di David Nassimiha
Presidente del Vaad Noam Milano
Ho aspettato che terminasse Pesach prima di valutare la necessità di rispondere ad alcuni post apparsi su FaceBook, dove si tentava di fare dileggio dei “Persiani” (… una sotto-Comunità di ebrei di origine persiana che alla terza generazione a Milano ancora sentono il bisogno di non mescolarsi, non rappresentano motivo di arricchimento come potrebbe sembrare, ma di divisione, n.d.r.). In prima battuta le avevo considerate alla stregua di battute stereotipe del livello di “italiani pizza mandolino” o “svizzeri cioccolatai”, ma poi pensandoci bene e considerando che non erano uscite da un’osteria, ho ritenuto necessario raccontare molto brevemente, a chi è rimasto ancorato a pregiudizi passati, chi in realtà sono i “Persiani”.
Siamo arrivati a Milano a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 originari di Mashad città situata nel nord ovest dell’Iran, da qui la denominazione NOAM che è semplicemente l’acronimo di “Neemane Adat Mashad” (Fedeli Provenienti da Mashad). A Milano siamo stati accolti dalla Comunità Ebraica alla quale siamo grati per il vitale supporto fornito, che ci ha aiutato ad inserirci nel tessuto sociale della Città. Sin dall’arrivo ci siamo organizzati autonomamente per le funzioni religiose fino ad arrivare al 1986 quando abbiamo inaugurato l’attuale sede NOAM, prima e ad oggi unica, Sinagoga costruita ex novo in Italia negli ultimi 100 anni.
Noi i “Mashadi” (persiani di Mashad) oggi siamo una realtà di oltre 20.000 anime presenti perlopiù a New York, in Israele e in minima parte a Milano. Abbiamo superato le difficoltà dovute al cambio di realtà tra cultura Orientale e Occidentale affermandoci con successo in tanti ambiti, da quello politico a quello della pubblicità da quello musicale al commercio e al professionale (ci manca il campione di calcio, ma ci arriveremo!). Pur non essendo tutti noi osservanti in uguale misura, le nostre Sinagoghe B”H sono sempre affollate, segno di un attaccamento alla tradizione e alla Comunità; oltre il 90% dei nostri giovani (ragazzi e ragazze) sono laureati nelle migliori Università segno di un inserimento nella vita sociale. I valori come rispetto (portare avanti i principi per i quali i nostri genitori e antenati si sono sacrificati) e tradizione, che ci sono stati tramandati, sono ben radicati in ognuno di noi e convivono tranquillamente con la “modernità” a evidente dimostrazione che una sana integrazione non implica l’annullamento della nostra Storia e delle nostre regole, ma anzi può trarre beneficio da esse. Questi valori li trasmettiamo ai nostri figli e siamo certi che loro li trasmetteranno ai posteri, perchè siamo la prova vivente che essere Ebrei e cittadini del mondo al contempo, è fattibile.
Appellativi come “pasdaran” non ci scalfiscono, ma se da una parte ci fanno sorridere dall’altra ci rammaricano per la mancanza di rispetto verso una componente fondamentale della Comunità Ebraica di Milano (basta pensare solo alla scuola), e per la conseguente consapevolezza che la tanto decantata “inclusione” è solo una opzione da considerare soggettivamente e non oggettivamente.
Quando si parla di tributi CEM, faccio presente che è un malcostume molto diffuso e non limitato ai Mashadi; sarebbe pertanto opportuno analizzare ogni caso a se e non generalizzare. Nel parlare di tributi, mi permetterei invece di aggiungere che ritengo molto più triste il fatto che tante persone e famiglie notoriamente benestanti (che D-O li benedica), si limitino a pagare il minimo sindacale e non contribuiscano in maniera adeguata al loro status.
Isaac Bashevis Singer (premio Nobel per la letteratura) nel dipingere l’inadeguatezza dell’esercito polacco durante la prima guerra mondiale, raccontava che i Nobili di fronte ai cannoni nemici si erano bardati come ai tempi dei cosacchi con spade e cavalli. Faccio mia questa citazione per invitare gli amici a mettersi al passo coi tempi e informarsi prima di fare uscite goffe, inadeguate e piene di pregiudizi; per farlo suggerisco di consultare la vasta bibliografia esistente sugli Ebrei di Mashad (acquistabile anche su Amazon) oppure visitare il Museo della Diaspora di Tel Aviv dove la nostra Storia è presente.
Posso affermare con orgoglio che la Storia e la Tradizione Mashadi sono tra le più ammirate nel mondo Ebraico e sono una realtà di cui andare fieri. Una realtà la nostra, che visti i risultati ottenuti e i traguardi raggiunti, andrebbe rispettata e presa di esempio nell’affrontare le insidie e i pericoli, invece di essere bersaglio di irrispettoso e maldestro scherno.
Nel ribadire il mio personale rispetto alle Istituzioni della Comunità, con alcune delle quali ho avuto modo di collaborare e confrontarmi, colgo l’occasione per augurare a tutta la Kehillà Milanese pace e armonia, salute e benessere in questi giorni di festa e per il futuro.
Facebook e i possibili equivoci. Un chiarimento da Marco Krivacek
All’interno di un mio post su Facebook, una frase che parlava degli ebrei persiani li ha offesi e così David Nassimiha, in qualità di presidente del Vaad del Noam ha pensato di scrivere un articolo a riguardo. Sento il dovere nei confronti di chi si è sentito offeso di dare delle spiegazioni.
Ho scritto un post non per offendere i persiani, ma perché mi sentivo amareggiato dalla scelta dei consiglieri della lista Wellcommunity di rassegnare le dimissioni provocando di fatto la caduta del Consiglio. In un passaggio elencavo a titolo d’esempio 3 cose: la presenza di oltre 20 sinagoghe, 3 scuole ebraiche e la presenza di una Comunità persiana nella Comunità principale, che per questo ho chiamato sotto-comunità, dicendo che queste cose non sono tanto un motivo di ricchezza come potrebbe sembrare, quanto piuttosto un segno di divisioni. Il Signor Nassimiha ha estrapolato e commentato solo una parte di quella frase, quella riguardante i persiani. Decontestualizzandola ed eliminando la prima parte, l’ha fatta però apparire diversa da quella che era.
Stessa cosa in un’altra parte del mio post, in cui tra le altre cose parlavo di chi evade le tasse comunitarie. Non parlavo di qualcuno in particolare né tanto meno dei persiani. Fare credere invece a chi non ha letto il mio post che io abbia detto questo, è scorretto.
Approfitto a questo punto per fare chiarezza. Io mi sorprendo e mi rammarico quando percepisco che gli ebrei di origine persiana tendono a non lasciarsi coinvolgere dalla vita comunitaria; il Noam funziona perfettamente e se viene organizzata al suo interno un’attività registra il pieno. Questa è una bella cosa ed io stesso ho avuto modo di prendere parte in quella sede a delle attività. Però sarebbe più bello vedere una più assidua partecipazione delle stesse persone anche ad altre attività al di fuori del Noam.
Marco Krivacek
Foto in alto: David Nassimiha, Presidente del Vaad Noam Milano, e il Presidente CEM Milo Hasbani con l’ex Ambasciatore di Israele in Italia Ofer Sachs durante un evento in suo onore al NOAM