di Michael Soncin
“Nonostante le fughe continue in quei primi anni Quaranta, non cessa di dipingere, perché la pittura ancor prima della scrittura è un modo per sentirsi vivo; ma la tragedia della guerra appare come rimossa dai suoi quadri, sublimata nella desolazione di quelle nature morte riprese dalle spiagge livide del nord, disseminate di animali scuoiati, di conchiglie vuote senza luce, contro l’orizzonte nascosto allo sguardo”. Questo era il modo di far fronte alla vita di Carlo Levi, così descritto nel saggio di Daniela Fonti, nel volume “Levi e Ragghianti – Un’amicizia fra pittura, politica e letteratura”, oggetto di una mostra a Lucca aperta al pubblico il 17 dicembre scorso e visibile fino al 20 marzo. L’esposizione cade in occasione dell’anniversario dei quarant’anni della Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, che venne inaugurata il 27 settembre del 1981.
Medico, ma anche uomo politico, scrittore, pittore. Tanti erano gli specchi su cui si rifletteva la personalità di Carlo Levi (1902-1975), punti di contatto che hanno incontrato quelli dello storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti (1910-1987), altra grande personalità. Gli interessi e le battaglie culturali e politiche, come la lotta nella Resistenza nelle file del Partito d’Azione: basi che getteranno le fondamenta di un’amicizia lunga quattro decenni, testimoniata in un’esposizione di quasi cento quadri di Carlo Levi, oltre a documenti, lettere, fotografie e filmati.
Gli esordi: pennellate contro le chiusure del regime
La parte iniziale è costituita da quindici opere realizzate tra il 1926 e il 1934, riguardanti i temi della quotidianità. Si tratta di dipinti appartenenti all’esordio di Carlo Levi, caratterizzato da uno spirito europeo, multiculturale, da un atteggiamento di apertura, in risposta alle chiusure del regime. Nel ciclo creativo di questa produzione, attraverso Piero Gobetti conoscerà Felice Casorati, il pittore che formò numerosi artisti, come ad esempio Paola Levi-Montalcini.
Vi ritroviamo paesaggi: Torino, Parigi, Alassio, “come paesaggi dell’anima”, scrive Francesco Tetro. “La realtà dei luoghi cari all’artista è resa ancora in modo atemporale, come nel caso di Paesaggio di Alassio (1934), ma con pennellata corposa non ancora frammentata”. Vi sono poi gli affetti famigliari, come la madre Annetta Treves, in La madre e la sorella (1926), che trasmise al figlio l’interesse per la poesia e la letteratura. Ed infine i ritratti degli amici come quello di Leone Ginzburg (1933) o di Nello Rosselli (1929).
Gli anni della clandestinità: la guerra e il rifugio a Firenze
Si prosegue poi nella sezione successiva, ove l’opposizione al fascismo diviene più acuta, un ‘attivismo’ che sfocia anche in ambito artistico, volto a manifestare la libertà intellettuale. Sono gli anni del programma di Giustizia e Libertà redatto con Leone Ginzburg, dell’arresto e poi della condanna al confino, fino alla clemenza. Vengono poi le Leggi razziali e così nel 1939 decide di trovare riparo in Francia, ritornando poi nel 1941 a Firenze, dove si nasconderà nelle abitazioni dei vari amici, tra cui Eugenio Montale, realizzando un ritratto dell’amico poeta nel 1941. Da menzionare è l’Autoritratto del 1945, che se posto a confronto con Autoritratto con camicia aperta del 1937, si nota – in quello del ’45 – l’angoscia, il tormento e la tensione degli anni della guerra. In lui “si fa strada l’idea fondativa della pittura come luogo di autonomia critica, di impegno etico e di superamento delle cause della marginalità dell’arte italiana. Ecco che allora la riflessione sulla pittura dei fauves, di Soutine e di Modigliani verrà letta anche come incitamento alla ribellione contra la retorica del tempo e la cultura ufficiale italiana…opere tutte contrassegnate da una larga e densa pennellata” riporta Tetro.
In seguito all’arresto nel marzo del 1934 e il rilascio in maggio, dovuto ai suoi collegamenti con Giustizia e Libertà, subirà un’ammonizione della durata di due anni. Nello stesso anno avrebbe dovuto partecipare alla Biennale di Venezia, dove esponeva con regolarità dal 1924, ma tale invito è stato annullato in seguito all’arresto. A nulla è servita una lettera alla Biennale a titolo solidale, da parte di artisti del calibro di Léger, Chagall e Derain.
Sempre del periodo della guerra sono presenti una serie di disegni provenienti dalle collezioni dell’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux di Firenze, ricordiamo: i bozzetti del logo per la casa editrice Nova Italia, realizzati nel 1945, ispirati allo stile di Hieronymus Bosch, testimonianza del lavoro di grafico in ambito pubblicitario; il bozzetto per l’emblema del Partito d’azione e il progetto di bandiera, entrambi del 1944, prova del suo impegno politico; il ritratto di Carlo Ludovico Ragghianti e di Carlo Emilio Gadda.
