di Roberto Zadik
Come avvenne in tutta l’Europa e soprattutto nella parte centro-orientale, dalla Germania alla Russia, la Shoah non uccise solo milioni di ebrei, ma cancellò per sempre secoli di storia, cultura, identità locale. Attraverso la letteratura, fortunatamente, scrittori come Isaac Singer, Joseph Roth, Shalom Aleichem o Shmuel Yosef Agnon hanno conservato attraverso le loro pagine preziose testimonianze di cosa significasse essere di religione ebraica e di cultura askenazita e mitteleuropea fra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento e di quanto fosse spesso complesso vivere la propria identità nel clima di opprimente antisemitismo dei loro Paesi di nascita. Singer in particolare documentò la storia la vita degli ebrei polacchi e dei famosi shtetl e ora ci pensa una mostra di pittura a restituirci emozioni, sensazioni e situazioni della Polonia dei villaggi ebraici, gli stessi che furono descritti nel bellissimo film “Il violinista sul tetto” e in cui nacquero grandi rabbini, uomini di pensiero e la cosiddetta musica klezmer.
Qual’era la quotidianità ebraica a quei tempi? Cosa succedeva nei matrimoni, nei brit milà e nelle grandi feste di Purim, Kippur o Pesach? Questi e altri argomenti sono i soggetti dei quadri del bravissimo pittore ebreo polacco Chaim Goldberg che sono esposti in questi giorni presso il nuovo museo di Cracovia “Io ricordo” a lui dedicato, situato nella strada Miodowa, cuore pulsante della vita ebraica di un tempo.
La Polonia dopo anni di oblio ricorda il suo mondo ebraico. Goldberg con la sua arte è noto come uno dei principali custodi del passato degli shtetl, luoghi raffigurati già magistralmente dal geniale Marc Chagall, anche se erano villaggi dell’ex Unione Sovietica con storie e vicende diverse. A dare la notizia dell’esposizione il sito Ynet, che sottolinea l’importanza di Goldberg, nato nel 1917 nello shtetl polacco di Kazimierz Dolny scappò dai nazisti per poi tornare nel suo Paese negli anni Cinquanta e emigrare in Israele prima e poi negli Stati Uniti, analogamente a quanto fece Singer, e morire a 87 anni nel 2004. Artista intenso e particolareggiato, all’interno del museo di Cracovia sono custodite oltre 250 sue tele in cui con occhio vigile e talento quasi fotografico ha riprodotto la vita e la quotidianità di villaggi e centri ebraici ormai definitivamente scomparsi.
Sempre Ynet rivela che suo figlio Shalom ha esaudito l’ultima richiesta di suo padre che ha voluto donare questi quadri alla Polonia. E così visitando il museo il pubblico può rivivere le atmosfere gioiose di Purim, dei matrimoni ebraici con balli e canti, la solennità dello Shabbat e di Yom Kippur con le donne che accendono le candele e la gente che prima delle ricorrenze affollava i mercati locali, per comprare da mangiare. Un viaggio nel tempo alla scoperta del passato e dell’identità ebraica, unico nel suo genere per rilevanza storica, artistica, religiosa e umana.