Buon viaggio Nonna Soraya, grazie di averci insegnato che una risata è più liberatoria di un pianto

Necrologi

di David Zebuloni

Non riesco a trovare le parole adatte per salutare la mia nonna. Le cerco, le invoco, le trovo, le formulo, ma poi non riesco a trasferirle su carta. Ogni addio mi sembra così vuoto e banale per una donna così poco banale. La mia nonna odiava i vittimismi, il dolore ostentato, le lacrime sincere e quelle meno sincere. Lei prediligeva l’ironia, il sarcasmo, l’umorismo, il buon cibo e le carte. Non immaginatela docile e sensibile, con i capelli bianchi raccolti in uno chignon e le mani usurate dai ferri da maglia. No no, lei era sempre bellissima, sempre elegante, sempre curata. Con i capelli regali tinti di un castano ramato, le unghie smaltate di un color vino intenso, le inseparabili scarpe con i tacchi alti e i grandi occhiali da sole da diva hollywoodiana. Ecco questa era la mia nonna.

Si chiamava Soraya Namdar Nassimiha, era nata in Persia nel 1935 (nonostante lei preferisse dichiararsi più giovane e cercasse sempre di camuffare il suo anno di nascita), si era trasferita nella sua adorata Israele alla fine degli anni Quaranta, per poi spostarsi definitivamente a Milano nella metà degli anni Sessanta. Ci ha lasciati la scorsa notte, serena, nel letto di casa sua, circondata dai figli e dai nipoti, mano nella mano fino all’ultimo istante. Quei nipoti che lei tanto amava e viziava, che per lei erano sempre troppo magri e denutriti. Quei nipoti che tanto la amavano a loro volta. Che la amano tutt’ora e l’ameranno sempre, alla follia.

La mia nonna era la colonna portante della nostra famiglia. Tutto girava intorno a lei, in quell’armonia perfetta che solo lei sapeva generare, forse inconsciamente, senza troppi sforzi. Non era apprensiva, non era eccessivamente smielata, non era insistente, non era permalosa. Lei aveva il dono innato di far sembrare tutto più semplice e leggero. Riusciva sempre a smorzare i toni solenni con una battuta cinica, a placare gli animi con una barzelletta irriverente. Sapeva far sentire tutti speciali e importanti, ognuno a modo suo. Sapeva godersi la vita appieno, in tutti i suoi odori e in tutti i suoi sapori. Amava viaggiare. In aereo faceva amicizia con tutti: con l’hostess, con la signora brontolona seduta accanto al finestrino, con il responsabile del controllo passaporti. Quando le domandavano se avesse degli oggetti contundenti in valigia, lei rispondeva di sì e poi scoppiava in una risata fragorosa, facendo ridere anche il controllore.

La sua non era un’intelligenza accademica, frutto di anni e anni di studio. No, la sua era un’intelligenza di vita. L’intelligenza rara e straordinaria di chi ha sempre dovuto e saputo cavarsela. E poi c’erano le sue frasi, le sue frasi indimenticabili, che erano diventate per me e per i miei cugini dei motti di vita. Ecco, le sue frasi rimarranno sempre impresse nella mia memoria, come scolpite nella roccia. Ricorderò quando la chiamavamo per ringraziarla del generoso regalo di compleanno e lei rispondeva sempre: “Ma non è niente, con quei soldi puoi comprarci giusto un gelato“. La stessa frase ripetuta per più di vent’anni. O come quando la salutavamo lo Shabbat, prima di tornare a casa, dopo aver pranzato da lei. Noi la ringraziavamo del buon cibo e dell’ospitalità, e lei ci rispondeva sempre: “Grazie a voi, di essere venuti e di essere andati”. Non ricordo nemmeno uno Shabbat che non si sia concluso con questa frase. Ancora oggi, ogni volta che io e miei cugini ci incontriamo, ci congediamo poi dicendo: “Grazie di essere venuti e grazie di essere andati”. Ricordo anche il suo desiderio di partecipare ai matrimoni di tutti i nipoti, dal primo all’ultimo. Così, sempre di Shabbat, lei ci osservava con uno sguardo dolce e severo, puntava il dito verso un prescelto, lo invitava a fare il Kiddush e poi lo benediceva a sua voltaaugurandogli ovviamente di sposarsi al più presto. “Veloce, finché sono viva”, ripeteva divertita.