L’esperienza del confino, ispirazione per il suo più celebre romanzo
Il 15 maggio 1935 per la sua attività antifascista verrà arrestato per la seconda volta e condannato al confino in Lucania, a Grassano e poi ad Aliano. Dall’esperienza in Lucania, determinante per il suo operato sia di pittore, sia di scrittore, nascerà il romanzo Cristo si è fermato a Eboli, scritto a Firenze tra il 1943 e il 1944 e pubblicato da Einaudi nel 1945. Tradotto in numerose lingue, sono esposte in una teca l’edizione in ebraico, russo, greco, ed altre ancora.
Nel 1974, molti anni dopo, Levi realizzerà una serie di litografie, esposte in mostra, illustranti il romanzo. Infatti, nel medesimo anno, uscirà un’edizione, con un testo di presentazione di Italo Calvino, contenenti le 7 litografie.
Booz, pittura di esplicito riferimento al mondo ebraico, rarità nella sua produzione
Ma oltre alle nefande esperienze delle leggi antisemite, dipinte e scritte con maestria, ai paesaggi, alle nature morte, ai ritratti ed autoritratti, che dire invece della presenza dei riferimenti ebraici nei dipinti di Levi? “Temi ebraici o legati alla storia del popolo di Israele non sono così frequenti nella produzione di Carlo Levi come forse ci si sarebbe potuti attendere. Uno di questi è rappresentato dal dipinto Booz del 1950, in cui i protagonisti sono lo stesso Booz, il personaggio maschile e a Ruth, non ebrea, rimasta vedova che sceglie però di appartenere al popolo ebraico tramite l’unione, con il matrimonio del personaggio, l’ebreo Booz. Storia simbolica, Carlo Levi, attraverso l’unione tra il maschile è il femminile tra queste due figure, la donna quasi rubensiana nelle sue forme, ci sta a raccontare anche qualcosa che va al di là dei due stessi personaggi per rappresentare appunto un’idea di dialogo, di apertura e di integrazione”, ha spiegato Paolo Bolpagni.
Carlo Levi e il cinema: una della novità di questa mostra
Carlo Levi nella sua poliedricità, si è sempre definito in primis un pittore, ma proprio per i suoi tanti talenti, non perse l’occasione quando fu ora di esprimersi nel cinema. Ricordiamo l’esperienza come scenografo nel film Patatrac (1931), una delle prime pellicole con sonoro, o con Pietro Micca (1937) che ne disegna i costumi.
“Sarà con il film Il grido della terra (1949) – riporta Tetro – sulla fuga dei profughi ebrei verso Israele che si definisce il contributo offerto dall’artista-scrittore al cinema a soggetto. Lo scrittore partecipa emotivamente alla trama del film che narra ‘in diretta’ la drammatica costruzione dello Stato di Israele, focalizzando l’attenzione alla ‘storia’ nel suo farsi, attraverso la vicenda di un gruppo di ebrei liberati dagli Alleati dai campi di concentramento tedeschi, giunto in Puglia per un imbarco clandestino verso le coste della Palestina, dove troverà guerriglia, attentati, repressione”.
Il film diretto da Duilio Coletti ha visto la partecipazione alla scenografia di Emanuele Luzzati.
Presenti, inoltre, diversi ritratti degli anni ’50, richiesti esplicitamente a Carlo Levi, come quello di Anna Magnani e Silvana Mangano.
A testimonianza del fortissimo legame tra Levi e Ragghianti, nella mostra è presente una selezione di opere che i due scelsero assieme in varie occasioni per le diverse esposizioni, il visitatore potrà così vedere un Carlo Levi attraverso una prospettiva privilegiata: “attraverso gli occhi e le scelte di Ragghianti”.
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Catalogo: A cura di Paolo Bolpagni, Daniela Fonti, Antonella Lavorgna – Levi e Ragghianti. Un’amicizia fra pittura, politica e letteratura, 216 pp., con illustrazioni e foto a colori, Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte Lucca, 25,00 euro.
Levi e Ragghianti. Un’amicizia fra pittura, politica e letteratura
17 dicembre 2021 – 20 marzo 2022
anteprima per la stampa e inaugurazione: 16 dicembre 2021
Fondazione Ragghianti, via San Micheletto 3, Lucca
apertura dal martedì alla domenica, ore 10-13, 14:30-18:30
biglietto intero 5 euro, ridotto 3 euro
mostra realizzata e prodotta dalla Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca in collaborazione con la Fondazione Carlo Levi di Roma
con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
sponsor: Banco BPM
partner tecnico: Unicoop Firenze