di Redazione
‘Resilienza e coraggio in tempo di guerra’: questo il titolo dell’incontro tenutosi mercoledì 15 novembre a Scuola Ebraica con il professore Fabio Sbattella, docente all’Università Cattolica di Milano, dell’Unità di ricerca in psicologia dell’emergenza. Obiettivo della serata era presentare un progetto – reso possibile da una generosa donazione di una persona che vuole restare anonima – che partirà in Comunità e a Scuola ebraica nei prossimi mesi su come gestire psicologicamente le situazioni critiche e di emergenza.
“Dopo il 7 ottobre questa scuola ha registrato l’esigenza di offrire una proposta specifica particolare in termini di psicologia dell’emergenza – ha spiegato Sbattella -. Gli insegnanti ci hanno detto che c’è una forte preoccupazione fra i ragazzi per i segnali di antisemitismo crescente, così come tristezza e senso di ingiustizia per la richiesta degli adulti di essere prudenti e limitare le attività”.
L’obiettivo del lavoro che partirà quest’anno e durerà fino a giugno 2024 è delineare, tramite il confronto con gli insegnanti e le classi, delle linee guida che possano sostenere l’attività educativa in un contesto di stress aumentato, per fare in modo che nella scuola ci sia un presidio permanente per gestire le emergenze.
“Ci troveremo periodicamente per monitorare la situazione con il team direttivo della scuola, con gli insegnanti e gli educatori di tutti gli ordini, e con i genitori, per poi incontrare direttamente i ragazzi dalla quarta della primaria alla quinta superiore – ha spiegato Sbattella -. Intendiamo realizzare un incontro di gruppo delle classi e rafforzare lo sportello psicologico per ascoltare i ragazzi. Uno degli obiettivi è cercare insieme delle chiavi di lettura e per aiutare dal punto di vista educativo per affrontare sfida che la vita sta ponendo”.
Partendo dall’assunto che essere esposti alla violenza minaccia la nostra salute mentale, si affronterà il concetto di minaccia, rischio e vulnerabilità e si lavorerà su come limitare il dolore e proteggere la salute mentale propria e degli altri.
“C’era già la guerra. Ma il 7 ottobre c’è stato un salto di livello – ha spiegato -. Il mondo si sente sotto attacco perché perturbato da immagini orribili. È una guerra psicologica che passa attraverso le immagini, che ha l’obiettivo di impaurire e deprimere il nemico. Dobbiamo quindi rafforzare la nostra psiche e della nostra comunità. In generale quando c’è un rischio – e nella vita ci sono sempre rischi – si deve lavorare sulla vulnerabilità psicologica, perché se diventiamo forti e resilienti non ci faremo male”.
Per ridurre i rischi esistono varie strategie: una di queste è passare da una logica di sicurezza a una di protezione. “Dobbiamo considerare che esistono dei rischi, prenderci la responsabilità e agire in una logica di protezione reciproca. Come i guerrieri greci andavano in guerra in coppia, così dobbiamo prendere atto dei rischi e con responsabilità pensare a noi e agli altri”
Con i ragazzi verrà dunque fatto un percorso in cui si passerà dalle varie sfumature della paura al coraggio. “In tempo di guerra ci vuole coraggio. Vuole dire avere maturato un atteggiamento interiore sapendo che ci sono rischi e proteggendosi dai rischi. È importante educare i ragazzi alle sfide della vita, assumendosi la quota di rischio che essa implica”.