Pubblichiamo il discorso pronunciato dal co-presidente della Comunità ebraica di Milano Raffaele Besso il 27 gennaio a Milano durante la cerimonia alla Prefettura per il Giorno della Memoria.
Siamo ancora qui riuniti per commemorare nella Giornata della Memoria, lo sterminio del popolo ebraico.
Ma perché ancora oggi? Perché è un dovere nei confronti dei milioni di vittime, assassinate, nel cuore dell’Europa civilizzata, in nome di una ideologia criminale, fortunatamente uscita sconfitta.
Ma siamo sicuri che con la sconfitta del nazifascismo si sia esaurito l’antiebraismo?
Uso questo termine, perché quello che siamo abituati a chiamare antisemitismo altro non è che una delle forme che, nel corso di questi duemila anni, ha assunto l’odio verso gli ebrei.
E oggi si presenta sotto una nuova forma, quella dell’antisionismo, che ha nello Stato di Israele il suo nuovo bersaglio. Oggetto di una campagna di costante demonizzazione, non può che portare acqua al mulino di chi dichiara apertamente la volontà di distruggerlo.
Lo conferma l’associazione sempre più diffusa tra il nazismo e Israele, che testimonia come il negazionismo abbia preso un’altra direzione. Se non si può negare la Shoah, allora si confondono le vittime con i carnefici o addirittura si creano immaginifiche collusioni.
Non sono solo i deliri di qualche sconsiderato sui social network, Nei giorni scorsi si è tenuto al campus Luigi Einaudi di Torino. il “seminario di formazione” “Collusioni tra sionismo e nazifascismo prima e durante la Shoah”. Negata dal rettore l’aula Magna, i convenuti si sono riuniti in un’aula di libero accesso agli studenti.
Penso, in conclusione, che i partecipanti a questo seminario di formazione dovrebbero essere portati al cimitero di Piangipane, dove sono sepolti i volontari sionisti della Brigata Ebraica che si arruolarono volontari all’interno dell’esercito britannico partecipando alle campagne militari che portarono alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Questo è solo un esempio di quanto avviene di questi tempi, che purtroppo non sembra suscitare grandi reazioni.
Partecipare al dolore del popolo ebraico significa contribuire a combattere l’ignoranza e la malafede dietro cui si cela questo odio millenario, che oggi si sta propagando in modo esponenziale, significa uscire dall’indifferenza che è la più potente arma su cui contano gli odiatori.