesi” gli ha fatto creare il piccolo tempio che all’inizio era in una sala del Jolly Hotel e, successivamente, dove si trova ora, in una sala del Centro civico ex scuola elementare.
Lo conoscevano tutti, proprio tutti, allo Sporting club Milano2, l’altra casa di Maurice dove con alcuni di noi passava il tempo tra una conversazione e un bagno in piscina.
Tanti di noi gli devono molto: vicino nei momenti belli, abbiamo festeggiato bar-mitzvà, compleanni, feste religiose; essendo sempre in contatto con i Chabad, si adoperava a far arrivare i Rabbini a sue spese, per poter officiare le preghiere durante le festività nel nostro tempietto.
In questo era un vulcano, voleva ampliare, far crescere, e soprattutto non disperdere l’ebraismo di questa nostra piccola Comunità.
Ma altrettanto era vicino anche nei momenti tristi, nelle shivà di persone care che nel corso degli anni sono venute a mancare. Nel confortare chi avesse un problema, cercando di risolverlo.
Io ho voluto festeggiare proprio con la Comunità di Milano2 nel nostro tempietto il bar-mitzvà di mio figlio; lo Shabbat lo abbiamo fatto a Milano2 e lui si è adoperato per far arrivare il Rabbino e far sì che tutte le regole fossero rispettate.
Chiunque lo chiamasse per un problema, era sempre disponibile, non diceva mai no.
Ricordo ancora la sua cara mamma che dal Belgio veniva a trovarlo per passare le feste con lui e con la nostra piccola Comunità, e durante le preghiere cantava a voce acuta, proprio per questo l’avevamo soprannominata Whitney.
Gli ultimi anni non sono stati facili per lui. Dopo aver lasciato Milano2 ha pellegrinato in vari luoghi, e i problemi di salute che lo hanno colpito e per i quali lui non ha voluto seguire la medicina tradizionale lo hanno debilitato, fino a salutare tutti noi da lontano in una casa di riposo del Belgio.
Che peccato non aver potuto essergli vicino in questi ultimi anni per aiutarlo come aveva sempre fatto lui.
Una cosa è certa: se oggi continua ad esserci un piccolo tempio e si continua a mantenerlo attivo con grandi sforzi, dobbiamo ringraziare Maurice, che ha voluto fortemente creare un’impronta ebraica, una Comunità, in un quartiere distante da associazioni, scuola e organizzazioni ebraiche, ed allo stesso tempo ha cercato di avvicinare alla conoscenza dell’ebraismo anche chi non lo fosse.
Grazie Maurice, nessuno di noi ti ha mai dimenticato né ti dimenticherà!
Vola in alto come uno Zadik per tutto quanto hai fatto per noi.
Baruch Dayan Haemet.
3 Commenti.
Bellissimo articolo: voglio anch’io ricordare con affetto il caro amico Moshe/Maurice, ed il piccolo tempio che con amore, ahavat Yisrael e direi anche cocciutaggine ha sempre voluto tenere aperto a Milano 2. Mi raccontava che fu il Rebbe di Lubavitch in persona a chiedergli di farlo, il che rende Moshe uno shaliach Chabad “promosso sul campo”. Ci fu un tempo in cui frequentai anch’io quella piccola sinagoga: ricordo la sua gioia ed il suo entusiasmo, ed anche la sfida di capire le tefillot che pronunciava nella sua purissima dizione ashkenazita, un po’ ostica per chi come me conosceva solo quella in uso in Eretz Yisrael. Moshe era anche un grande finanziere e commerciante di metalli preziosi, ma viveva con umiltà ispirandosi a Moshe Rabbenu suo omonimo. Possa rallegrarsi ora della compagnia di tzaddikim e tzidkayyot nel Gan Eden, sicuro di rivedere presto la sua qeillah dopo l’arrivo di Moshiach bimehra u-veyamenu. Baruch Dayan Emet.
Maurice è stato un grande amico. Una fonte di sapere, a volte un po’ “dispotico” ma sempre presente sia nei momenti belli che in quelli difficili. Mi ricordo una festa di Hannucha che aveva organizzato nella piazzetta del Jolly Hotel di Mi2 con tanta gente che ballava davanti al laghetto.
Gli ultimi suoi tempi a Mi2, mi piaceva passare vicino al Centro Civico la sera e trovarlo a studiare.
Venne al mio matrimonio a Cascina Ovi e parlò per un’ora: fu commovente.
Mi mancano le nostre ultime telefonate, quando eri ancora convinto di guarire e tornare a Mi2. E le tue parole di conforto quando ti ho detto di Enrico: forse fu l’ultima volta che ci siamo sentiti.
BDH
Ciao Maurice, è stato un piacere conoscerti e prepararti il caffè con il cioccolato e parlare di Torah con te; ricordiamo con affetto le tue barzellette e il tuo sorriso.