Riceviamo e pubblichiamo altre voci dalla Comunità sulla vicenda e la crisi CEM. Andreè Ruth Shammah, Franco Cohen…
di Andreè Ruth Shammah
Stiamo vivendo un momento terribile sia a livello internazionale sia per gli ebrei di Russia e Ucraina che stanno di nuovo scappando, un esodo in massa che ricorda i periodi più bui e tristi della nostra storia. Oggi assistiamo sbigottiti al conflitto più violento del nostro inizio Millennio. È un momento storico complesso, determinante, non a caso il premier israeliano Naftali Bennett si sta adoperando come moderatore in questa folle situazione bellica, Bennett che sta provando a far ragionare i leader politici di Russia e Ucraina, e non è detto che alla fine non riesca a farli dialogare “davvero”, e a scongiurare eventuali esiti ancor più nefasti.
A fronte di una capacità di mediazione così importante e coraggiosa, possibile che noi ebrei di Milano non riusciamo a trovare una strada di mediazione, ad andare d’accordo in un momento così brutale e insieme fragile, a trovare un terreno d’incontro tra noi? Possibile che non si riesca a far rientrare la crisi politica della Comunità ebraica?
Provare ad andare d’accordo è un gesto di coraggio, com’è noto la politica è l’arte del compromesso.
Ecco perché vorrei invitare i politici della nostra Comunità a ragionare, a restare con i piedi per terra, a non farsi trasportare da vecchie ruggini personali o animosità pregresse: questo è un momento in cui tutti noi dovremmo fare quadrato, dimostrare forza e unità. Basta essere sempre quelli che litigano e discutono e si accapigliano. Basta far dire di noi che siamo sempre quelli accecati da se stessi e dalle proprie beghe! Basta esporci in modo sbagliato, porgere il fianco a chi si rallegra della conflittualità interna al mondo ebraico. Far cadere oggi il Consiglio della Comunità? In un momento così delicato? Davvero è quello che vogliamo? C’è una sola parola di senso che ritengo oggi possa valere, sia per il conflitto Ucraino sia per quello di casa nostra, tra i leader politici: tregua! Tregua, ovvero deporre le armi, far tacere le baionette, le bombe, le offese, le parole avvelenate. Sedersi e parlarsi “davvero”, provare a trovare un accordo.
Non si può far cadere un Consiglio per un whatsapp, rischiamo di precipitare nel ridicolo agli occhi di tutti. Per quanto inopportuno e al di là del giudizio di merito sul contenuto del messaggio inviato da Walker Meghnagi (che era comunque un sms privato e personale!), ricordiamoci che l’attuale Presidente Cem è stato eletto democraticamente e che la volontà popolare andrebbe rispettata.
Tregua, dunque: ovvero cessazione delle ostilità, patto tra belligeranti, sospensione dei contrasti in vista di un bene superiore.
Gli ebrei scappano dal mondo slavo, l’antisemitismo è in drammatico aumento, Naftali Bennett e Israele cercano di fare da mediatori e noi qui davvero a litigare come comari? È questo quello che vogliamo?
di Franco Cohen
Seguo da vicino con preoccupazione le attuali vicende “politiche” della nostra Comunità.
È mia ferma convinzione che la stabilità sia un indispensabile viatico per un buon Governo, e le attuali diatribe non muovono sicuramente in questa direzione.
In questi giorni, in seguito a un messaggio personale dell’attuale Presidente, Walker Meghnagi, mi risulta letto a sua insaputa durante la conferenza di Fratelli d’ Italia, ho assistito a un linciaggio mediatico con richiesta di dimissioni del Presidente, senza appello.
Una gogna mediatica per metodi e toni, riportati dai principali quotidiani nazionali e telegiornali, non diffondendo sicuramente una bella immagine della nostra Comunità.
Io conto numerosi amici in entrambe le liste e la mia non vuole essere una presa di posizione di carattere personale, ma questo non mi impedisce di esprimere la mia solidarietà al Presidente di cui ben conosco la storica, costante e costruttiva dedizione in favore della nostra Comunità.