Saltiamo con Halsman: una mostra a Palazzo Reale fino al 9 luglio

Arte

di Cesare Badini
Philippe Halsman e Salvador Dalì furono amici per molti anni. “Dalì Atomicus”, la serie di lanci di gatti, lascia sempre stupito lo spettatore e magari fa giustamente inorridire gli animalisti. Tuttavia queste elucubrazioni mentali pongono Halsman (Riga, Lettonia 1906-New York, 1979) in una dimensione surreale quanto lo era il paranoico Salvador Dalì. Per lui, abilissimo nella rielaborazione fotografica in camera oscura, il “medium non è il messaggio”. La realtà è come la percepiamo mentalmente e Halsman riesce così a superare il dilemma ebraico sull’arte figurativa. Risolto, come ben sappiamo, dalla fantasia di Chagall e dalla legge del caso dadaista di Man Ray, per un fotografo ebreo si delinea in immagini inconsuete e improbabili della realtà quotidiana, perchè tramite un “witz” sono collocate in una dimensione astraente.

La bella esposizione Philippe Halsman – Lampo di genio in corso a Palazzo Reale di Milano fino al 9 luglio, già presentata al Museo di Roma in Trastevere, mostra la capacità introspettiva di Halsman, fotografo fin da giovane coinvolto in vicende tuttora misteriose nel Tirolo austriaco, dove venne accusato e condannato per parricidio nel 1928. Accusa rivolta da protonazisti e contro la quale si mossero grandi personalità come Einstein, Freud e Mann che alla fine ne ottennero la liberazione.

Dopo l’involontaria esperienza carceraria, Halsman si rifugia a Parigi dove incontra il movimento artistico che maggiormente ha influenzato la sua arte fotografica: il Surrealismo. Ne assorbe in particolare quella provocazione capace di decontestualizzare la realtà in una dimensione onirica da sogno ad occhi aperti. A Parigi tuttavia deve aver respirato il clima fotografico realizzato da fotografi di origine ebraica, e ungherese, come Robert Capa  e il suo assistente Chiki, Imre Weisz Schwarz (Budapest, 1911 Città del Messico, 2007) e la fotografa anarchica Kati Horna (Szilasbalhás, oggi Mezőszilas in Ungheria, 1912- Città del Messico 2000). E’ quantomeno curioso che Chiki, un fotografo noto soprattutto come assistente di Capa, abbia conosciuto e sposato Leonor  Carrington, artista esponente del surrealismo al femminile, proprio nello studio di Kati Horna.

L’occupazione nazista di Parigi lo spingerà a rifugiarsi in America, nel paese delle infinite possibilità, con l’aiuto di Albert Einstein. Qui vivrà la sua fortuna artistica con la trionfale sequenza di più di cento copertine della celebre rivista Life.

I ritratti di Halsman, con personaggi ripresi mentre saltano nel laboratorio fotografico, sono una sceneggiatura originale che supera la staticità della fotografia ma senza il movimento del cinema, che stupisce e trascina emotivamente in una dimensione surreale. Facciamoci un salto in questa bella esposizione che raccoglie 100 scatti provenienti dall’archivio Halsman di New York.