di Redazione
Lo si vedeva arrivare in bicicletta, con il sole o con la pioggia, sorridente e tranquillo; due parole con un collega di lavoro, un’amica delle figlie o un semplice conoscente, e se c’era tempo uno scambio di idee sul momento politico, su progetti passati e futuri. Micky era una persona che trasmetteva il suo voler bene ed era sinceramente interessato alle persone. Coloro che l’hanno conosciuto, anche solo di sfuggita, ricordano la sua gentilezza, ma anche la sua voglia di scherzare e il suo tipico sense of humour. Semplici ma ancora vividi ricordi di Micky Sciama, che ci lasciava un anno fa, il 16 marzo 2020 (20 Adar 5780), nello sbigottimento e nel dolore.
Micky era un “fiero” ebreo egiziano, che visse una felicissima infanzia al Cairo, dove era nato il 17 maggio del 1941. Amava raccontare del tempo passato insieme alla schiera dei numerosissimi cugini, figli delle sette sorelle Sciama: le memorabili estati ad Alessandria e a Ras-el-bar; le gite alle Piramidi con la Citroën del padre (e la paura che l’auto rimanesse in panne in mezzo al deserto!), i pomeriggi passati al “club”, il circolo ebraico dove si praticano gli sport e i genitori si ritrovano a giocare a carte. Ogni tanto si permetteva anche qualche giro sul Nilo in solitaria, con la sua barchetta. Un giorno arrivò anche la sua prima bicicletta, la più bella che si potesse desiderare: una Legnano. Frequentò il movimento scout, per lui una scuola di vita e il Lycée Français. I ricordi della sua vita in Egitto erano tutti pieni di gioia e amava riportarli alla memoria con la sua famiglia e i suoi inseparabili amici egiziani di Milano: un’allegra brigata, che si ritrovava al bar ogni domenica e frequentava, compatta, la stessa sinagoga.
Come tutti gli egiziani della Comunità, alla fine degli anni ’50 lascia l’Egitto, dove l’atmosfera è diventata troppo ostile agli ebrei, per andare in Inghilterra a studiare, con un bel timbro sul passaporto di permesso di uscita senza ritorno. Dopo essersi laureato alla University of London in Ingegneria chimica, nel ’66 arriva a Milano, dove conosce Viviane Dentes, con cui costruisce una famiglia ebraica. Con le figlie Stefania e Dalia, Micky si dimostra un padre presente, sempre aperto al dialogo e capace di trasmettere dolcemente i suoi valori: l’onestà, la famiglia, l’amore per il prossimo. L’educazione ruota intorno ai principi ebraici, alla cultura, all’amore per le piccole e semplici cose della vita. La musica classica e francese, ma anche il jazz e il rock accompagnano con ritmo la vita di tutti i giorni.
Dopo avere conseguito un master in Business Administration alla prestigiosa Insead di Fontainbleau, lavora prima in Ranx Xerox come responsabile del lancio del primo “fax” analogico, ruolo che raccontava con fierezza alle giovani generazioni digitali, poi in Hoechst Italia (1973-1992) e alla cartotecnica Bianchi. Nel 1993, infine, diventa Segretario Generale della Comunità Ebraica di Milano: un incarico che svolge con serietà, con grande attenzione alle persone e con un forte valore ebraico nell’accoglienza di famiglie provenienti da altre comunità, che ancora gli sono riconoscenti con affetto. Chi ha avuto a che fare con lui ricorda la sua capacità di affrontare i problemi con fermezza e, allo stesso tempo, la sua umanità nel rapportarsi e nel valorizzare le persone.
Nel 2011 inizia il suo impegno come volontario al CDEC dove è fra gli ideatori e realizzatori del Progetto Edot, che raccoglie le testimonianze degli ebrei immigrati in Italia da diversi Paesi del Mediterraneo. Adriana Goldstaub, coordinatrice del progetto, racconta come Micky insistesse nel voler fare qualcosa per fissare la memoria degli Egiziani. Insieme a Liliana Picciotto iniziarono così le prime video-interviste; Micky segnalava chi intervistare, organizzava gli incontri e faceva le interviste. Si intervistarono 55 ebrei egiziani, molti dei quali erano suoi amici e con i quali nascevano chiacchierate bellissime. Successivamente il progetto venne esteso anche alle altre etnie e ora la numerosa raccolta conservata al Cdec è a disposizione di chiunque volesse ripercorrere le proprie radici.
Per tanti anni Micky è stato fratello Bnei’Brith e attivo Consigliere della Fondazione Scuola. In tutti questi contesti ha dato la massima dedizione, coniugando la sua esperienza manageriale e la sua avveniristica creatività con la grande umanità che lo ha sempre contraddistinto.
