di Ilaria Myr
«La nostra missione è rafforzare l’apprendimento dell’ebraico nella scuola, attraverso lezioni esclusivamente in lingua. E i risultati sono ad oggi davvero incredibili». Parlano con soddisfazione Ilana e Yehuda York, i due shlihim, insegnanti mandati quest’anno dal Ministero dell’educazione israeliano alla Scuola della Comunità ebraica.
«Il nostro ruolo rientra in un progetto che invia maestri da Israele nei paesi dell’ex Unione Sovietica – spiegano a Bet Magazine – Mosaico -. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, gli insegnanti sono stati mandati in altri Paesi europei e di questi fa parte l’Italia».
Con alle spalle più di trent’anni di insegnamento, sia in Israele che all’estero – in Canada e negli Stati Uniti – Ilana e Yehuda hanno portato nella nostra scuola un insegnamento basato su un uso quotidiano ed esclusivo dell’ebraico (entrambi non parlano italiano), lavorando in stretta collaborazione con i docenti di ruolo: Ilana con Taly, Atarà e Ghiti per la primaria, e Yehuda con la professoressa Sciascia nella secondaria di primo grado.
«Alla scuola primaria parliamo, giochiamo e cantiamo in ebraico – spiega Ilana -, ed è bellissimo vedere con che facilità i bambini imparano e come portino a casa quello che apprendono in classe. Per la conclusione del primo libro di Ariot, ad esempio, nelle prime abbiamo fatto un grande gioco-spettacolo sull’ebraico e l’alfabeto, che riscosso molto successo e divertimento. Quando mi chiedono perché sono venuta in Italia e non rimasta in Israele, dove lavoravo nell’educazione speciale, rispondo che penso che ognuno abbia il suo compito, e il mio è quello di continuare a portare l’ebraico e l’amore per le tradizioni e Israele dove c’è bisogno».
Lo stesso vale anche per suo marito Yehuda, che alle medie cerca di trasmettere ai ragazzi un ebraico utile per la vita di tutti i giorni, attraverso attività di gruppo e giochi coinvolgenti.
«Fin dal nostro arrivo riceviamo molto amore dalla comunità – spiegano con gratitudine – e lavoriamo con tanta collaborazione da parte di tutti. E poi ci piace il rito italiano della tefillà, e il ritmo più tranquillo di vita rispetto a quello israeliano…».
Il programma, però, sulla carta dovrebbe durare un solo anno, ma Yehuda e Ilana hanno già chiesto al Ministero di prolungare per un altro anno, in modo dare continuità al lavoro fatto fino a oggi.
«Troviamo che sia importante dare un’impostazione di insegnamento che lavori a spirale in tutti gli ordini – spiegano -, in modo che quello che è stato imparato alle elementari rimanga e cresca negli anni successivi grazie anche all’interazione fra gli insegnanti nelle diverse classi. Per questo ci piacerebbe rimanere o, nel caso dovessimo rientrare, venisse mandato qualcun altro da Israele. Anche se ci piacerebbe davvero restare e vedere i frutti di quello che abbiamo fatto quest’anno!»