In questi giorni siamo sommersi di messaggi colmi di amore. Amici e parenti da tutto il mondo ci scrivono per ricordarci che grande persona fosse la nostra Soraya. In particolar modo, tutti ricordano la sua gioia di vivere e la sua ospitalità, ed io non riesco ad esprimere a parole l’effetto risanatore che questi messaggi hanno su di noi, come acqua fresca su un’anima stanca. Mi spiego: talvolta mi domando se la percezione personale che ho di una persona rispecchi davvero la sua essenza più profonda. Ecco, a lungo mi sono domandato se la percezione personale che avevo della mia nonna fosse reale o se fosse solo frutto dell’amore incondizionato che nutro per lei. Questo ricordo comune e collettivo, così preciso e inconfutabile, manifestato da tante persone distanti tra loro, è per me la conferma di quanto sostenuto fino ad ora.

Mia nonna verrà dunque ricordata per ciò che era veramente. Verrà ricordata per la sua ospitalità, ovvero per la sua capacità innata di riunire tutti (nessuno escluso) attorno allo stesso tavolo. Per la sua capacità di accettare, includere, abbracciare chiunque ne provasse il desiderio, aprendo le porte di casa sua e le porte del suo cuore. Mia nonna, tuttavia, verrà soprattutto ricordata per la sua gioia di vivere. Una gioia di vivere quasi contagiosa, che si traduceva poi in attaccamento alla vita, anche nei momenti più duri e difficili. Lei era una portatrice sana di luce e di felicità. Aveva invece un’avversione particolare per il lutto e la tristezza. Ora che ci penso, credo di non averla mai vista piangere. Anche nei momenti di buio nero che più nero non c’è, lei ha sempre saputo riaccendere la luce. Senza alcuno sforzo, talvolta pigiando solamente un bottone, come schiacciando un interruttore.

Oggi vorrei tanto immaginarla ridere da lassù, accanto a mio nonno Moshe. Vorrei immaginarli giocare insieme a carte in paradiso, mentre sgusciano dei pistacchi e si aggiornano su tutto ciò che è accaduto in questi anni di distanza fisica. Vorrei anche ringraziarla, di tutto ciò che è stata e che sarà sempre per noi. Vorrei dirle: “Grazie di essere venuta e grazie di essere andata”, ma non riesco a ringraziarla di essere andata. Il ricordo di lei è ancora troppo vivo in me, troppo presente in questa dimensione terrena. Sento ancora il profumo dolce del suo corpo e l’odore della lacca sui suoi capelli. Sento ancora il suono della sua voce e  il contatto della sua pelle. Tutto ciò che riesco a fare è ringraziarla di “essere venuta” in questo mondo. Di aver regalato una porzione di luce e sano humor ad un’esistenza talvolta troppo seria e gravosa. Ringraziarla di averci insegnato che si può affrontare la vita in modo diverso, con il sorriso e l’ironia. Ringraziarla di aver arricchito il nostro bagaglio di vita con nuove barzellette, di averci fatto ingrassare tutti più di quanto avremmo dovuto, di aver riempito i nostri ricordi d’infanzia di amore, di condivisione, di serenità.

Cara Nonna, fai un buon viaggio. Goditi il volo, fai amicizia con gli altri passeggeri, conquista il cuore del controllore che ti aspetta dall’altra parte con una delle tue battute disarmanti e continua a trasmettere la tua gioia di vivere, anche e soprattutto in quel luogo misterioso ed affascinante chiamato “aldilà”. Perché dovrà pur esserci una vita dopo la vita, e tanto vale viverla con gioia. No? I tuoi nipoti continueranno ad amarti e ricordarti, ad esserti eternamente grati. Sempre e per sempre.

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5 Commenti.

  • Sempre parole toccanti e bellissime David ti voglio bene

  • Sandy Saban
    10 Giugno 2021 21:22

    Caro David mi hai fatta piangere… Che belle parole. BDH

  • Anita Bassali
    10 Giugno 2021 23:12

    Ho sorriso,pianto,riso e ri pianto leggendo con quanto amore e precisione hai descritto una donna da portarsi nel cuore!

  • Roberta Martinoli
    11 Giugno 2021 15:26

    Bravissimo David, l’hai descritta benissimo e con amore. Le mie più sentite condoglianze a te e famiglia, soprattutto un abbraccio forte alla mia cara Ora. Che la terra le sia lieve….

  • משפחת מ. ברכה
    14 Giugno 2021 02:22

    משמים תנוחמו עם שאר אבלי ציון ולא תדעו עוד דאבה
    ברוך דיין האמת
    יהי זכרה ברוך

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