Buon compleanno a Rav Lazar, una grande festa al Centro Noam per i suoi novant’anni. Tanta gioia, ospiti illustri e progetti per il futuro

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di Roberto Zadik
Una serata da ricordare, quella organizzata giovedì 4 luglio dal Tempio persiano, Centro Noam, in occasione del novantesimo compleanno del grande saggio e rabbino Rav Moshe Lazar.
Nel salone affollato della sinagoga di rito persiano una serie di rabbini e personalità ne hanno sottolineato la straordinaria umiltà, dedizione e spirito di sacrificio durante oltre mezzo secolo di incessante attività, del Rabbino Lazar come guida, insegnante e delicato padre e maestro per tanta gente.
Fra i primi interventi della serata condotta da Yossi Carmeli, quello del Rabbino di riferimento del Noam, Rav Yaakov Simantov che ha voluto “esprimere un ringraziamento da parte del Noam a Rav Lazar per la dedizione in decine di anni di sacrificio e di impegno per la nostra comunità”. Nel suo intervento ne ha ricordato la dedizione e il sottile senso dell’ironia sottolineando che “secondo la Mishnà, un uomo a novant’anni non dovrebbe avere più la forza ma questo si può interpretare con il principio che a quell’età invece la forza spirituale aumenti mentre quella fisica diminuisca” e che nel caso di Rav Lazar egli invece abbia conservato entrambe.
Successivamente è stato il turno di una serie di oratori importanti, dal Rabbino Capo Rav Alfonso Arbib, a Rav Michi Nazrolai, dal Rabbino Capo di Batyam per arrivare agli ospiti principali della serata come Rav Moshe e suo figlio Berel Lazar, dal 2000 rabbino capo della Russia e presidente della Federazione delle Comunità ebraiche russe.
Ma chi è stato Rav Lazar nei suoi sessant’anni qui a Milano e quale il suo contributo? A rispondere a questa domanda Rav Nazrolai, che ha ringraziato gli organizzatori della serata, il Bet Chabad e Rav Wilschanski, ha approfondito la personalità e una serie di aneddoti su Rav Lazar. “Ci sono tanti aspetti – ha esordito – di Rav Lazar che si possono raccontare, è un rabbino multi tasking. Prima di arrivare a Milano lui lavorava nell’ufficio del Rebbe di Lubavitch ma non era contento di questo, voleva andare a Milano a fare quello che ha fatto per sessant’anni”. “Egli ha costruito la suola del Merkos, è stato pioniere di tante cose qui, è stato maestro di tanti rabbini ma vorrei trattare del nostro Rav Lazar. Quando arrivò sessantaquattro anni fa, una delle prime cose che ha avuto la genialità di fare è stato il Tempio dei giovani.
“Non era il classico rabbino che diceva cosa fare e cosa era vietato, ma per tanti di noi è stato un padre e un nonno, trasmettendo le parole della Torah non in modo freddo ma uscivano dal suo cuore e non solo dalla sua bocca. Ci ha insegnato l’amore e non la paura, molte volte rispondeva con un sorriso ed era sempre attento a ognuno di noi. Anni fa c’era poco e quanti grazie a lui si avvicinarono alla religione, sfidando i genitori che si opponevano a questo, insegnava con pacatezza e delicatezza mettendo acqua sul nostro fuoco. Diceva che oltre ai quattro libri dello Shulchan Aruch c’era il quinto, quello del buon senso, sapere come comportarci e grazie a lui e alla sua umanità verso di noi” ha sottolineato Nazrolai “era il maestro di dire le cose senza dirle, indirettamente era la sua specialità. È stato un esempio e non ha mai fatto pesare la sua religiosità ma ha acceso una luce dentro di noi”.
Importante anche l’intervento di Yossi Karmeli che  ha ricordato  la forza morale di Rav Lazar  e l’estrema versatilità nell’occuparsi di varie mansioni. Ad esempio la centralità del suo ruolo sia come insegnante alla scuola del Merkos e l’efficienza nell’occuparsi di settori complicati come la Chevrà Kadishà (l’osservanza delle regole per la sepoltura). “Con determinazione egli sfidando la legge italiana secondo la quale era obbligatoria l’autopsia, severamente vietata dall’ebraismo, con coraggio discuteva con i magistrati portandosi dietro avvocati e alla fine vinceva”.