Uno degli ultimi regali che Micky ha fatto alla sua famiglia è stato un albero genealogico e l’aver messo in contatto tra di loro più di 60 familiari sparsi nel mondo, per far sì che la sua famiglia resti unita nelle generazioni.
Dedicate a Micky Sciama la sede
della Fondazione e una raccolta fondi
Micky Sciama ci lasciava giusto un anno fa, e ora la sede della Fondazione Scuola porterà il suo nome. Infatti il Consiglio ha deciso di intitolargli la propria sede per onorare l’impegno e la dedizione che metteva nel prendersi cura della Fondazione con cui aveva un legame molto forte.
“Per anni Micky ha avuto una seconda famiglia, ma noi figlie non ne eravamo certo gelose, perché questa famiglia era la Fondazione Scuola! Anzi, per noi era motivo di orgoglio il suo impegno verso un progetto così importante per la nostra comunità che lui voleva condividere con tutti e in ogni momento.”
Se la scuola era la sua casa, l’ufficio della sede era il suo salotto in cui passava molto tempo per sviluppare progetti, incontrare persone, parlare con i donatori, ma anche imbustare se era necessario! Era il suo modo di lavorare al servizio di progetti che riteneva utili per tutti.
Tutti noi sappiamo quanto fosse fondamentale il suo lavoro e quanto fosse coinvolgente l’entusiasmo che riusciva a trasmettere a tutti coloro che gli erano vicino. Un sentimento comprensibile perché aveva il dono di capire le persone, sceglierle, coinvolgerle. Per Micky ogni persona era importante ed andava ascoltata; con profonda attenzione e rispetto riusciva a far convivere diverse opinioni e a creare armonia.
Condivideva la gioia dei successi con un sorriso che scaldava il cuore, e se qualcosa andava meno bene non si perdeva d’animo: “Ça ira mieux la prochaine fois”, diceva con un po’ di amarezza ma pronto a rimettersi in gioco.
Se la Fondazione era la sua famiglia, la scuola ebraica era la sua seconda casa, un luogo in cui respirare in ogni momento gli insegnamenti ebraici. Per lui i risultati raggiunti dalla scuola erano il punto di partenza per costruire qualcosa di più grande e se possibile di ancora più coinvolgente. Non ci stupisce il racconto dei suoi cari quando ci spiegano che sulla sua scrivania hanno trovato molti quaderni pieni di appunti e idee per progetti rivolti alla scuola da portare avanti con la Fondazione, la sua progettualità era fervente ed instancabile il suo impegno.
Era entrato in Fondazione nel 2009, fu Cobi Benatoff a coinvolgerlo in un programma di rilancio e lui si mise al lavoro da subito diventando consigliere per ben due mandati e poi consigliere onorario. Tra le tante iniziative che ha contribuito a ideare e promuovere c’è la Cena di Gala. In molti ricordano con emozione il suo partecipare all’organizzazione di quello che sarebbe diventato l’appuntamento principale nel calendario degli incontri della Fondazione e la sua dedizione nel seguire ogni dettaglio delle otto edizioni come membro della Commissione eventi: teneva in particolare all’esibizione dei bambini della quale non si perdeva mai le prove finali. E poi, dopo tutti gli sforzi per la buona riuscita della serata, durante il Gala, si assentava se necessario per coordinare gli ultimi dettagli, rinunciando persino ad ascoltare gli ospiti tanto attesi. Restava poi al lavoro fino a notte tarda per non perdersi la fase di chiusura con i consiglieri. Inutile pregarlo di non strapazzarsi troppo, quel momento per lui era una gioia, nessuno poteva fermarlo!
Fece parte per molti anni della Commissione Comunicazione e anche lì la sua energia lasciò il segno: il rilancio dell’immagine con un nuovo logo, sito, materiali, iniziative e progetti grandi e piccoli… Era un visionario e ascoltava con entusiasmo e curiosità proposte e progetti facendo di tutto per realizzare quelli in cui credeva. Essere fuori dal coro non gli faceva mai paura e quando non era d’accordo lo diceva schiettamente, risultando così convincente che era quasi impossibile non condividere le sue proposte. Anche perché si metteva in gioco di persona, se c’era qualcosa da discutere saltava in bicicletta e in pochi minuti era alla tua porta pronto a convincerti.
Uno dei suoi impegni maggiori era riconfermare ogni anno gli sponsor a lui legati, era impossibile dirgli no! La sua tenacia era dovuta anche ad aver ben in mente le esigenze della Fondazione, tra i tanti incarichi infatti era il responsabile degli Affari Generali e quindi conosceva bene cosa serviva al raggiungimento degli obiettivi.
Per onorare la sua memoria la Fondazione e la famiglia avvieranno una raccolta fondi a favore della Scuola che tanto stava a cuore a Micky.
Grazie Micly per l’eperienza e gli insegnamenti che ci hai lasciato. Manchi e mancherai sempre tanto.