di Roberto Zadik
Chi potrebbe mai immaginare che in mezzo alla mostra del grande Andy Warhol ci sia una zona dedicata ai dieci importanti personaggi ebrei del Novecento?
Ebbene i ritratti di alcuni fra i “Ten portraits of Jews of the Twentieth century” (Dieci ritratti di ebrei del Ventesimo secolo) sono tra i principali contenuti e argomenti alla base dell’interessante esposizione “Andy Warhol stardust” in corso al Museo del Novecento fino all’8 settembre.
Assieme ai celebri dipinti ispirati a grandi icone del secolo, come miti della musica e del cinema anni Sessanta, da Marylin Monroe a Elvis Presley immortalati dall’eclettico e eccentrico Andy Warhol (morto a soli 59 anni nel 1987), ci sono i volti di alcuni celebri intellettuali e scienziati di religione ebraica.
Alcuni nomi? Lo scrittore Franz Kafka col suo volto scavato e i grandi occhi timorosi, autore di capolavori come “Il processo” (bellissima la versione diretta da Orson Welles con Anthony Perkins), il padre della psicanalisi Sigmund Freud, rappresentato col suo sguardo sornione e indagatore e la lunga barba bianca, il sognatore e geniale Albert Einstein, scienziato, pensatore e “cittadino del mondo”. Ma non sono solo questi i nomi presenti nella mostra. Fra le opere anche politici influenti come Golda Meir, donna determinata e pragmatica dall’espressione austera, decisiva per la nascita d’Israele e primo ministro dello Stato ebraico; il compositore George Gerschwin, coi suoi capelli portati all’indietro; la scrittrice americana Gertrude Stein e l’attrice Sarah Bernhardt; il primo giudice ebreo della corte suprema di giustizia, Louis Brandeis; il pensatore e filosofo Martin Buber, una delle figure portanti del pensiero ebraico contemporaneo. Senza dimenticare Groucho Marx, uno dei comici più famosi di tutti i tempi divenuto celebre negli anni Venti assieme ai suoi fratelli, Chico, Zeppo e Harpo.
Insomma un caleidoscopio di volti, nomi e espressioni che prova quanto Warhol (di origini cecoslovacche; vero nome era Warola) fosse affascinato dal mondo ebraico e dai suoi talenti, tanto che uno dei suoi più cari amici, legato a lui anche da una relazione decisamente ambigua, fu il cantautore ebreo newyorchese Lou Reed.
A metà degli anni Sessanta, Warhol, artista e uomo d’affari, e Reed, assieme alla cantante tedesca Nico Paffgen Otzak, formarono la celebre e cupa band dei “Velvet Underground”, uno dei gruppi più importanti di quelli anni, che incisero canzoni splendide come “Sunday Morning”, “Heroin” e “Venus in furs”. Poi Reed e Warhol si divisero artisticamente restando sempre molto legati, la canzone “Vicious” di Lou Reed del 1972 parlava di lui, fino alla morte di Warhol.