Oltre a questo, ha ricordato il suo stretto legame col tempio Noam, riuscendo ad attraversare ogni Shabbat la città lasciando per ore la propria famiglia “per stare con noi e non lo fermava nessuno in ogni clima, dalla pioggia torrenziale, alla neve al caldo atroce egli arrivava sempre alla stessa ora e il tempo si illuminava”.  Egli – ha concluso Karmeli – è stato l’applicazione del verso dello Shemà Israel “ha amato il Signore col suo corpo e con la sua anima”.
Nell’ultima parte della serata, hanno preso la parola il Rabbino Capo di Milano, Rav Alfonso Arbib, il Rabbino Capo di Batyam, Rav Berel Lazar e suo padre protagonista dell’evento Rav Moshe Lazar.
Rav Alfonso Arbib, citando il Talmud di Gerusalemme ha raccontato la storia del personaggio di Rabbi Yotam che era capo del Sinedrio e mandò a vedere dove fossero i custodi della città. La risposta fu “i custodi non sono i grandi personaggi ma gli studiosi della Torà che gli danno forza. È il caso di Rav Lazar che ha avuto migliaia di studenti e che per tutta la vita è stato un insegnante, mettendo in primo piano l’educazione ebraica in questa comunità, diventandone un custode a tutti gli effetti”.
Berel Lazar ha ricordato i propri inizi a Milano e una serie di aneddoti interessanti, dalla sua Milano, al suo ruolo in Russia, a suo padre del quale ha evidenziato l’umiltà e la sua incessante attività.”Ogni Shabbat andava via dal mattino e non lo vedevamo fino alla sera – ha ricordato – aveva sempre qualcosa da fare, lezioni ogni giorno, controllo dei cedri per Sukkot e servizio di sepolture e quando siamo entrati qui abbiamo provato una grande emozione. Al centro delle sue attività c’erano i giovani, dalla sinagoga per loro al campeggio estivo e voleva fargli capire con amore che sono i più importanti e questo è stato un insegnamento grandissimo ogni giorno. Ogni momento era pronto ad aiutare chiunque”. In merito alla propria esperienza in Russia “era molto difficile, ricevevamo i soldi dalla gente che partiva per Israele, una volta non sono arrivati e le organizzazioni ebraiche non riuscivano a mantenersi. Ho telefonato ai miei genitori e mi hanno detto di venire in Italia e qui al Noam hanno fatto una cena, con tutto il cibo necessario e in una settimana abbiamo raccolto tutto il denaro necessario. La comunità con noi è sempre stata bravissima e siamo riusciti a mantenerci grazie al vostro aiuto. La risposta di mio padre era sempre sì, a qualsiasi richiesta di aiuto” . “Una volta tre israeliani erano a New York e dovevano tornare in Israele, ma l’aereo non è partito. Mio padre ha trovato l’unico appartamento la sera di Kippur al novantesimo piano e per tutto il tempo per darci forza abbiamo raccontato storia e barzellette, per lui nulla è impossibile e fino ad oggi continua a correre e ad essere attivo. Anche a questa età cammina senza bastone e vorrebbe fare sempre di più”. Proseguendo egli ha ricordato la conversazione con suo padre che, in un momento difficile, gli ha chiesto perché volesse lasciare tutto. Citando il fatto che Moshè Rabbenu iniziò la sua missione da anziano e “mio padre è sempre giovane e infatti vuole sempre andare avanti”. Riguardo alla modestia di suo padre ha detto “sono sicuro che tutti questi complimenti non gli interessano, ma è incredibile vedere quanta gente ami mio padre e quanti grazie a lui siano totalmente cambiati grazie al suo amore per loro e alla sua dedizione”. “In questo, compleanno il migliore regalo che possiamo fargli è impegnarsi a crescere. Lui, grazie all’esempio del Rebbe, è venuto qui e ha avuto allievi che sarebbero diventati grandi rabbini, dal Rabbino di Bruxelles a quello di Goteborg”.
Ultimo discorso quello di Rav Lazar che ha ricordato l’importanza di “avvicinare tutti gli ebrei milanesi, quelli che sono lontani e i figli che non vanno a scuola ebraica. Noi siamo responsabili per tutti e quando un figlio ringrazia perché l’abbiamo avvicinato è la cosa più importante. Siamo tutti una famiglia e sono molto grato al Noam per questa serata e per avermi accolto nei primi anni passati qui”.